giovedì 13 settembre 2012

Pulcherada, prove di turismo

Turismo a San Mauro: domenica 26 maggio si è tenuta una visita guidata gratuita all’antico borgo di Pulcherada. Ginevra Debrevi (architetto) e Claudio Cericola (restauratore del legno) hanno accompagnato con efficacia 150 persone, non solo di San Mauro, in un viaggio alla scoperta delle origini della nostra cittadina, fin dove i documenti storici ci consentono di risalire. I partecipanti hanno scoperto innanzi tutto che anticamente, per accedere al borgo, esisteva una porta, corrispondente all’attuale arco tra la chiesa e la casa parrocchiale. Intorno c’era molto spazio libero: la strada era collocata più in basso, quella attuale risale al periodo napoleonico. C’era un palazzo abbaziale, poi divenuto municipio, e c’era una foresteria che si trasformò in casa parrocchiale. Nel borgo governato da un abate commendatario vivevano nel XVI 450 persone. Le giovani guide turistiche hanno accompagnato il pubblico nell’antica e nella nuova sacrestia con la galleria espositiva degli ex voto. Hanno mostrato la chiesetta della Madonnina, anche detta «Madonna del Manto», nell’attuale cortile dell’oratorio, costruita nel 1745 sulle fondamenta di una chiesa precedente. Nei suoi tre vani vennero trovate sepolture umane, fra cui quella di una bambina neonata, ancora collocata nella sua culla, che mons Davide Corino fece traslare al cimitero con processione solenne. A mons Corino vanno molti meriti, uno dei quali è l’aver scoperto l’affresco del «Battesimo di Gesù» collocato accanto all’ingresso della parrocchia, l’avere reso più preziosi gli interni della stessa e l’aver tradotto dal latino l’atto d’investitura, risalente al 4 ottobre 1430, fra l’abate Giovanni e lo scudiero Balbo Bertone di Chieri, riguardante il feudo di Sambuy, mantenuto fino ai nostri giorni. Alla giornata di visita guidata ha partecipato Luigi Forchini, restauratore del legno e fondatore dell’Accademia di San Grato insieme ad Orazio Geraci. Dal momento che l’esperienza ha raccolto molto favore, si spera che possa ripetersi Luisa PILONE Tappe storiche Anno 991 Un documento attesta la presenza dell’abbazia nel territorio del Monferrato. Essendo in condizione di degrado, il marchese del Monferrato ne decise il restauro, per conquistarsi «meriti in Cielo» in vista dell’anno 1000. Anno 1418 Decade il nome di Pulcherada e compare quello di San Mauro.
Anno 1665 Nell’abbazia viene eliminato il tetto a cassettoni e si passa da tre ad una sola navata. Anno 1803 Santa Maria di Pulcherada diviene parrocchia.

