domenica 2 maggio 2010

Icona del risorto

«È stato il più bel giorno della mia vita»: questo il commento di un bambino che sabato 17 aprile ha visto la Sindone con altri 300 ragazzi di San Mauro. È un commento che sorprende se si considera che abbiamo fatto più di due ore di coda, che abbiamo preso un po’ di pioggia e che, soprattutto, tornavamo dalla visita a un «lenzuolo» nel quale fu avvolto un uomo morto.
Forse, in questo caso, gli occhi del bambino hanno saputo vedere quelle verità nascoste che noi adulti cerchiamo continuamente nella nostra vita. La Sindone pone molte domande e, per chi si accosta con atteggiamento di fede, offre risposte. Ancora oggi sono presenti domande «scientifiche» sul come e quando si sia formata tale immagine, domande che riguardano l’identità dell’uomo della Sindone, domande che riguardano il senso della sofferenza, ma anche della pace che viene dal Volto.
Le risposte a queste domande vengono dal Vangelo che ci parla di Gesù Cristo e del suo amore per gli uomini. Se ascoltiamo questa parola, la croce, che prese Gesù vivo e lo restituì morto, viene completata dalla Sindone che ha preso Gesù morto e ce lo ha restituito risorto. Tutto questo ci dona speranza per affrontare le nostre diffi coltà e le nostre croci. Forse non siamo noi a fissare i particolari della Sindone ma è Gesù che ci fissa nel profondo del cuore. In questo incontro nasce la misericordia e il perdono.
In questo incontro scopriamo il nostro bisogno di eternità capace di scavalcare tutti i limiti della nostra esperienza umana. Possiamo ammettere che questa icona ci scombussola, rendendoci un po’ più vulnerabili nelle nostre certezze. Non conosciamo tutto, non sappiamo tutto, non siamo in grado di badare completamente a noi stessi con le sole nostre forze e soprattutto non sappiamo amare al massimo, ma solo in parte, perché amare totalmente e sacrificarsi per la persona amata è da Dio.
Anche questo dobbiamo imparare, e la Sindone ce lo ricorda.
don Ilario e don Claudio

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