lunedì 6 dicembre 2010

riceviamo e pubblichiamo

Dopo l’inaugurazione del complesso di Betlemme del Sacro Monte di Varallo ad ottobre, l’ente regionale che cura la conservazione del complesso propone tre appuntamenti natalizi. Al centro vi è ancora Betlemme, con le sue quattro cappelle restaurate, grazie alla Compagnia di San Paolo e alla Regione Piemonte.

Varallo custodisce l’esatta copia della basilica inferiore della Natività di Betlemme in Terra Santa, che ingloba la grotta in cui nacque Gesù; identico il vano spaziale, la grotta con l’altare, lo spazio contiguo, le due scalette laterali, la porta strombata in marmo superiore. Ma c’è di più. Lo spazio è riempito dalle immagini di Gaudenzio Ferrari, statue in terracotta a grandezza naturale e pitture che raccontano la Nascita, l’Adorazione dei Pastori, l’Arrivo dei Magi e la Circoncisione. Un grande presepe voluto dai francescani all’inizio del ‘500.

Il tema natalizio, tra arte e fede, è al centro delle riflessioni proposte dalla Riserva. Si va dal Natale biblico, nella Betlemme storica e in quella di oggi, alla raffigurazione artistica del Natale al Sacro Monte, alla riflessione sull’attualità del messaggio della Nascita, per chi crede e chi non crede.

Previste anche due visite guidate artistico-religiose.

Venerdì 17 dicembre

Nella Basilica del Sacro Monte, alle 21, l’appuntamento di esordio è musicale, con il concerto per l’Avvento dell’ Ensemble Carlo Coccia di Novara (brani di Haendel, W.A.Mozart, G.B.Pergolesi), grazie al supporto della Regione. Alla Basilica è garantito l’arrivo in funivia da Varallo, anche in caso di neve.

Sabato 18 dicembre

Al Sacro Monte, presso la Casina d’Adda, alle 10.15 il frate francescano Giorgio Vigna, biblista, commissario di Terra Santa, parlerà di «Betlemme, luogo di nascita e di accoglienza (sempre a rischio) di Gesù», raccontando la vicenda storica e biblica, ma anche la Betlemme di oggi, territorio critico negli equilibri medio-orientali, e parlando del senso della presenza francescana in quei luoghi.

Il suo intervento si svolgerà in dialogo con Don Ermis Segatti, referente per la cultura e l’università nell’arcidiocesi di Torino.

Alle 11.15, Chiara Frugoni, medievista, studiosa di iconografia ed esperta della cultura francescana e della sua raffigurazione in immagini, parlerà del «Natale secondo san Francesco, dal presepe di Greccio al Sacro Monte di Varallo», raccontando la storia della invenzione e raffigurazione francescana del presepe fino al racconto (per una committenza francescana) inscenato da Gaudenzio Ferrari nella Betlemme di Varallo. La giornata si concluderà con la visita guidata al complesso di Betlemme (ore 12.45).

Sabato 8 gennaio

Al Sacro Monte, presso la Casina d’Adda dalle 10.15 alle 12.45, in un dialogo a tre con Don Ermis Segatti, interverranno un credente e un non credente attento ai temi della religiosità, rispettivamente Ernesto Olivero fondatore del Sermig, Arsenale della pace, e Salvatore Natoli, professore di filosofia all’Università Bicocca di Milano.

Ernesto Olivero, che con Betlemme e i francescani ha avuto un rapporto molto singolare, chiamato in causa come mediatore di pace quando, anni fa alcuni palestinesi sequestrarono i frati francescani custodi di Betlemme, tratterà del «La nascita di Gesù nel suo tempo e nell’oggi», attualizzando il tema e raccontando anche la sua esperienza di vita. Salvatore Natoli parlerà de «La nascita di Gesù tra memoria, tradizione e storia», con uno sguardo più attento alla storia e alle riflessioni etiche.

Alle 12.45 l’incontro si concluderà con la visita al complesso di Betlemme.

I tre appuntamenti sono organizzati dalla Riserva regionale, insieme con l’Amministrazione Religiosa del Sacro Monte e il Centro Libri della Parrocchia di Varallo.

Tra dicembre e gennaio saranno possibili altre visite guidate gratuite, a due voci, religiosa e artistica, ad opera della Riserva regionale e dell’Amministrazione religiosa del Sacro Monte, alle ore 10.50 (appuntamento davanti alla cappella dell’Arrivo dei Magi) domenica 19 dicembre e domenica 2 gennaio.

Per tutti gli appuntamenti è gradita la conferma della presenza:

Riserva Naturale Speciale del Sacro Monte di Varallo

Piazza della Basilica - Località Sacro Monte 13019 VARALLO (VC)

Tel 0163 53938 - Fax 0163 54047 - www. sacromontevarallo.eu - info@sacromontevarallo.eu

Il Sacro Monte è raggiungibile da Varallo in funivia, anche in caso di neve. Si raccomanda per la visita un abbigliamento caldo e confortevole e scarpe adatte.

FESTA SOLIDARIETA' 2010!!

martedì 26 ottobre 2010

sabato 16 ottobre 2010

Festa d'inizio attività

Domenica 10 ottobre tutti gli oratori si sono riversati in piazza. A San Mauro l'Unità pastorale ha festeggiato in piazza Gramsci con giochi e animazione.

Inizio attività ottobre 2010

Quindi c'è stata la Messa con il mandato ai catechisti e la presentazione dei cresimandi. E ora tutti in oratorio... Si parte.

martedì 21 settembre 2010

L'avis in Festa

Sostegno ai padri camilliani di Port au Prince (Haiti): un gesto di solidarietà per festeggiare i 40 anni della sezione Avis di San Mauro. L’anniversario è stato anche que-sto: 700 euro inviati ad Haiti. «Il sangue è vita, il sangue è come un sorriso: arricchisce chi lo riceve, senza impoverire chi lo dona!» re-cita il motto del gruppo sanmau-rese che dal 7 al 9 maggio scorsi ha tenuto varie manifestazioni. Sabato 8 due autoemoteche in piazza Mochino hanno permes-so a molti di compiere donazioni di sangue. La sera, nella chiesa di Pulcherada, sono stati ricordati i donatori defunti. Domenica 9 la giornata clou con la partecipazio-ne, tra gli altri, di Bruno Fattori e Aldo Villa (fondatori del sodali-zio), Marisa Gilla, che entrò a far parte dell’associazione nel 1970 a soli 17 anni.

lunedì 20 settembre 2010


Una quindicina di persone dell’Unità Pastorale di San Mauro Torinese, coordinate da don Ilario Co-razza e da suor Luisa Vettoretto, da un anno operano nel nuovo Centro d’Ascolto presso due sedi: la parrocchia di San Bene-detto (dove collaborano con il Punto d’ascolto telefonico Paf) e la parrocchia di Santa Maria di Pulcherada.

A San Benedetto continua l’attività del Paf, mentre a Santa Maria di Pulcherada tutti i mer-coledì dalle 9.30 alle 11.30 e dal-le 17 alle 19 il Centro d’Ascolto accoglie, ascolta e orienta le per-sone in diffi coltà, individuando i bisogni espressi e latenti, pro-ponendo progetti individuali che accompagninoe ciascuno verso possibili soluzioni.Viviamo una stagione di grande precarietà economica: ne sono colpite molte persone e famiglie, stranieri e non, che incontrano problemi di lavoro e integrazio-ne, inserimento sociale, solitu-dine, indifferenza.

Il Centro di Ascolto cerca di donare innanzi tutto l’accoglienza dell’ascolto, mettendo in atto quello spirito cristiano di fraternità che Gesù è venuto ad insegnarci e che tanto fatichiamo ad attuare.I volontari provano a rispondere alle richieste di aiuto mettendosi «in rete» con gli altri servizi del territorio, pubblici e privati, con altri gruppi di volontariato, in particolare con la San Vin-cenzo, la Caritas dell’Unità Pastorale e della Diocesi di Torino, la quale costantemente offre qualifi cati corsi di formazione e momenti d’aggiornamento. Con l’ausilio di queste associa-zioni e dei parroci don Ilario e don Claudio, il gruppo d’ascolto esiste per donare speranza, fi ducia e, magari, qualche solu-zione.

Luisa PILONE

sabato 18 settembre 2010

Chiara Luce "beata"


Nel corso di una Messa solenne sabato 25 settembre a Roma, presso il Santuario del Divino Amore, si terrà il rito di beatifi cazione di Chiara Luce Badano, presieduto da mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Anche l’Unità pastorale di San Mauro è in festa per questo avvenimento, particolarmente la parrocchia del Sacro Cuore (Sambuy) che qualche anno fa ha intitolato il suo oratorio proprio a Chiara.

Vale la pena di riscoprire le ragioni che indussero il Consiglio Pastorale a questa intito-lazione.La giovane Chiara Luce è mor-ta nel 1990. Sarà beatifi cata vent’anni dopo, un tempo molto breve, perché la Chiesa ha riconosciuto il grado ecce-zionale della sua santità nel-l’esperienza della malattia e dolore, che la portò a vette me-ravigliose. La fede nel dolore: è una ragione importante per ricordare Chiara, ma la nostra scelta di intitolarle l’oratorio di Sambuy aveva anche altre ragioni. Coglievamo qualcosa di fresco e di originale nella sua esperienza. Il suo percorso non sottolineava solo una perfezione personale, una santità individuale.

Coglievamo che dietro c’era un modo diverso di farsi santi, potremmo dire un modo di farsi santi «insieme». Insomma, guardavamo al suo modo di vivere la malattia e il dolore, ma capivamo che il suo modo di affrontarli santamente avevano radici nel «prima» della sua vita. Chiara stava nella sua vita da ragazza, tutta impregnata dell’esperienza di identifi carsi con amore con i suoi amici, con i compagni di scuola, con i ragazzi della parrocchia. Il farsi uno con gli altri per lei voleva dire condividere profonda-mente le esperienze degli altri, ma anche mediarle tutte con la presenza di un Gesù vivo e operante tra di noi. Ha saputo non solo cogliere la presenza reale di Cristo nella vita di ciascuno; ha sentito Cristo agire in lei e contemporaneamente in tutti i suoi amici, compagni di viaggio.

