martedì 2 dicembre 2014

Una Chiesa Missionaria

La Esortazione apostolica «Evangelii Gaudium» (La gioia del Vangelo) di papa Francesco, che delinea una chiesa missionaria e ridà la centralità all’annuncio evangelico come dimensione fondamentale dell’esistenza della Chiesa, ha di fatto aperto una riflessione sul ruolo della Chiesa nella società. Si pone il problema di come portare l’annuncio in una società secolarizzata e profondamente cambiata nel volgere di pochi decenni, non semplicemente per conservare la Chiesa in questa realtà mutata, ma per evangelizzare la società e a rendere la Chiesa capace di questo compito. È un cambio di marcia notevole. Nell’arco di tre secoli la modernità ha radicalmente modificato una società gerarchicamente ben strutturata e interamente cristianizzata nella quale la Chiesa aveva un ruolo rilevante, esercitando anche un certo potere.

La Chiesa di conseguenza si è arroccata in una difesa ad oltranza contro la modernità senza porsi il problema di come annunciare il Vangelo in un contesto mutato, ma anzi opponendosi al cambiamento. Ora si prende atto che la società è composta da varie istanze non più gerarchicamente ordinate, che spesso anzi rivendicano la propria autonomia totale (vedi la cultura, la scienza, la finanza) dove la libertà personale è diventata un valore assoluto e la dimensione religiosa non è più centrale. Queste trasformazioni sono state spesso positive (vedi il valore acquisito dalla democrazia e le conquiste della scienza), altre volte negative. Ora si riconosce che la modernità è un fatto irreversibile e con essa occorre misurarsi. Ne consegue che in questa società non si nasce più cristiani, ma si decide, eventualmente, di diventare cristiani. Di qui l’esigenza di andare in missione in terre un tempo cristianizzate come la nostra. La missione tuttavia non è propaganda cristiana. Occorre ritornare ai fondamentali teologici della missione. L’annuncio del Vangelo a tutti gli uomini nasce dalla fede che Gesù è risorto dai morti e la sua morte (con ciò che implica come modello di amore gratuito e totale) e resurrezione è per tutta l’umanità e per questo la sua signoria, quando è accettata, realizza pienamente la libertà, la giustizia, la solidarietà e la fratellanza, cioè è totalmente umanizzante. Questa è la ragione per cui la Chiesa deve annunciare il Vangelo a tutti (Mt. 28,19-20). In questo senso la chiesa è naturalmente missionaria, senza pretendere con ciò che tutto il mondo diventi cristiano. Suo compito è porsi come segno di salvezza e strumento dell’amore di Dio verso tutti.

La missione consiste nel trasmettere al mondo la vita divina e perciò è un compito naturale per la Chiesa. Se non è missionaria la Chiesa nega se stessa. Si tratta poi di capire come concretamente realizzare la missione. Qui risulta evidente il ruolo dei laici. Non è pensabile che sia una compito del clero soltanto. La Chiesa è naturalmente in missione con i laici che vivono la loro normale dimensione sociale in famiglia, nei rapporti sociali, nei luoghi di lavoro, nelle equipe scientifiche, in politica, ecc. Ciascuno di essi è parte del popolo di Dio ed è cristiano sempre nel mondo lavoro, nel rapporto con gli altri, per come risolve i problemi. Per come testimonia il suo essere cristiano. La trasmissione della fede passa in gran parte dai comportamenti coerenti di ciascuno. Ciascuno responsabilizzato a portare le ragioni del suo credere e la novità del Vangelo. E sono tutti luoghi non abitualmente abitati dal clero, o almeno dai preti. Per questo occorre porre particolare attenzione alla formazione dei laici affinché siano sempre più capaci di annuncio cristiano e, addirittura, di rappresentanza della Chiesa là dove si realizza la loro vita. Ma anche la vita ecclesiale, là dove i cristiani si radunano per celebrare liturgicamente, per pregare o per confrontarsi, deve in qualche modo essere permeata dalle loro diverse esperienze. Al clero poi spetterà il compito di radicare la comunità cristiana nella testimonianza apostolica. Tuttavia in una società molto articolata, addirittura parcellizzata e disincantata la capacità di argomentare è fondamentale. Per questa ragione la «formazione» diventa un passaggio obbligato per tutti. Nella nostra Unità pastorale sta per partire l’esperienza dei «Gruppi di Vangelo nelle case» dove soprattutto i laici saranno chiamati, dopo un’adeguata formazione, ad esserne i protagonisti.

Per le persone e le famiglie che vorranno ascoltare, o ospitare i Gruppi nella propria casa, siano essi credenti che vogliono approfondire la loro fede, oppure non credenti curiosi di capire la proposta cristiana, sarà un’opportunità di conoscere i cristiani non per come sono descritti dai giornali e da un certo pregiudizio, ma per come si fanno ispirare dalla Parola di Cristo nella vita di ogni giorno. diacono Roberto PORRATI

lunedì 1 dicembre 2014

DICIAMO NO AL BULLISMO

Dalle associazioni alle scuole, passando per l’amministrazione comunale e le famiglie, si alza un deciso «no» a bullismo giovanile. Lo dimostrano la sensibilità concretizzatasi in partecipazione e interesse dimostrato in occasione delle iniziative sul tema, tanto che le scuole medie si sono appena aggiudicate un bando del Ministero dell’Istruzione finalizzato proprio alla prevenzione del bullismo e il Comune, in collaborazione con le associazioni, sta avviando un Centro Giovani. Per «bullismo» s’intendono tutte le «azioni di sistematica prevaricazione e sopruso messe in atto da parte di un bambino o adolescente, definito ‘bullo’ o da parte di un gruppo definito tale, nei confronti di un suo pari, percepito come più debole, la vittima ».