Casa San Giuseppe, Cottolengo conferma

Il Cottolengo ha concesso per altri vent’anni al Comune di San Mauro la gestione della Casa di riposo San Giuseppe (via IV Novembre). È una notizia importante, cui si è aggiunto recentemente un altro annuncio: l’istituto fondato da mons Davide Corino nel 1916, storica espressione dell’impegno delle parrocchie, sarà presto ampliato. Lo dichiara Antonio Russo, direttore del Consorzio per i servizi socio-assistenziali Cisa. «Attualmente ospitiamo 29 persone anziane – spiega Russo – Prevediamo un ampliamento di 10 posti letto: un progetto già presentato e concordato con la proprietà». Il Cottolengo ha concesso l’edificio in comodato d’uso in convenzione tra Comune di San Mauro e il Consorzio dei servizi socio-assistenziali Cisa. Quest’ultimo ne ha affidato la gestione, attraverso una gara d’appalto, alla cooperativa accreditata «Il Margine». Si tratta del secondo mandato di gestione per la San Giuseppe, dopo quello che l’ha impegnata dal 2006 ad oggi.
«Ritorna alla comunità ciò che è nato dalla comunità – commenta Stefano Armellino, ex amministratore delegato della cooperativa San Giuseppe che per anni ha gestito la struttura – La speranza è che la popolazione s’impegni, attraverso la pubblica amministrazione, a mantenere attiva questa casa di riposo, una vera risorsa per tutti», dove ogni sabato pomeriggio i padri somaschi celebrano Messa alle 16.30. Per alcuni anni a partire dalla sua fondazione, le suore del Cottolengo vi aprirono anche una sezione scolastica distaccata con le classi quarta e quinta elementare, gratuite per la popolazione, quando a San Mauro le scuole pubbliche coprivano soltanto i primi tre anni. A metà degli anni Settanta sopraggiunsero difficoltà e il Cottolengo informò più volte il Comune sull’impossibilità di proseguire nella gestione della Casa per la quale si avvaleva di personale religioso. «Fu così che nel 1975 per ristrutturare la Casa e permetterne la migliore utilizzazione fu costituito un comitato spontaneo, promosso dai parroci don Nicolino Rocchietti e don Luigi Caramellino, con l’interessamento del dottor Giuseppe Scippa – ricorda il geometra Armellino Furono anni difficili ma di grandi soddisfazioni e i lavori furono completati con l’intervento finale del Cottolengo. Determinante fu l’assunzione di impegni finanziari del geometra Leonardo Ferreri e della signora Franca Rudà Tonjolo nonché, a seguito, di tutta la popolazione». Ottenere finanziamenti in quegli anni non era un grosso problema, ma la gestione della casa di riposo non è stata sempre facile: «ci attivammo – ricorda Armellino anche per chiedere un aiuto a Specchio dei Tempi e lo ottenemmo». Durante l’ultima Visita pastorale a San Mauro, nel mese di gennaio 2012, l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia è stato ospite della struttura di via IV Novembre dove ha trascorso alcune ore in compagnia degli ospiti e del personale della Casa tra ricordi e canti. Emanuele FRANZOSO

Funziona il Comando unificato?

È tempo di primi bilanci per il Comando unificato di tutte le Polizie municipali dei Comuni che sono entrati a far parte, con le rispettive amministrazioni, all’Unione dei Comuni, organismo sovracomunale, con tanto di consiglio, cui ha scelto di aderire anche il Comune di San Mauro. A partire dallo scorso mese di marzo, con una decisone di carattere e di portata «storica», gli enti che hanno aderito all’Unione dei Comuni, per razionalizzare ma anche gestire al meglio le risorse legate alle varie polizie municipali, hanno dato vita al Comando unificato della Polizia Municipale di Net, con sede a Settimo sotto la direzione di Sergio Zaccaria, ex maresciallo dei Carabinieri di Caselle e comandante della Protezione civile del Comune di Torino. Settimo, Caselle, Borgaro, San Mauro, Volpiano e San Benigno: questi i Comuni che hanno scelto di unificare i rispettivi organismi di polizia municipale che, da allora, rispondono ad un unico numero di pronto intervento. «Nei primi 100 giorni la nuova centrale operativa ha ricevuto circa 10 mila chiamate – comunicano i vertici della polizia di Net – gli interventi sul territorio sono stati invece circa 1.300. L’unificazione delle Polizie municipali dei singoli Comuni ha portato ad avere un comando dell’Unione che conta un organico complessivo di più di cento agenti ed oltre una quarantina di mezzi». È stato possibile realizzare sul territorio dell’Unione il servizio serale e notturno, grazie alla presenza di pattuglie miste. «Ovviamente si è ancora in una fase di rodaggio – spiegano dal comando unificato – Nei prossimi mesi bisognerà lavorare ulteriormente nella direzione di migliorare sempre più il servizio. Intanto nei primi centro giorni di servizio si sono fatte molte cose». Prima le Polizie municipali dei sei Comuni non usavano lo stesso sistema radio, ora anche questo problema è stato risolto. Nel prossimo futuro c’è l’idea di far nascere il primo servizio specialistico della Polizia dell’Unione. Un’unità dedicata appositamente all’infortunistica statale, attraverso un team di agenti formato per questo tipo di interventi, grazie anche all’acquisto di una unità mobile idonea. Ma non tutto è commentato positivamente dalla popolazione. In alcuni comuni si levano proteste di cittadini e forze politiche secondo cui l’unificazione delle varie polizie non ha portato vantaggi, anzi forse svantaggi. Le lamentele più pressanti si levano a San Mauro. Proteste tradotte in una petizione cittadina per mantenere l’ufficio dei Vigili urbani a San Mauro (dal 1° luglio quelli locali sono chiusi). Qualche lamentela in tal senso si è levata anche dal Consiglio comunale di Caselle, per un analogo problema: con la chiusura degli uffici aperti al pubblico, le multe dovranno essere pagate o via posta, come già accade, o direttamente presso la nuova struttura del comando unificato con sede a Settimo. Il sindaco di San Mauro Ugo Dallolio ha cercato di placare gli animi, ricordando che lo sportello informativo è stato mantenuto e consente sempre ai cittadini di comunicare con i vigili. Per tutto il resto bisognerà in effetti fare capo al Comando di Settimo. La petizione popolare non ha scalfito i progetti legati al Comando unificato. «Qualche malumore per i cambiamenti era inevitabile – concludono dal Comando settimese – ma i piccoli Comuni devono riflettere: non hanno personale sufficiente ad operare autonomamente, non potrebbero permettersi pattuglie serali e notturne. Ora le pattuglie ci sono, su tutto il territorio dell’Unione dei Comuni, e non ci sembra poco in termini di sicurezza dei cittadini». Davide AIMONETTO