Dei numerosi episodi, bellissimi anche se sovente molto semplici, dell’amore con cui Chiara Luce amava ogni momento si parla molto poco, tanto che viene sovente ad-ditata come un modello per i giovani d’oggi quasi esclu-sivamente nel periodo della sua malattia. Ma così quale modello intenderemmo proporre? Sarebbe come dire che se i giovani vogliono farsi san-ti, devono sperare di morire anch’essi così? A noi interessa quello che sta dietro, interessa la vita quotidiana di Chiara, anche nei momenti precedenti la sua sofferenza. Così ci siamo resi conto che è proprio da quell’unità che aveva scoperto, da quella intensa spiritualità collettiva che cercava di vivere che è nato tutto: anche e soprattutto dalla scoperta di quel Gesù agonizzante in croce che lancia al Padre il suo grido «Dio mio, Dio mio parchè mi hai abbandonato?», che l’ha resa capace di certe vette assolute nella sua malat-tia. Senza l’unità nulla sarebbe stato così.

Ma non c’era solo questo, la sua santità non è spiegabile, e neanche capibile, se non la si vede nel contesto della vita dell’intera sua comunità, la parrocchia, ma anche dell’Opera di Maria, con la quale lei viveva il suo amore reciproco, generando il Santo in tutte le cose, anche le più quotidia-ne. Questo ci ha sempre affascinato e per questo l’abbiamo pensata come un modello assolutamente proponibile a tutti i giovani (e non solo): una santità di popolo in cui tutti, piccoli e grandi, possono raggiungere anche i più alti gradi di perfezione perché im-mersi in Gesù Cristo il Santo, presente fra di noi. Sportiva, giocava a tennis, amante della musica, giovane fra i giovani, e soprattutto piena della gioia di vivere. Un giorno scrisse: «Ho scoperto che Gesù abbandonato è la chiave dell’unità con Dio e voglio sceglierlo come mio sposo e prepararmi per quando viene. Preferirlo!».

È così che Chiara Luce divenne capace di «trasformare la sua ‘passione’ in un canto nuziale», soste-nuta dalla certezza di «esse-re amata immensamente da Dio». Ormai immobile nel let-to, disse «Ora che non ho più niente di sano, ho però anco-ra il cuore e con quello posso sempre amare, facendo solo la volontà di Dio nell’attimo pre-sente: stare al gioco di Dio», capace di dire «Per te Gesù, se lo vuoi tu, lo voglio anch’io». Su su, fi no a programmare in tutti particolari il suo funerale come una grande festa di nozze, compreso l’abito bian-co preparato con tanta cura, e dando come ultimo saluto alla mamma: «Ciao, sii felice perché io lo sono».Chiara Luce ebbe a dire: «I giovani sono il futuro. Io non posso più correre, però vorrei passare loro la fi accola come alle Olimpiadi. Hanno una vita sola e vale la pena di spen-derla bene».

Queste ci parevano le ragioni, nel nostro pic-colo, per intitolarle l’oratorio di Sambuy, cogliendo il senso complessivo della sua vita, del-la sua spiritualità, che l’aveva portata a condividere l’esperienza di Chiara Lubich nell’Opera di Maria. Ad accompagnarci in questo viaggio sono stati monsignor Livio Maritano, il «suo» vescovo, che ne ha colto subito i tratti della santità, la vice postulatrice della causa, Maria Grazia Magrini, e il dott. Ferdinando Garetto, suo amico, che per primo venne a spiegare ai nostri giovani questa straordinaria fi gura. Li ringraziamo.

Roberto PORRATI

Sant'Anna e Folgore, Volley di Eccellenza


Nella città delle fragole si gioca a Volley da ormai quarant’anni. Il 1970 fu un annus mirabilis per lo sport sanmaurese. Due sponde del fi ume diverse, due parrocchie «giovani», videro decollare storie simili di volontà di promuovere lo sport per i giovani come strumen-to di crescita, in maniera nuova e diversa. In zona Oltrepo, parroc-chia San Benedetto, mosse i primi passi la «Folgore» sotto la spinta di un gruppo di volontari; in zona Pescatori, nel corso dell’estate, nacque il «Sant’Anna Pescatori» dalla volontà dei ragazzi dell’Oratorio di formare una squadra di pallavolo.Da allora a San Mauro si è giocato tanto, ma tanto volley: le squadre giovanili hanno alimentato il movimento e in alcuni momenti storici sono state punte di eccellenza per tutto il movimento piemontese.

La differenziazione fra le due società – la prima abbandona il ramo maschile, la seconda organizza anche il minivolley – ha permesso un’ampiezza di offerta straordinaria per una città di pic-cole dimensioni come San Mauro. E i risultati non sono mancati.
Nella stagione 2009/2010 entrambe le compagini hanno ottenuto risultati di rilievo, in particolar modo se si considera la giovane età media e la provenienza, per la maggior parte degli atleti, dal settore giovanile e dalla stessa città di San Mauro. La Folgore ha ot-tenuto una meritata promozione in serie C regionale al culmine di una rincorsa iniziata sette anni fa; il Sant’Anna, sorpresa del campionato di B2, ha sfiorato i playoff per l’accesso in B1 ed ha dato spettacolo fra le mura del pala Burgo. Una stagione da incorniciare.

La squadra della Folgore, allenata dalla new entry Fulvio Civera, ha saputo convogliare in un gruppo unito ed entusiasta l’esperienza degli anni precedenti e raggiungere, dopo due tentativi andati a vuoto, i playoff e la promozione nella massima competizione regionale.Il settore giovanile è il fi ore all’occhiello del Sant’Anna, che tra il 2005 e il 2008 ha conquistato il primo posto regionale in ogni categoria juniores. La prima squa-dra non è stata certo a guardare; guidata da Usai, è passata da una quasi retrocessione ad una quasi promozione dando prova di talento e di carattere. Una squadra in crescita, con margini inespressi e una società attenta che in settembre e ottobre concluderà i festeggiamenti per il quarantennale con la presentazione della nuova stagione e un paio di amichevoli con squadre di prima fascia.
Matteo DE DONA

venerdì 17 settembre 2010

Grazie, Don Nicolino!

È morto il 19 maggio don Nicolino Rocchietti, 89 anni, già parroco di Santa Maria di Pulcherada e primo parroco del Sacro Cuore di Gesù – Sambuy. Pubblichiamo un ampio ricordo a cura del diacono Roberto Porrati.

A distanza di quattro mesi dalla morte di don Nicolino, possiamo rifl ettere con calma sull’eredità lasciata da questo sacerdote alle comunità di San Mauro, cui ha dedicato gran parte della sua vita. Alcune caratteristiche lo contrad-distinguevano; una era la cordialità. Non aveva mai fretta quando incontrava qualcuno, c’era sempre tempo per tutti. Sapeva ascoltare, poi magari consolava con un sorriso, oppure scuoteva con una battuta, in ogni caso chi passava dall’uffi cio parrocchiale qualcosa di signifi cativo lo riceve-va sempre.Era il punto di raccordo tra le generazioni che, una dopo l’altra, passavano per l’oratorio. Aveva poi una particolare attenzione per gli ammalati.

Capitava spesso di trovare appeso fuori dall’ufficio un cartello «Sono per ammalati». Non li lasciava mai soli: pregava con loro, portava la comunione, raccoglieva la disperazione per trasformarla in speranza. Quella dei biglietti era poi una sua caratteristica particolare; ne aveva uno per ogni occasione, redatto con la sua bella grafi a: «Sono per amma-lati», «Sono in oratorio», «Sono in chiesa», «Sono in Curia» e ciò che contava non era tanto far sa-pere dove andava, ma il fatto che con quei biglietti volesse stabilire un rapporto continuo con i par-rocchiani, «Sono assente, ma ci sono e cerco di fare qualcosa di utile». Era in fondo un segno di rispetto verso di loro. Parlando con i più vecchi della comunità non era raro ritornare alle esperienze fondative; per esempio su come si era fat-to l’oratorio.

A volte mi diceva «Sono un prete robivecchi» (lui però lo diceva in dialetto, fera-miù). Raccoglieva il ferro e ogni cosa fosse vendibile per ricavare soldi per l’oratorio, che si è co-struito così, un pezzo di ferro dopo l’altro, e in tal modo stimo-lava anche qualche bel contribu-to dai parrocchiani. Se una cosa andava fatta, biso-gnava farla subito. Fait fait (fatto, fatto in dialetto) era diventato il suo soprannome. Mi diceva che le cose non ultimate era come se non fossero state fatte per niente, delle inutili incompiute. Una cosa non finita in ogni senso: un impianto elettrico non collegato non serviva, ma non serviva neanche una fede tiepida, che non sapeva decidersi a fare il passo defi nitivo.

Il fare era per lui quasi sinonimo di essere. Deciditi a «essere», che abbiamo tanto bisogno di «fare». Questa sua caratteristica fu fon-damentale per la rinascita e la funzionalità della Casa di Ripo-so San Giuseppe, eravamo negli anni 1975/76 . Per suo insistente interesse, unitamente al dottor Scippa, come ci ricorda Stefano Armellino, fu possibile coinvolgere nella complessa e onerosa attività di trasformazione della strut-tura personaggi, organizzazioni e popolazione nel disinteresse della Pubblica amministrazione. Da organista non si limitò a suonare, sentì il bisogno anche qui di fare e, insieme a mons. Pistoni, pubblicò un piccolo volume di canti per animare la liturgia, il «Cantemus Domino».

Quando negli anni ottanta si ebbe la grande trasformazione di San Mauro con l’arrivo di migliaia di persone, si spese molto per l’integrazione di tante per-sone così diverse. Cominciò con l’andare a dire Messa nei cortili dei nuovi condominii, lo fece con insistenza e determinazione, anche quando non era ben accolto, convinto che la Parola si dovesse portare comunque, anche quando era difficile. Con lui la parroc-chia del Sacro Cuore diventò un punto di riferimento per gli abi-tanti della case popolari, soprat-tutto per i giovani ai quali aprì l’oratorio. E non fu per niente facile. Fu tollerante e accogliente anche verso persone per le quali la tolleranza e l’accoglienza non erano precisamente valori. La comunità era per lui un valore assoluto e per questo era attento anche a conservarne la memoria.