Anche se San Mauro – agli occhi di molti – è un’isola felice, non bisogna abbassare la guardia né sottovalutare i campanelli d’allarme, anche alla luce degli episodi che si registrano periodicamente, piccoli o grandi che siano, e di quelli celati nella «rete» e nei cellulari dei nostri giovani. «Tutti coloro che, a vario titolo, sono impegnati a diretto contatto con il mondo giovanile hanno il dovere morale e civile di affrontare il problema - spiega l’assessore Marino Reymondet che di mestiere fa l’insegnante - Spesso esso è nascosto molto bene nelle varie realtà e nelle persone, è un dato assodato che le cosidette ‘isole felici’ nascondono meglio di altre forme di arroganza e sopraffazione. Nel mio caso, chi si occupa delle politiche giovanili, deve concorrere a creare condizioni di partecipazione attiva sul territorio ‘fomentando’ la voglia ad essere protagonisti ed elementi attivi sul territorio. A breve apriremo il Centro Giovani che fa parte di un progetto locale ormai avviato. È un tentativo di offrire uno spazio e una opportunità a favore dei giovani di proporre attività, dialogo, informazioni, aiutandoli a sentirsi cittadini attivi e propositivi. Il giovane ‘bullo’ spesso è passivo, vinto e giocoforza violento ma nessuno nasce così, se non trova intorno a sé indifferenza può cambiare e scoprirsi invece attivo, vincitore e cittadino corretto e, perché no, felice». «Come giovani lavoratori e studenti impegnati nell’associazione Gioc, siamo chiamati alla sfida quotidiana di educare, formare ed evangelizzare i ragazzi dei nostri territori, camminando al loro fianco in questo percorso - spiega Francesca Porrovecchio della Gioventù Operaia Cristiana (Gioc), della quale don Ilario Corazza è stato appena nominato assistente a livello torinese - Grazie al confronto reciproco all’interno del gruppo, come luogo educativo e di crescita per eccellenza, i giovani possono riscoprire la loro identità, raccontare il proprio stato d’animo e le problematiche che vivono in famiglia, con gli amici, a scuola, diventando così protagonisti impegnati e consapevoli dei loro ambienti di vita.


La prima vera arma per combattere il bullismo è ‘parlarne, parlarne, parlarne’, e l’esperienza di gruppo per i nostri ragazzi, da questo punto di vista, diventa così il luogo privilegiato per iniziare a farlo davvero». San Mauro sembra aver recepito in pieno queste indicazioni. In questi giorni la scuola media statale «Carlo Alberto Dalla Chiesa», ha vinto un concorso bandito dal Miur (Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca) su questo tema e partecipato attivamente al tavolo avviato ufficialmente lo scorso 25 ottobre dall’associazione culturale AltreArti nella serata dal titolo «Il Bullismo non è rock». In quell’occasione, tra un brano musicale e l’altro, il pubblico si è trovato immerso in un dibattito vivo, affrontando il tema dell’educazione dei figli, della necessità di fare rete e prevenzione con scuola, istituzioni e loro: i giovani. Non ci è voluto molto a sciogliere la vergogna condensandola in gocce di speranza e in azione. Ci è riuscito Flavio Rubatto, educatore e musicoterapeuta di AltreArti che ha intrattenuto il pubblico, rimasto a bocca aperta e in silenzio profondo (bambini compresi) per oltre mezzora, con alcuni «giochi» improntati sull’osservazione dei movimenti del corpo basata sulla programmazione neuro linguistica (pnl) e sul lavoro d’insieme, con il canto di gruppo (tecnica dell’ancoraggio). Una breve dimostrazione di una parte del cosiddetto «metodo AltreArti»: imparare - la musica, ad esempio - sperimentando e giocando con le infinite potenzialità comunicative che il corpo e la mente umana offrono. Abbiamo incontrato la professoressa Luisa Dal Paos - dirigente scolastica delle scuole medie sanmauresi che insieme alla collega Patrizia Pramaggiore, dirigente scuole elementari, ha partecipato alla tavola rotonda - al fine di comprendere da vicino questo fenomeno e come la scuola italiana intende porre fine allo stesso. Secondo la dirigente, è importante lavorare in rete partendo dal nucleo familiare. «La famiglia - spiega Dal Paos - deve far comprendere all’adolescente i rispettivi ruoli che sono diversi».

La famiglia del «bullo», chiamata in causa, spesso si sente in dovere di difendere il proprio figlio sminuendo l’atto o negandolo del tutto, questo porta a screditare le azioni preventive o educative che la scuola intende prendere. «La famiglia si sente chiamata in causa più di quanto dovrebbe e dovrebbe comprendere che essi e il bambino non sono allo stesso piano» prosegue la preside sanmaurese che sottolinea anche il «timore di chiedere aiuto, anche per paura che il bambino venga allontanato dalla famiglia». Sul cyberbullismo Dal Paos aggiunge che «i ragazzi vanno educati all’utilizzo degli strumenti offerti da Internet» e per questo la scuola media sanmaurese ha aderito a un ciclo di serate organizzate da «La Piazza dei Mestieri» con corsi di formazione per insegnanti, conferenze e laboratori per ragazzi e conferenze aperte alle famiglie. La passione della docente per il suo lavoro è racchiusa in questa frase che ci rilascia, a fine intervista: «Ho insegnato per 32 anni informatica, l’altro giorno sono stata venti minuti in classe per sostituire una collega. Venti minuti in classe ed ero felice».
Emanuele FRANZOSO Chiara MUNNO ha collaborato MATTEO DE DONÀ