In occasione del Giubileo del 2000 si organizzò al Sacro Cuore un triduo, partecipato da centinaia di persone nelle tre serate, per rifl ettere sull’occasione e, fatto forse unico, fece pubblicare gli atti del Triduo, proprio per conservarne la memoria. Ci ha consegnato un modello di chie-sa non basato sull’autorità, ma sulla Parola meditata, pregata, vissuta, testimoniata e sul servi-zio. Poteva lasciarci un modello più convincente da seguire? Poi certo, aveva anche i suoi difetti, ma, francamente, quelli sono un patrimonio condiviso da tutti, mentre le qualità signifi cative sono patrimonio di pochi e lui era tra questi. Per questa ragione il Consiglio pastorale, su propo-sta del parroco don Ilario, ha deciso di dedicargli la Casa di Ulzio, la vecchia baita Sanbuy, che con così tanta determinazione aveva voluto. Un modo per non scordarlo.

diacono Roberto PORRATI
Questa bella immagine ritrae don Luigi Caramellino all'ingresso del Duomo in occasione della visita del Papa, il 2 maggio 2010.

giovedì 16 settembre 2010

Il nostro Grazie!

Settembre è il mese in cui tut-to ricomincia! È il mese in cui incontrandosi per le strade ci si racconta l’estate appena fi -nita e si condividono i progetti futuri, le paure e le speranze per le attività che stiamo per iniziare ad affrontare, man mano che gli impegni ordinari riprendono.

Settembre anche per la nostra Unità pastorale di San Mauro è il mese in cui iniziano a prendere forma le attività programmate, avendo ancora il re-trogusto della gioia dell’estate ragazzi vissuta nei nostri oratori e dei campi scuola fatti a Oulx e a Pialpetta, in cui abbia-mo coinvolto più di 250 ragazzi dalle elementari alle superio-ri, del campo lavoro nelle zone terremotate de L’Aquila con i giovani, del pellegrinaggio al santuario di Oropa, della cele-brazione del Corpus Domini, in cui abbiamo celebrato l’Eu-caristia e festeggiato con unpranzo comunitario.

Settembre per noi di San Mauro è il mese della festa patronale – i Santi Corpi – nella quale siamo chiamati a ripensare lanostra vita per ritornare alleradici della fede, per viveresempre più in comunionecon i tanti sanmauresi chenei secoli sono stati concreta-mente discepoli di Gesù. L’eu-caristia solenne sarà celebratadomenica 19 settembre nellaparrocchia di Sant’Anna, chefesteggia i suoi 50 anni di vitacomunitaria e sarà presiedutada mons.

Jérôme Gapangwa,Vescovo del Congo Zaire. Inquesta occasione festeggeremoanche suor Generosa Nabitan-ga e suor Manuela Robazzache celebrano il 25° anno di professione religiosa.Settembre, quest’anno, è ancheil momento in cui salutiamoalcuni amici che hanno dedi-cato tanto tempo e tante ener-gie a noi di San Mauro. PadreGiacomo Gianoglio è statotrasferito dalla comunità di VillaSperanza a una comunità in Albania presso una scuola professio-nale. Suor Maria Teresa Scabeni esuor Maria Grazia Spinato, dopotanti anni di presenza nella par-rocchia di San Benedetto, sonostate trasferite nella comunità diTorino.

Al loro posto verrannosuor Francesca e suor Cristinache lavoreranno nelle attività dellanostra Unità pastorale. Il cambiare comunità è una sofferenza siaper chi parte, sia per chi rimane,ma siamo certi che camminare eseguire il progetto che Dio sta costruendo con noi è l’unico modoper testimoniare la grandezza dell’amore di Dio.

Affidiamo padre Giacomo, suor Teresa e suor Grazia alla tenerezzadi Dio, perché li accompagni permano nelle loro nuove esperienze pastorali e faccia risuonare nelloro cuore la gratitudine di tantepersone di San Mauro, che in questi anni hanno potuto incontrareGesù grazie a loro.

don Ilario CORAZZA
don Claudio FURNARI

L’AQUILA E DINTORNI – 90 GIOVANI TORINESI AL CAMPO DELLA CARITAS IN ABRUZZO, FRA I TERREMOTATI

Dal 25 luglio al 2 agosto scorsi 90 giovani della diocesi di Torino hanno partecipato al campo di volontariato «Su ali d’Aquila », l’iniziativa organizzata nelle zone terremotate dell’Abruzzo dal Seminario minore di Torino, dal Centro diocesano vocazioni e dall’Uffi cio della pastorale giovanile. Destinazione della comitiva: il campo delle delegazioni piemontese e umbra della Caritas a Pile (zona industriale a ovest de L’Aquila). Di seguito il réportage scritto da un nostro collaboratore, che ha partecipato al viaggio.

***
Giunti all’Aquila, domenica 25 luglio, ci accoglie un silenzio rumoroso, contornato da cantieri, crepe e detriti. Il nostro autobus segue il percorso del fi lobus incompiuto della città, frutto di un errore di calcolo, e giunge a piazzale Sant’Antonio. Qui, dietro una chiesa puntellata e chiusa da quel tragico 6 aprile 2009, spunta la tendopoli che ospita il campo Caritas di Pile. La città è tutta un cantiere. Banche e alberghi nuovi di zecca si alternano a palazzi distrutti e inagibili. Numerosissime sono le casette in legno e i container.

Cani randagi si aggirano per la città. A rompere il silenzio ci pensano gli automobilisti suonando il clacson per salutare i conoscenti che incrociano o per allontanare gli animali che tagliano la strada ai veicoli. Il campo in cui dormiamo è nella zona ovest della città. È gestito dalla Caritas dal 20 giugno 2009; oltre ai due responsabili, un religioso e un laico, ci vive e lavora un gruppo di circa dieci giovani. Prima fungeva da tendopoli per gli sfollati della città, ora è in grado di ospitare fi no a duecento volontari, portando aiuto a centinaia di persone. Vicino ai container e alle tipiche tende blu della Protezione civile ci sono segni di vita e vitalità. Come l’orto nato fra i sassi e la ghiaia o la chiesa ricavata dentro a un tendone bianco, vicino all’originario edifi cio sacro reso inagibile dalle scosse.

Due statue di santi in gesso troneggiano al fondo del luogo di culto: san Gabriele dell’Addolorata e sant’Antonio Abate che dà il nome alla piazza e alla chiesa. Anche se di domenica pomeriggio molte edicole sono già chiuse, passeggiando in città l’occhio cade sulle locandine che esprimono a chiare lettere la gravità della situazione che permane a oltre un anno dal terremoto. Di fi anco a questi titoli, frutto di letture diverse della medesima fase defi nita di «post emergenza », campeggiano a caratteri cubitali gli annunci dei giornali per chi cerca lavoro. Prima di cena facciamo in tempo a partecipare alla Messa. Anche nell’omelia il celebrante descrive L’Aquila come «una città che fatica a risorgere». La giornata seguente comincia presto. dopo le lodi mattutine e la colazione, ci riuniamo per scoprire quale mansione spetterà a ognuno. La mia prima destinazione è il monastero di San Basilio, complesso risalente al XVIII secolo, nel centro del capoluogo abruzzese.

Siamo in otto: due fanno il cemento, tre portano gli attrezzi da lavoro e i mattoni e altri tre scaricano piastrelle da un furgone. Nel chiostro occorre ricostruire i camminatoi che attraversano l’orto e il cortile. Di tanto in tanto spuntano le anziane monache celestiniane benettine, ospiti del santuario. Il secondo giorno di attività, martedì 27, si presenta più duro: servono uomini per smantellare a picconate la base in cemento di un ex campo sfollati, meglio conosciuto come «la cava». Alla sera trasciniamo le braccia come se non fossero più attaccate al corpo. Il giorno seguente sono destinato ai giri di «visita» con altri due volontari: di primo acchito gli aquilani appaiono duri e diffi denti, ma dopo pochi minuti i loro occhi si coprono di una patina lucida che fa partire il disco dei ricordi di una notte che non riusciranno mai a dimenticare.

Alfonso, e come lui tanti altri, ha una casa che dopo le perizie è stata giudicata agibile, ma da quel fatidico giorno di aprile dello scorso anno non ci vuole mettere più piede. Così l’interno della basilica di S. Maria di Collemaggio Giovedì 29 luglio faccio parte della decina di volontari che, a turno, si ferma a Pile per pulire le tende e i container, ordinare il magazzino e la dispensa, prendersi cura della cucina e preparare pranzo e cena. Dosi, tempi e attenzione alle intolleranze alimentari sono aspetti chiave per la vita di un campo di volontari così grande e stanno alla base di qualunque esperienza comunitaria. Venerdì vengo inviato a Coppito, paesino appena fuori dal capoluogo, dove la Caritas ha una sede operativa adibita a centro di ascolto. Di fronte c’è una parrocchia circondata da ponteggi e tutta puntellata per evitare ulteriori crolli. Nel giardino adiacente nascerà presto un parco giochi per i bambini grazie al lavoro dei volontari.

Gli abitanti ci sono molto grati per il lavoro che facciamo e ci offrono cibo e bevande per ristorarci. Sabato 31 Tonino, originario de L’Aquila, padre di famiglia e nonno di due bambine, ci guida nella città distrutta. È un uomo innamorato della sua terra e ha deciso di non abbandonarla nemmeno quando gli è stata offerta la possibilità di scappare dalle continue scosse telluriche. Insieme a lui vediamo la Casa dello studente, piazza d’Armi, piazza Duomo, Colle Maggio e partecipiamo alla Messa nella chiesa distrutta, ma ora ritornata agibile e aperta ai fedeli. Sono luoghi immersi in un silenzio e una desolazione che lasciano impietriti. Ma tra le crepe e le fessure, che lasciano intravedere il cielo, c’è lo spazio per la rifl essione interiore stimolata dal viaggio attraverso una terra affamata di speranza.

La giornata si conclude con una delle visite più toccanti: il monastero di Santa Chiara a Paganica. Qui la notte del sisma perse la vita la madre abbadessa Maria Gemma di Gesù Ostia, mentre si sono salvate, sebbene ferite, una decina di monache e novizie. Alcune ci hanno raccontato la loro tragica esperienza: parole forti e testimonianze che non si dimenticano e che anch’io, come gli altri volontari, riporto come me a Torino.
Emanuele FRANZOSO
(Da la Voce del Popolo di domenica 25 agosto 2010)

venerdì 10 settembre 2010

TESTIMONI SCOMODI

Come testimoniare la fede? Qua-
le esempi abbiamo ricevuto dalle
generazioni che ci hanno pre-
ceduto? Quali sfi de, quali «per-
secuzioni» colpiscono ancora
gli uomini d’oggi in ragione del
Vangelo? La ricorrenza dei Cor-
pi Santi – festa patronale di San
Mauro Torinese, 19 settembre –
sarà preceduta quest’anno da un
ciclo di serate di preghiera e di
rifl essione su altrettanti «nodi»
della testimonianza cristiana.
Lunedì 13 settembre alle 21,
presso Santa Maria di Pulchera-
da, incontro pubblico sul tema:
«Il sangue dei martiri suscita
nuova cristiani – La storia della
Chiesa è segnata dalla testimo-
nianza dei martiri».
Martedì 14 settembre alle 21
presso il Sacro Cuore di Gesù: «Il
cristiano di fronte alla sofferen-
za fi sica – La testimonianza di
Chiara Luce Badano», che sarà
proclamata beata il 25 settem-
bre.
Mercoledì 15 settembre alle
21 presso San Benedetto: «La te-
stimonianza della verità – Il cri-
stiano di fronte alle scelte nella
vita civile».
Giovedì 16 settembre alle 21
presso Sant’Anna «Nuove forme
di persecuzione: il profugo».
Sabato 18 settembre alle 21
presso Villa Speranza musical su
Madre Teresa.

venerdì 6 agosto 2010

Su Ali d'Aquila

A cavallo fra luglio e agosto un gruppo di novanta torinesi, un terzo dei quali provenienti da San Mauro e altrettanti da Mirafiori, hanno partecipato al campo di volontariato "Su Ali d'Aquila" proposto dalla Diocesi di Torino. Le foto della settimana in Abruzzo al link:

Su ali d'Aquila estate 2010


Gli articoli relativi all'iniziativa svoltasi presso il campo Caritas di Pile a L'Aquila saranno pubblicati da La Voce del Popolo di Torino, settimanale diocesano in edicola a Torino e nelle parrocchie della Diocesi.

chi volesse far pubblicare una o più immagini della settimana può inviarle all'indirizzo: testatadangolo.immagini@picasaweb.com

giovedì 20 maggio 2010

Giovani insieme

L’Unità Pastorale di San Mauro (quattro parrocchie) riflette da tempo sui mezzi che avvicinanano la Chiesa e il suo messaggio alla società contemporanea. La Commissione Giovani esiste sulla carta da parecchio, ma solo da qualche mese ha cominciato a concretizzarsi per ragionare sulle nuove generazioni: III media, biennio e triennio delle superiori, Giovani Giovani (fi no ai 24 anni), Giovani Adulti (dai 24 anni in su) e Oratorio.
Nella neonata Commissione i giovani della Chiesa sanmaurese hanno la possibilità di confrontarsi concretamente gli uni con gli altri. Tutti i gruppi giovanili delle parrocchie si ritrovano periodicamente da tre anni per incontri di dialogo e di formazione; i gruppi di giovanissimi (III media) e delle superiori sono affi dati ad animatori ed educatori inseriti in altri gruppi di giovani: uno scambio, un dialogo prezioso, che diventa confronto partendo dal Vangelo per entrare nella vita quotidiana dei ragazzi. Ci si interroga e ci si forma anche attraverso il gioco, le attività estive, il volontariato. Ci sono preti, suore, coppie di coniugi che aiutano questo percorso: importanti punti di riferimento.
Ma è l’interazione fra i ragazzi e il loro essere comunità a offrire gli elementi che portano ad aderire al messaggio evangelico. Le iniziative orientate al «fare comunità» sono tante. Si stanno sviluppando con il passare degli anni: settimane comunitarie per ragazzi delle superiori e per giovani universitari; mesi comunitari in cui quattro ragazzi vivono assieme la quotidianità di spese, pulizie e imprevisti; ritiri in monasteri o nelle strutture dell’Unità Pastorale. In tutti questi incontri la preghiera, la correzione fraterna e il sostegno reciproco sono pane quotidiano. Bisogna riconoscere che i ragazzi che partecipano attivamente alla vita delle parrocchie sono una piccola percentuale rispetto ai tanti giovani che si incontrano a San Mauro, sugli autobus, nei bar o all’aperto nelle belle giornate di questa primavera che sta iniziando.
Forse la sfi da dei giovani delle parrocchie (ma a ben vedere è una sfi da di tutti), è superare l’idea (forse la comodità) di considerarsi solo un piccolo gregge, per aprirsi al dialogo anche con chi è fuori dal cerchio.
Matteo DE DONÀ
Commissione Giovani

martedì 18 maggio 2010

La regola dell'amore

Proseguiamo nelle nostre chiacchierate sui temi dell’educazione. Con l’ultimo numero di «Testata d’angolo» ci eravamo lasciati parlando dell’impegno che l’uomo ha di «costruirsi» come persona, e del rischio di fallire questo compito. Si tratta di capire allora come l’uomo possa costruirsi e in che cosa consista il rischio del fallimento. Bisogna però fare una premessa. Dall’affermarsi dell’Illuminismo nella cultura occidentale (che, è bene ricordare, è solo una delle culture del mondo, anche se ci riguarda molto da vicino) si è affermata l’idea di «individuo» a scapito dell’idea di «persona». È una differenza rilevante: l’individuo lo possiamo defi nire come un «io» che ha come unica preoccupazione il sé distinto da qualunque altro; la persona sa di essere distinta dalle altre, ma è sempre in relazione con un’altra persona all’interno di una comunità. Da quando si è imposta l’«individualità» la società ha cominciato a conoscere fenomeni di frammentazione via via crescente. Una dimostrazione molto rozza, ma chiara, l’abbiamo nell’indifferenza dimostrata in certi video circolati anche nei Telegiornali rispetto a persone in diffi coltà o addirittura di fronte a un omicidio in atto. Diverso è il caso della «persona », che si costruisce nella relazione: essa colloca inevitabilmente nel suo orizzonte il bene comune. A noi interessa la persona che si colloca responsabilmente in una società nella speranza che il moltiplicarsi di persone responsabili mettano un freno alla frammentazione e all’indifferenza sociale.

Relazioni di giustizia. È interessante esplorare in quale modo si realizzi la relazione con gli altri. Uno dei modi è certamente compreso nelle «relazioni di giustizia». Nel libro della Sapienza si legge: «Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Ella infatti insegna la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza, delle quali nulla è più utile agli uomini durante la vita». (Sap. 8,7). Questo ci dice: che la giustizia non esiste che a partire dalle persone e per le persone. Il fi losofo Kant affermava che ogni persona deve essere trattata come un fi ne e mai come un mezzo. Autori moderni sostengono che la giustizia è «virtù morale che induce a rispettare la dignità personale dell’uomo e a fornirgli quanto gli é dovuto come individuo responsabile del proprio destino». La giustizia é perciò quell’ordine in cui l’uomo può sussistere come persona. Essere giusti signifi ca riconoscere i primi fondamentali diritti dell’uomo con tutte le conseguenze: diritto alla vita, alla libertà, all’istruzione, alla dignità, al lavoro, alla famiglia… Ne deriva la necessità di una coscienza più personale e integrale dell’ingiustizia, che consiste, in primo luogo, in ogni manipolazione e sopraffazione dell’uomo, del suo bene personale, familiare e sociale. Anche se «le relazioni di giustizia » sono importanti, ci lasciano però ancora nell’ambito di una giustizia che prevede di dare a ciascuno il suo. Non è poco, ma non è suffi ciente. Consideriamo allora le «relazioni di amore».

Relazioni di amore. Se le relazioni di giustizia si preoccupano di dare quanto l’altro ha diritto di ricevere, e quindi sono basate sulla relazione «diritti e doveri», le relazioni di amore sono basate sui bisogni. All’altro è concesso di avere quanto ha bisogno. Un esempio è la relazione tra madre e fi glio: la madre non defi nirà mai i confi ni del diritto all’amore del proprio fi glio, perché sarà disposta sempre a dargli tutto l’amore che le viene richiesto. L’amore si dona senza misura a partire dal comandamento nuovo di Gesù «amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». L’esempio della madre può essere signifi cativo se non lo limitiamo all’ambito familiare. Gesù ci indica la strada maestra in tutte le relazioni: se Dio è amore e nell’amore, particolarmente in Giovanni, rivela la sua natura, le relazioni tra le persone non possono che essere improntate all’amore gratuito, che tutto precede.

Relazioni di solidarietà. Il rapporto tra persone non sempre si realizza sul piano della giustizia e dell’amore. A volte si realizza in una «relazione di solidarietà» che non è propriamente giustizia, ma nemmeno propriamente amore. Spesso è l’ambito che consente la collaborazione tra persone con convincimenti e valori più diversi. Pone rimedio all’ingiustizia, si muove con grande generosità, pur non arrivando ai vertici di quel «come io ho amato voi». Tutte le forme di relazione che abbiamo considerato fi n qui sono sempre relazioni feconde: le relazioni di giustizia generano la società, e, particolarmente, una società che vuole essere giusta; le relazioni d’amore generano certamente la famiglia, ma possono dare luogo anche a rapporti tra persone di una profondità insondabile (basti pensare a Gesù quando dice: «dove due o più si riuniscono nel mio nome là io sono»: sono relazioni tanto feconde da rendere possibile tra noi la presenza reale di Gesù). Le relazioni di solidarietà generano tutte le associazioni e le azioni di volontariato. Educarsi a queste relazioni è fondamentale per la persona credente, ma anche per la persona non credente, se vuole realizzare una società più giusta.

L’individualismo. Ogni rapporto fecondo comporta una limitazione, sarebbe meglio dire una autolimitazione, e questa è una conquista dell’educazione. La cultura dell’individualismo rischia di portare al fallimento perché rappresenta l’esatto contrario della vita di comunione; fa agire l’uomo come se fosse «l’unico», come se gli altri vivessero in sua funzione. Di qui ha origine l’indifferenza che è bene espressa con il proverbio «ognuno per sé e Dio per tutti». Ciascuno si arrangi, perché io non mi prendo pesi non miei. Dall’indifferenza nasce la diffi denza, che è la paura dell’altro, che può sempre essere un possibile nemico. E la strumentalizzazione, che prevede di strumentalizzare gli altri per raggiungere i propri fi ni. Ed è molto diffusa non solo ai giorni nostri, ma addirittura sotto i nostri occhi. Può essere una strumentalizzazione fi sica, che si esprime con atti di riduzione a schiavitù (basti pensare a molti fenomeni di prostituzione) o attraverso il plagio esercitato da persuasori occulti. C’è il parassitismo di chi pensa di avere solo diritti e nessun dovere: esisto solo io e non sento il bisogno di compensare il bene che ricevo. E infi ne la prevaricazione verso cose o persone: si esprime anche con il saccheggio sconsiderato dei beni della terra. Come diceva un altro fi losofo, Hobbes, «homo homini lupus»: ogni uomo è un lupo per l’altro, cioè un nemico pericoloso. Costruirsi nel senso richiesto da Dio è sempre faticoso, ma è indispensabile se non vogliamo arrenderci al caos e alla sopraffazione.

diacono Roberto PORRATI

domenica 16 maggio 2010

Genitori a Scuola

Si è chiusa il 21 marzo la quarta edizione della «Scuola genitori», organizzata da un gruppo di genitori con il fattivo contributo di numerosi volontari, nell’ambito dall’unità pastorale di San Mauro. Abbiamo chiesto a Lucia Valvo, coordinatrice degli incontri, di fare un breve bilancio di questa attività che ha visto un grande successo di partecipazione. «Un aiuto più che prezioso – spiega Lucia – ci è venuto dal nostro affezionato relatore don Domenico Cravero, che ha trattato in modo specifi co il tema del ‘padre’, fi gura oggi molto condizionata dalla cultura imperante e dalle sue trasformazioni».
In particolare è emersa la necessità di riequilibrare i ruoli di padre e madre, che non hanno più collocazioni ben defi nite all’interno della famiglia: mamme che sembrano ‘papà’, e papà un po’ troppo ‘mamme’, con conseguente perdita della necessaria autorevolezza da parte di questi ultimi. «È stato veramente interessante vedere – continua Lucia – molti papà più che disponibili a ‘mettersi in discussione’». In base a quanto emerso nel corso degli incontri, il modello proposto da questa società per la fi gura paterna parrebbe non più funzionale ad una crescita armonica nè dei fi gli nè della famiglia stessa.
Il dono più grande che si può fare ai fi gli è la consapevolezza della propria autonomia che, a quanto pare, solo i padri possono dare.
Piero NEBBIA

mercoledì 12 maggio 2010

Scrive il comitato di via Musinet

Pubblichiamo una lettera aperta che
il Comitato spontaneo di via Musinet
ha inviato al sindaco di San Mauro
Giacomo Coggiola lo scorso 10 marzo

Egregio signor Sindaco,
abbiamo letto la sua lettera aperta
su «Testata d’Angolo» (La voce
del popolo) del 14 febbraio 2010 e
pensiamo che anche noi, cittadini
che autofi nanziandoci abbiamo
chiesto al Tribunale Amministrativo
Regionale di esprimersi
sulle deliberazioni dell’Amministrazione
Comunale, dobbiamo esporre le nostre

considerazioni in merito.
Per ottenere il regolare permesso
di costruzione del condominio
«Le Terrazze» di via Musinet
sono stati necessari 10.000 mq.,
a suo tempo acquistati da tre diversi
proprietari. Come da Piano
Regolatore vigente, il terreno antistante
è da adibire ad area verde
e servizi. A fi anco di via Torino è
stato costruito un parcheggio di
252 mq. e l’area verde è rimasta
incolta, malgrado siano stati pagati
i regolari oneri di urbanizzazione.
In sette giorni (dal 21 al 28 maggio
2009) avete variato il Piano
Regolatore; ora è necessario mettere
all’asta buona parte dell’area
verde (4.945 mq) e costruire altri
1.300 mq di nuovi appartamenti
con mansarde, locali interrati
e box. L’area verde sarà ridotta a
soli 945 mq, e non si parla della
strada di accesso ai nuovi insediamenti.
Signor Sindaco, quanto prima
stabilito era tutto uno scherzo?
Questa nuova decisione è subito
parsa a diversi cittadini sanmauresi
una forzatura: immediatamente
Le sono state espresse
perplessità, da Lei non raccolte
in quanto ritiene indispensabile
mettere all’asta il terreno per motivi
di bilancio.
Troppo spesso siamo abituati a
lasciare che il corso delle cose si
compia, magari solo criticando
chi ci governa. Noi, però, abbiamo
ritenuto giusto intraprendere
l’iniziativa di contrasto, facendo
ricorso al Tar.
Prendere questa decisione non è
stato facile, ma l’abbiamo assunta
per difendere quello che noi consideriamo
un nostro legittimo
diritto e per tutelare un interesse
collettivo di tanti concittadini.
La sentenza del Tar ha confermato
che le deliberazioni adottate
dall’Amministrazione Comunale
non sono legittime: cinque i punti
violati, e non è cosa da poco!
Signor Sindaco, ci è chiaro dalla
sua recente «lettera aperta» che
Lei non intende desistere; anzi,il
Consiglio del 18 febbraio 2010 ha
deliberato che le aree oggetto di
alienazione passano da 3 a 12,
perché solo cementificando le
ultime aree verdi si può salvare il
bilancio comunale.
Questo creerà un grave impatto
sul territorio, già provato da seri
(e fi no ad ora irrisolti... ) problemi
idrogeologici.
Noi siamo a conoscenza della
situazione di via Musinet, e per
questo ribadiamo la nostra ferma
intenzione di difendere i nostri
diritti.
Sulle altre aree non siamo informati,
però ci saranno sicuramente
altri cittadini che sapranno
valutare il Vostro operato ed
eventualmente prendere decisioni
analoghe alle nostre.
Sarà l’eliminazione di questo piccolo
polmone verde a garantire
negli anni il rispetto del «patto
di stabilità»? Le spese e i servizi
che dovrete affrontare per i nuovi
insediamenti vanifi cheranno in
breve tempo quanto ricavato.
Tenere in considerazione le
istanze dei cittadini e rivedere le
decisioni prese non è segno di
debolezza, ma sarebbe segno di
responsabile amministrazione
della comunità di San Mauro.

Comitato spontaneo
Via Musinet

Aiuto ai terremotati e ai poveri del Niger


Mancano sette mesi alla prossima Festa della Solidarietà ma i preparativi sono già cominciati.Il tavolo organizzativo della manifestazione si è riunito lo scorso 16 marzo e in maggio si incontrerà ancora per discutere il da farsi anche con l’Amministrazione comunale, assente al primo incontro. Al centro della discussione i nuovi progetti da sostenere.
C’è stato spazio anche per il consueto bilancio sulla passata edizione. Dal 1993 – anno della prima edizione della Festa – ogni primo fi ne settimana di Avvento le scuole sono le vere protagoniste della giornata solidale insieme alle parrocchie e alle numerose associazioni del territorio. Lungo l’elenco: Avis, Fidas, Gruppo Scout Cngei, Associazione Genitori Pigreco, Asso, Cooperativa il Margine, Pro Loco, Gruppo Alpini, Oratori, Gruppo Comunale di Protezione Civile, Sea, Società di Mutuo Soccorso Pescatori- Sant’Anna, Coop, Circolo Arci Solaris, Radio Club Piemonte, Mnemos, Bimbo Porto, Croce Verde, Corpo Filarmonico e ancora la Corale San Benedetto, il gruppo danze Pulcherandage e altri gruppi musicali. Grazie alle associazioni, al patrocinio del Comune e al contributo di oltre 400 bambini (ultima edizione) sono stati raccolti 12.980 euro devoluti a tre progetti di solidarietà.
Tra questi c’è la missione cattolica a Tchirozérine nella regione di Agadez in Niger di padre Nicolas Ayouba, che ha scritto a Pigreco questa lettera di ringraziamento: «J’ai bien reçu a la Banque somme de 5200 euros (ho appena ricevuto in banca i 5.200 euro). Merci grandement pour cette attention a notre égard (grazie infi - nite per questa attenzione nei nostri confronti). Cette somme a servi pour fi nir les transformations au niveau de notre dispensaire (questa somma è servita per terminare i lavori nel nostro ambulatorio). Ainsi nous avons fait ou refait un Hangar devant la salle de tri, la salle de garde et la salle d’observation (inoltre abbiamo fatto un Hangar davanti alla sala di triage, del medico di guardia e dell’osservazione). Nous avons aussi refait aussi le parterre devant ces trois salles (abbiamo anche rifatto il pavimento davanti a questi tre locali). Nous avons repris et modifi e une partie de l’installation électrique et installer deux clim split dans deux salles d’hospitalisation (abbiamo ripristinato e modifi cato una parte del sistema elettrico e installato due climatizzatori in due sale). Merci pour votre soutien a tous. Toute notre reconnaissance a votre Paroisse (Grazie a tutti per il vostro sostegno. Tutta la nostra riconoscenza alle vostre parrocchie). Votre frère du Niger (vostro fratello nigeriano) p. Nicolas Ayouba.
Gli altri progetti fi nanziati con l’ultima edizione della Festa della Solidarietà sono stati la scuola media Dante Alighieri dell’Aquila e l’istituto comprensivo Navelli sempre all’Aquila: ad entrambi sono andati 3.890 euro. Nell’edizione del 2008 i fondi raccolti erano stati destinati in parti uguali all’associazione sanmaurese «Lavoro Anch’io», nata nel 1996 dalla Giacomo 5, che accoglie e aiuta mamme in diffi coltà nella sua comunità alloggio; all’associazione «Libera » per le sue iniziative presso la Cascina Carla e Bruno Caccia a San Sebastiano Po; all’associazione «Impegnarsi Serve onlus» per la realizzazione di una sala operatoria presso il centro sanitario di Lumuma in Tanzania (Progetto Amici di Lumuma). Su quest’ultimo progetto, oltre alla documentazione uffi ciale dove s’illustra come sono state utilizzate le donazioni della festa di San Mauro, esiste anche una pubblicazione dell’associazione senza scopo di lucro chiamata «Asante Sana» in cui si ringraziano tra gli altri proprio i sanmauresi che hanno contribuito con 4.485 euro provenienti dalla giornata di festa e altri 150 euro dall’asilo Bimboporto.
Un aiuto importante se si tiene conto che nel capitolo «uscite » del 2009 sono stati spesi 4.500 euro per pagare le borse di studio, 5 mila per coprire lo stipendio medico.
Emanuele FRANZOSO

lunedì 10 maggio 2010

Il canale uccide ancora

Sono saliti a 74 gli uomini e le donne scomparsi per sempre nelle
acque del canale idroelettrico dell’Enel. Storie comuni, famiglie
spezzate e in lacrime che chiedono giustizia, ma nonostante l’interessamento
di molti cittadini e politici la sensazione è che il problema
della messa in sicurezza delle sponde da San Mauro a San
Raffaele non troverà soluzione. L’ultimo caso martedì 27 aprile: i
Vigili del Fuoco hanno recuperato il corpo senza vita del sanmaurese
Bruno Simonetti, 47 anni, scomparso il 16 aprile. Sabato 10 aprile era morto nel canale un uomo di Gassino. Due vittime in pochissimi giorni.
Un anno fa tutta San Mauro aveva pianto per la scomparsa di
Dario Ghidini, morto nel tentativo disperato di salvare il suo
cane scivolato in acqua. Era il 20 marzo 2009. Da quel giorno sono state raccolte oltre 5 mila fi rme per la messa in sicurezza delle sponde: basterebbe una rete
oppure dispositivi di salvataggio lungo il percorso. Molti politici si
sono impegnati per lo stesso motivo a livello locale, provinciale e
regionale, addirittura amministratori di Comuni non attraversati
dal canale.
In questi giorni viene discussa un’interrogazione in consiglio
provinciale. Giovedì 15 aprile i sindaci di San Mauro, Castiglione,
Gassino e San Raffaele si sono riuniti per defi nire una strategia
d’azione. Presente anche il primo cittadino di San Mauro
Giacomo Coggiola, tra i primi a far sentire la propria voce dopo il
tragico episodio dell’anno scorso, che commenta così l’iter in
corso per l’intervento: «Rinuncerei volentieri all’ampliamento della
pista ciclabile prevista lungo il Po per devolvere quei soldi alla sicurezza
del canale, purtroppo però i finanziamenti per quell’opera
sono stati bloccati dal Governo e attualmente non possiamo
intervenire – afferma il sindaco – Quello che mi lascia perplesso
inoltre è la titubanza di altri amministratori, ma per quanto
riguarda San Mauro assicuro a tutti che questo intervento resta
una priorità».
Tra le strade ancora da percorrere c’è quella di recarsi direttamente
alla sede centrale di Enel Green Power, proprietaria del canale, a
Roma, e concordare un intervento che per i sanmauresi resta in
cima alla lista delle cose da fare. A giugno ci sarà il secondo concerto
in memoria di Dario Ghidini e come l’anno scorso l’augurio è
sempre lo stesso: mai più morti nel canale.

Emanuele FRANZOSO

sabato 8 maggio 2010

Tempo di missioni e integrazione

La Festa diocesana della Missione si è tenuta anche quest’anno (domenica 18 aprile) presso il Centro Laura Vicuna di Rivalta. L’invito era esteso a missionari, sacerdoti fidei donum e missionari laici, gruppi parrocchiali, associazioni internazionali, ma anche ai ragazzi partecipanti al Concorso Missionario diocesano ed alle loro famiglie. Si è riflettuto sulle sfide della «Missione nel mondo» con testimonianze e preghiere, e con la premiazione del Concorso.
A San Mauro le attività missionarie animano tutto il corso dell’anno. La recente Quaresima
di Fraternità ha consentito di raccogliere 6.095 euro per la costruzione di una nuova chiesa in Camerun. Nei prossimi giorni è prevista una «cena etnica», sabato 15 maggio alle 20 nel salone parrocchiale di Sambuy. Obiettivo: assaggiare piatti tipici di tanti paesi del mondo e regioni d’Italia, preparati da amici provenienti da varie aree geografi che, e trascorrere una serata in allegria, con vivaci momenti di folklore. Si potranno conoscere meglio popolazioni che sentiamo distanti, ma soprattutto ricordare chi vive nella sofferenza: l’offerta libera della cena verrà devoluta alle popolazioni colpite dai terremoti di Haiti e del Cile. Le iscrizioni alla cena devono
pervenire entro l’8 maggio via mail (babbo11@libero.it), telefono (329.1176709, don Claudio) o
presso gli uffi ci parrocchiali negli orari di ricevimento.
Luisa PILONE

mercoledì 5 maggio 2010

Applaudito ritorno dei "Tre Scalin"


Il gruppo teatrale sanmaurese «I tre scalin», dopo una pausa di circa un anno per problemi di salute di un componente, ha ripreso in pieno la sua attività il 20 marzo scorso. Trainato dal capocomico Silvano Manero, il gruppo è tornato ad offrire momenti rilassanti al pubblico di San Mauro: in occasione del nuovo «debutto» presso il Teatro Sant’Anna i visi dei presenti in sala hanno potuto allargarsi in tanti bei sorrisi. È andato inscena lo spettacolo «Monsù Giget», lo stesso che avrebbe dovutoessere presentato l’anno scorso,quando il gruppo interruppe le attività. Si racconta di uno dei tanti don Giovanni di paese, sul quale la gente mormora, facendo soffrire la fi glia… Alla fine tutto si conclude bene, come nelle fiabe.
Il Teatro Sant’Anna ha fatto registrare il tutto esaurito, sia perché i sanmauresi volevano essere in tanti ad accogliere il ritorno in scena di Silvano Manero, sia per il desiderio di evadere per una sera dai problemi della vita quotidiana. Il pubblico è riconoscente all’impegno che la compagnia pone nella preparazione dei testi e nella recitazione. Davvero «I tre scalin» hanno raggiunto un buon livello: potrebbe senz’altro allargare gli orizzonti anche oltre San Mauro.
Racconta Manero: «La compagnia nacque con tutti i crismi ufficiali nel 2008, ma esiste come gruppo d’amici dal marzo1988. Del gruppo iniziale siamo rimasti solo in tre: Carla Lucca, Lucia Guino e il sottoscritto. Si può dire che Lucia sia cresciuta con la compagnia, poiché era molto giovane quando iniziammo. Io prima del 1988 avevo recitato al Carignano, Carla Lucca al teatro di Bertolla, ma gli alti componenti erano tutti autodidatti. L’idea di formare un gruppo teatrale venne don Benito Luparia: accogliemmol’idea e da allora continuiamo a lavorare, ma soprattutto a divertirci, perché siamo noi quelli che si divertono per primi studiando mosse e battute, personalizzando il testo».
Luisa Pilone

martedì 4 maggio 2010

In mille alla Sindone

Un migliaio di sanmauresi in pellegrinaggio a Torino per contemplare la Sindone.
Trecento di loro hanno impiegato due ore di cammino percorrendo nove chilometri di strada: da San Mauro, appunto, fi no alla Cattedrale. Il ritrovo alle 7 del mattino di sabato 24 aprile in piazzale Europa. Il tempo di organizzarsi e poi tutti in cammino. Altrettanti pellegrini, soprattutto anziani, hanno raggiunto in pullman l’inizio del percorso allestito presso i Giardini Reali di Torino. Un ulteriore gruppo di 324 fedeli sanmauresi aveva già visitato il Sacro Telo la settimana precedente, sabato 17 aprile, sempre in pullman.



«Il pellegrinaggio a piedi è stato un’occasione per fare comunità e condividere in maniera più forte questa esperienza – dicono i parrocchiani – Il percorso era un pò lungo, ma in gruppo il tempo passa in fretta e non ci si accorge dei chilometri da percorrere ». È stata un’esperienza positiva, insomma, per i fedeli dell’Unità pastorale 29 che riunisce le parrocchie di San Mauro: sempre più abituate a collaborare fra loro. Tra i pellegrini a piedi c’era una ventina di giovani animatori, provenienti dalle quattro parrocchie, che hanno deciso di concludere così un’esperienza di «settimana comunitaria » presso la Casa dell’Immacolata, aderendo all’invito dei parroci don Ilario Corazza e don Claudio Furnari.





Insieme a loro, hanno camminato componenti di tanti gruppi parrocchiali: da quello missionario, al gruppo famiglie, ai catechisti e molti altri. Al di là del pellegrinaggio della scorsa settimana, sono cinquanta i volontari che da San Mauro raggiungono il Duomo di Torino durante la settimana per collaborare all’accoglienza di centinaia di migliaia di fedeli provenienti da tutto il mondo. Hanno incarichi diversi: c’è chi guida i fedeli lungo il percorso, chi sta all’ingresso centrale del Duomo, chi accompagna i disabili fi n sotto l’altare per contemplare il Telo… Uscendo dal Duomo sulla sinistra, in piazza San Giovanni, si trova il Museo Diocesano.

Molti sanmauresi non sanno che all’interno della sala dedicata al culto mariano, in mezzo a sculture ed ex-voto, c’è una statua presa «in prestito» dalla canonica di Santa Maria di Pulcherada. Si tratta di una statua di marmo orientale raffi gurante la Madonna col Bambino. È detta Madonna delle Grazie o del melograno perché raffi gura Maria intenta a porgere il frutto, simbolo di fecondità, a Gesù bambino. L’opera è databile intorno al 1300. Sulla sua superfi cie sono ancora visibili i segni di ornamenti andati perduti, probabilmente inserti metallici e pietre preziose. Stando alle indicazioni presenti in un documento dell’archivio parrocchiale risalente al 1677 risulta che la statua, come riportato anche sul libro intitolato «Santa Maria di Pulcherada» realizzato alcuni anni fa dall’Avis di San Mauro, «fu ritrovata in campagna sotterrata, e si giudicò che fosse perduta nell’occasione della battaglia di Cerisoli e l’ebbe la principessa Maria di Savoia (fi glia di Carlo Emanuele I e sorella della principessa Caterina di Savoia, fondatrice delle Figlie di Maria di Oropa); questa principessa, devotissima alla Madonna, pose la statua nella sua cappella privata a Roma... Dopo la sua mor- te, la statua insieme ad altri oggetti, quadri e suppellettili della cappella, fu rimessa all’Abate Giovanni Aghemio per essere riportata a Torino ed essere collocata in qualche chiesa per la devozione dei fedeli». La prima collocazione della statua fu una cappella fatta costruire dall’Abate Petrino Aghemio nel 1665 sul lato sinistro della chiesa e vi ri- mase sino al 1850, anno in cui durante i lavori di restauro venne trasferita nella casa parrocchiale.
Nel 1924, per volontà di mons. Davide Corino fu di nuovo esposta nella cappella del Sacro Cuore per poi essere conservata in casa parrocchiale, al riparo da possibili furti. Da quest’anno è esposta sotto il Duomo dove fa bella mostra nell’allestimento del museo diretto da don Luigi Cervellin, che fu parroco della Pulcherada a San Mauro. In questi giorni migliaia di fedeli possono ammirare l’antica opera esposta a pochi passi dal percorso di visita alla Sindone.

Emanuele FRANZOSO

domenica 2 maggio 2010

Icona del risorto

«È stato il più bel giorno della mia vita»: questo il commento di un bambino che sabato 17 aprile ha visto la Sindone con altri 300 ragazzi di San Mauro. È un commento che sorprende se si considera che abbiamo fatto più di due ore di coda, che abbiamo preso un po’ di pioggia e che, soprattutto, tornavamo dalla visita a un «lenzuolo» nel quale fu avvolto un uomo morto.
Forse, in questo caso, gli occhi del bambino hanno saputo vedere quelle verità nascoste che noi adulti cerchiamo continuamente nella nostra vita. La Sindone pone molte domande e, per chi si accosta con atteggiamento di fede, offre risposte. Ancora oggi sono presenti domande «scientifiche» sul come e quando si sia formata tale immagine, domande che riguardano l’identità dell’uomo della Sindone, domande che riguardano il senso della sofferenza, ma anche della pace che viene dal Volto.
Le risposte a queste domande vengono dal Vangelo che ci parla di Gesù Cristo e del suo amore per gli uomini. Se ascoltiamo questa parola, la croce, che prese Gesù vivo e lo restituì morto, viene completata dalla Sindone che ha preso Gesù morto e ce lo ha restituito risorto. Tutto questo ci dona speranza per affrontare le nostre diffi coltà e le nostre croci. Forse non siamo noi a fissare i particolari della Sindone ma è Gesù che ci fissa nel profondo del cuore. In questo incontro nasce la misericordia e il perdono.
In questo incontro scopriamo il nostro bisogno di eternità capace di scavalcare tutti i limiti della nostra esperienza umana. Possiamo ammettere che questa icona ci scombussola, rendendoci un po’ più vulnerabili nelle nostre certezze. Non conosciamo tutto, non sappiamo tutto, non siamo in grado di badare completamente a noi stessi con le sole nostre forze e soprattutto non sappiamo amare al massimo, ma solo in parte, perché amare totalmente e sacrificarsi per la persona amata è da Dio.
Anche questo dobbiamo imparare, e la Sindone ce lo ricorda.
don Ilario e don Claudio

giovedì 29 aprile 2010

Al seguente collegamento potete trovare il blog precedente con l'archivio degli articoli usciti fino al 2009: testadangolo.myblog.it
A partire dal 2 maggio il nuovo BLOG (che è quello che state leggendo) sarà operativo quasi al 100%.

Continuate a seguirci per scoprire tutte le novità!!!

lunedì 26 aprile 2010

In cammino verso la Sindone

In attesa dell'uscita di Testata d'Angolo insieme alla Voce del Popolo del 2 maggio 2010 con il reportage del pellegrinaggio alla Sindone e altri servizi dalle parrocchie e da San Mauro le prime foto della camminata verso il duomo di sabato 24 aprile sono già disponibili al link:
http://picasaweb.google.com/testatadangolo/Sindone2010#

mercoledì 10 marzo 2010

Giovani in ritiro in Val D'Aosta

Un fine settimana in monastero a 1350 metri. È l'esperienza vissuta da un gruppo di giovani delle parrocchie di San Mauro, sabato 6 e domenica 7 marzo a Saint Oyen tra Aosta e il valico del Gran San Bernardo. Amedeo, Matteo, Max, Paolo, Emanuele, Alberto, Stefano, Claudio, Giulia, Chiara, Claudia, Maria Elena, Carolina, Elisa, Irene, Generose, Stefania, Maria Teresa, Grazia, e Liliana. Hanno scelto di trascorrere due giorni intensi di preghiera, riflessione e silenzio pernottando nell'ex fortino di Chateau Verdun, dal quale è stata ricavata una casa accoglienza, e condividendo i momenti di preghiera con le monache benedettine. Le hanno viste più volte nei due giorni attraverso le grate dentro la cappellina adiacente i l monastero e hanno avuto anche la possibilità di incontrare una loro rappresentante e porle alcune domande. Trattandosi di monache di clausura, è stato un episodio insolito. Si tratta di religiose contemplative che seguono la regola di San Benedetto e il motto "Ora et labora" e non hanno quasi nessun contatto con la vita al di fuori del monastero. Conducono una vita semplice e scandita dai momenti di preghiera accompagnati dai canti gregoriani.
Quello che non manca sono le vocazioni. Ogni anno, infatti, si aggiungono sempre nuove conosrelle all'ordine delle monache benedettine. Per una quarantina di ore, il gruppo di sanmauresi ha conosciuto e sperimentato uno stile di vita molto radicale e caratterizzato dalla ricerca della piena unione con Dio.

mercoledì 24 febbraio 2010

Difficile crescere se la famiglia non c'è

Viviamo nella società delle libertà individuali: ognuno deve cercareciò che è bene per lui; ognuno deve realizzarsi come meglio crede e riesce. In casa i figli sono abituati alla contrattazione e alla negoziazione continua; i bambini sono spinti ad avere gusti e desideri autonomi (per esempio atavola, nel vestire e negli acquisti). Le virtù familiari non sono più,quindi, l’obbedienza, la docilità, la subordinazione. Emergono altri valori come il rispetto, la reciproca stima e considerazione, il dialogo e, soprattutto, lo scambio affettivo.

Nessun genitore, d’altra parte, desidererebbe oggi essere obbedito per timore. Si attende di essere obbedito per amore. L’«obbedienza per amore» è uno strano paradosso, se applicato allefaccende umane: non per nulla, la frase per lo più è riferita al rapportodel credente con «le cosedi Dio». Oggi, comunque, nonprevale l’obbedienza per amorequanto piuttosto la fi ne dell’obbedienza. L’affetto genitoriale, così come oggi è vissuto, non sembraessere in grado di convincere circa l’obbedienza. I figli, bambini o adolescenti, non possono essere considerati personegià autonome. In realtà, finché rimangono in casa, non sono né indipendenti né pienamente autonomi.L’educazione è indispensabile per la loro maturazione personale,per sostenere il processodella costruzione della loro fragile identità.

Oggi, poi, si aggiunge una condizione nuova, diversa dal passato: lasocietà delle libertà, la possibilità di fare tante cose e di sognare unavita piena di opportunità, comportauno stress e produce una fatica del vivere sconosciuta alle generazioni precedenti. Le nuove generazioni appaiono, così, spesso,svogliate, demotivate, particolarmente restie all’obbedienza. Per attuare in pratica ciò che pure, in astratto, si considera buono egiusto non basta saperlo, ci vuole anche la «buona volontà». Nonsono, quindi, sufficienti le raccomandazioni,i consigli, le spiegazioni.Neppure il dialogo puòessere suffi ciente.

Eppure la base umana della libertà è proprio la capacità di volere.Questa non può essere «appresa»né, meno ancora, data per scontata.Essa è in parte il frutto di autodeterminazionee, in parte, è ilrisultato del riconoscimento cheviene dei legami umani riusciti:una buona vita familiare, esperienzecostruttive a scuola, (in parrocchia)e con gli amici, stili di vitaadeguati. Qui si pone il contributoessenziale della vita familiare e deirapporti umani determinanti. Lepersone sono quelle che sono grazieal valore delle persone incontrate:i genitori che hanno e hannoavuto, gli amici, i testimoni…Nelle relazioni vitali familiari,soprattutto, sono poste le basi di ogni ulteriore conquista; si crea ilterreno in cui la volontà immerge le sue radici, si fondano le misteriosecondizioni della volontàlibera. Per questo si educa anche e soprattutto amando e non soloinsegnando e, per questo, l’amore non può solo essere affetto (codice materno) è anche regole di vita (codice paterno). L’essere madri ed essere padri non sono più, oggi, ruoli rigidamentelegati al genere, ma spazi educativiche presuppongono un’intesa familiare da costruire e sosteneresenza sosta. Un buon rapportofamigliare, capace di comporre in armonia l’uguaglianza delle personee la diversità dei ruoli, diventail più impegnativo investimento di creatività, d’intelligenza e disensibilità degli adulti di oggi.Le Scuole dei genitori sono laboratoriin cui nascono e si sperimentanonuovi modelli di genitorialità,nuove reciprocità tra isessi e le generazioni. In rispostaalla società degli «individui», senzalegami e senza appartenenze, igenitori organizzati rivendicanoun ruolo attivo e consapevolenell’educazione dei figli.

La formazione dei genitori è ancheuna «fabbrica delle idee» dovesi studiano e si comprendono imutamenti in atto nella società.L’individualismo lancia una sfi dache sembra avere tutte le premesseper risultare vincente: scioglieretutti i legami, illudere i singolicirca la loro libertà individuale,fermare il tempo al presente per aumentarne il godimento, interromperela catena vitale tra legenerazioni perché chi può (gli adulti) accumuli tutti i vantaggia discapito di chi non può (i bambini) o ancora non è. Il risultato è duplice: la distruzione della speranza e un cumulo enorme di sofferenza affettiva nella forma della solitudine. Nonostante la cultura dominante si sforzi di dimostrareil contrario, il caratteregenerativo della famiglia non puòessere adombrato. Dunque: «Hobisogno della famiglia per diventare libero».

don Domenico CRAVERO

domenica 21 febbraio 2010

Un pomeriggio al Sermig


Sabato 20 febbraio, un gruppo di ragazzi di III media delle nostre parrocchie (e i loro animatori) è stato al Sermig, all'arsenale della pace di Torino.

E' stato un pomeriggio di sole stupendo, caloroso sia per il sole, sia per gli incontri che abbiamo avuto. Giunti al Sermig in autobus, siamo stati accolti da Sara, una ragazza che da tre anni vive nella comunità di giovani che vivono stabilmente all'Arsenale della Pace, avendo scelto di dedicare la propria vita agli altri.

Il cortile dell'arsenale (che costruì armi per le due guerre mondiali e poi fu abbandonato sul finire del secondo conflitto dopo il crollo di una parte del soffitto) era pieno di casse pronte per l'imbarco; cibo, medicine e beni di prima necessità devono essere spediti ad Haiti alla fine della prossima settimana e il tempo stringe. La voglia di lavorare e gli aiuti però non mancano, e le facce sorridenti dei giovani dimostrano che c'è voglia di fare qualcosa.

Sara sorride e ci parla, ed è entusiasta. Prima ci farà fare un giro per l'arsenale e ci spiegherà le varie parti; poi faremo anche noi un po' di servizio, quello che servirà. Visitiamo prima la chiesetta, poi l'accoglienza, l'ambulatorio e i magazzini. Ogni cosa al Sermig è resa possibile dai volontari; chi può dà qualcosa del suo tempo, professionisti e non hanno portato qualcosa di sè in queste mura ed hanno reso possibile questo miracolo: "E' una meraviglia; noi stessi non ci rendiamo conto della bellezza che abbiamo costruito insieme"; "da un gruppo di giovani che si era dato un compito semplice, il sogno di sconfiggere la fame del mondo, questo progetto è cresciuto, si è dotato di una sede, una casa, e guardandosi intorno è nata prima la comunità, poi l'accoglienza, poi l'ambulatorio, poi chissà che cosa verrà fuori".

Il concetto principale su cui ruota il forte senso di bellissima spiritualità e grande solidarietà del Sermig è la restituzione: ognuno di noi ha ottenuto un dono, un talento, una capacità ed ha avuto dei fratelli vicini e lontani da sostenere; con la restituzione ognuno può rendere agli altri quello che ha e non "stare a guardare la propria mattonella".

Il Sermig è rivolto in particolare ai giovani; senza retorica, sono loro che pur nella povertà a cui sono relegati dal "pensiero comune", possono avere la forza e l'entusiasmo di portare cambiamento. Terminato il giro, insieme ad altri ragazzi abbiamo preparato le scatole (riempiendole con pasta, riso, medicinali, olio e prodotti per i bambini) e i pancali da spedire ad Haiti; tutto è ben organizzato ed è il lavoro e il contributo di tutti a permettere davvero di poter dare qualcosa agli altri.

Inutile dire che è stato un pomeriggio luminoso: luce dal sole, e un po' più di luce dentro di noi, come quando si incontrano o si vivono esperienze speciali. Insomma, se non l'avete ancora fatto scoprite il Sermig e le sue varie iniziative. Durante le giornata potete anche voi dare la vostra "restituzione" con qualche ora di volontariato, oppure vivere momenti di preghiera e riflessione ogni martedì sera.

Per i giovani è poi dedicato "il Mondiale dei giovani per la pace" questo 28 agosto; ma forse meriterebbe un post a parte

Link
http://www.mondialedeigiovani.org/

http://www.sermig.org

sabato 20 febbraio 2010

"Perchè vendere quei terreni"


Dal sindaco Giacomo Coggiola riceviamo e volentieri pubblichiamo questointervento sul programma comunale di vendita di alcuni terreni nell’areaurbana di San Mauro.

Ritengo doveroso fare chiarezza intorno ad un’iniziativa su cuisono state dette e scritte troppe parole anche false e tendenziose, al fine di fornire le dovute precisazioni in merito all’articolo pubblicato sul presente giornale lo scorso 6 dicembre, relativo all’asta pubblica indetta dall’Amministrazionedi San Mauro per l’alienazione di alcune aree comunali. Per fare questo è innanzitutto necessario capire il contesto che haindirizzato le nostre scelte.

Questa Amministrazione ha dasempre adottato una politica dimassimo contenimento dellapressione tributaria, caratterizzatadalla riduzione al minimo delle spese discrezionali, pur mantenendo un elevato standardqualitativo dei servizi erogati,gestendoli direttamente. Bastipensare che San Mauro è annoveratotra i Comuni «virtuosi» che negli anni passati hanno semprerispettato il patto di stabilità. Ma è noto che questo è un periodo digrande difficoltà per buona parte dei Comuni italiani ed anche ilnostro sta attraversando una fasedi crisi economica, dovuta, da un lato, al mancato introito di partedell’Ici sulla prima casa, dall’altro ad un significativo incremento delle spese obbligatorie (bollette utenze luce, gas, etc.). Se a questa situazione, già di per sé critica, si aggiunge l’onere di ottemperare alle nuove regole imposte dal Governo per il rispetto del «patto di stabilità» interno, ne consegue che i Comuni si trovano obbligatia ricorrere a provvedimenti che talvolta possono risultare impopolari, quali il blocco dei pagamenti a fornitori e imprese e il ricorso alle alienazioni e valorizzazioni immobiliari.

È in quest’ottica che la nostraAmministrazione ha svolto un’attentaindagine per individuare alcune aree, già destinate a verde eservizi e tuttora incolte e prive diqualsivoglia struttura, da valorizzareed alienare. Tra le altre, sonostate individuate le aree di via Astie via Musinet, che, secondo l’attuale Piano Regolatore Generale Comunale, sono destinate a verde e servizi, ciò signifi ca che possonoospitare non soltanto aree verdi ogiardini pubblici, ma anche strutturevarie (sportive, ricreative, scolastiche). Alcuni anni fa, infatti,la nostra Amministrazione aveva vagliato la possibilità di realizzarein via Asti una sorta di Palazzetto dello Sport: ipotesi che fu bocciata, poiché ritenuta non idonea con la conformazione delle strutture presenti in zona.Vorrei precisare che nelle aree suddette non verranno costruiti dei palazzi, ma case dell’altezza massima di due piani (tipo villette a schiera), con contestuale realizzazionedi giardini, parcheggi,etc., che valorizzeranno ulteriormentela zona.

Quanto alla tutela delle aree verdi, posso confermare che il nostro Comune dispone di un «surplus»di superficie destinata a verde pubblico e servizi di oltre 346.000mq. rispetto alla dotazione previstadalla Legge: ne consegueche le aree poste in vendita, la cui superficie complessiva è pari a circa 8.800 mq., rappresentano una percentuale molto bassa del verde pubblico disponibile (parial 2,67%). Va inoltre ricordato che l’introito derivante dalla vendita delle aree in questione concorre a garantire il rispetto del «patto di stabilità»,evitando così di incorrere nelle pesanti sanzioni che la Legge pone a carico dei Comuni inadempienti, quali: la riduzione dei trasferimenti ordinari provenienti dal Ministero dell’Interno, la limitazione degli impegni di spesa corrente (che comporterebbe dei tagli a discapito di alcuni importanti servizi comunali), il divietodi assunzione di mutui per la realizzazione di opere pubbliche e/o di manutenzione straordinariae il divieto di assunzione di personale. L’utilizzo di tale introito è destinato esclusivamente al finanziamento di future opere pubbliche di prioritaria importanza,con una ricaduta positiva sul patrimonio comunale.Per la vendita delle aree si è adottato il metodo dell’asta pubblica, quindi aperta a tutti nel segno della massima trasparenza.

In relazione all’articolo apparso suquesto giornale, si precisa che l’architetto Bruno Olivero, che ha partecipato a queste aste quale titolare della società Pranovasrl, non ha mai ricoperto alcuna carica di Assessore nella nostraGiunta Comunale. A seguito del ricorso presentato da alcuni cittadini, il Tar Piemonte ha annullato la delibera comunale per l’alienazione delle aree divia Musinet e via Asti. In relazione a questa sentenza del Tar, va precisato che la delibera adottata dal Consiglio Comunale non faceva riferimento alla Legge Regionale, ma all’art. 58della Legge dello Stato del 6 agosto2008: Legge che aveva valorecome variante urbanistica. Allo stato attuale, dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale che ha modifi catol’articolo 58 della suddetta Leggestatale, l’Amministrazione Comunaleintende procedere all’approvazionedi un nuovo pianodi valorizzazione ed alienazione, adottando la procedura indicatadalla Legge Regionale n. 1/2007,al fine di continuare a perseguire obiettivi di primaria rilevanza per l’interesse generale del Comune.

Giacomo COGGIOLA
Sindaco di San Mauro Torinese

venerdì 19 febbraio 2010

"Greta e la Nuvola"


Un ottimo successo di pubblico ha accompagnato, mercoledì 20 gennaio, il debutto dello spettacolo per musica e parole «Greta e la nuvola» al teatro Gobetti di San Mauro Torinese.

Legato all’omonimo progetto di solidarietà, inaugurato lo scorso dicembre con la pubblicazione di un librocd (Lazzaretti editore), lo show, patrocinato dal comune di San Mauro e promosso dall’associazione locale Europa 2000, è stato curato dal gruppo torinese Gretaelanuvola e dalla giovane attrice Marlen Pizzo. Da tale sodalizio artistico, ha avuto origine un’opera teatrale-musicale in grado di conquistare sia il pubblico adulto sia quello più giovane. Questo grazie alla delicatezza degli arrangiamenti, alle colorate scenografie (realizzate dai bambini della scuola materna Il Grillo di Torino), alla forte componente evocativa delle parti recitate e, naturalmente, alla musica e alla bravura dei musicisti.

I Gretaelanuvola – Leonardo Laviano, Umberto Poli, Jacopo Tomatis, Flavio Rubatto, Alan Brunetta – non solo si sono cimentati nell’utilizzo di strumenti reali, oggetti di uso comune e giocattoli, ma hanno anche dato vita a brani di grande impatto emotivo. Canzoni come Marie, Deserto, Il signifi - cato del mare, Disegno un albero, Mongolfi era, Stella del tramonto, Il bastone della pioggia racchiu- dono al proprio interno la sapienza della migliore tradizione musicale italiana: da Fabrizio De Andrè a Gianmaria Testa, a Vinicio Capossela. Ma si tratta anche di composizioni che riflettono la geniale ed eccentrica impronta di artisti come Tom Waits (quello di Swordfi shtrombones, per intenderci), Eels, Grinderman e Nick Cave & The Bad Seeds.

Nel corso della serata di mercoledì, oltre al sold out del teatro, è stato registrato un altro importante risultato: la vendita di ben sessanta copie del libro-cd, il cui ricavato in parte sarà devoluto al centro Il Puzzle di Torino. Per chi non avesse potuto assistere alla prima data uffi ciale dello spettacolo, le repliche non mancheranno. La band tornerà in scena domenica 21 febbraio presso la sala incontri Carena di Cumiana, in provincia di Torino, e sabato 8 maggio a San Mauro in occasione della festa dell’Avis. Entrambi gli appuntamenti sono ad ingresso gratuito e iniziano alle 21. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito www.gretaelanuvola.com.