Una lezione molto attuale

La storia del ponte vecchio di san mauro è stata raccolta, in occasione del centenario, nel libretto agiografico «Ël nòstr Pont ansima al Po’» a cura di Renzo Masiero (ed. Presadiretta, Torino 2012, 100 pagine, 15 euro). delle situazioni e dei personaggi dei quali parla questo volumetto alcuni mi hanno particolarmente colpito, anche per la loro attualità. intanto la figura di colui che lo volle con tanta determinazione, il sindaco Giovanni Mochino. Dell’uomo si sa molto poco se non che, par di capire, alternasse la sua attività di contadino a quella di sindaco. Persona semplice, capace di visioni grandiose, ma con i piedi piantati per terra, abile ad attirare consensi molto ampi e deciso nel perseguire un obiettivo che avrebbe cambiato l’economia di san mauro. È un modello di politica che può essere capito dalla gente non solo di allora: non contro qualcuno o qualcosa, ma aggregante attorno agli interessi pratici di intere comunità e per lui parlano i consensi raccolti e la realizzazione dell’opera. il secondo elemento è la comunità della san mauro di allora. aveva la convinzione che non tutto fosse dovuto. il ponte lo sentiva davvero suo e il consenso si traduceva nel mettere mano al portafoglio. dalle famiglie più ricche, che evidentemente potevano trarre un profitto economico più immediato, alle persone più modeste, passando anche per il parroco don Felice melica. i soggetti finanziatori furono dunque lo stato, il comune di san mauro e i cittadini in proprio, che si impegnarono anche davanti al notaio, sapendo mantenere gli impegni presi. non sarebbe un gran male se ci sentissimo eredi di tanto senso di responsabilità. Roberto PORRATI

Giovanissimi orticoltori

All’imbocco (lato Oltrepo) del centenario Ponte Vecchio è visibile dallo scorso 5 giugno un orto di erbe aromatiche che gli alunni della scuola elementare Giorgio Catti coltivano nell’ambito dell’ormai noto progetto di Slow Food «Orti in condotta». Già centinaia i bambini e le bambine coinvolte nell’allestimento di orti scolastici nella nostra città. Quello presso il Ponte è coordinato da cinque nonni volontari: Sergio Gilardi, Maria Rossetto, Antonio Di Giorgio, Luigi Antonetto e Luigi Avataneo. (e.f.)

Inchiesta su edilizia

Le Commissioni speciali d’inchiesta sull’Urbanistica, istituite dal Consiglio regionale del Piemonte, proseguiranno fino a dicembre 2012. I lavori, che avrebbero dovuto terminare a metà giugno, si concentrano su San Mauro e altri 9 comuni scelti a campione (Moncalieri, Nichelino, Chivasso, Rivarolo Canavese, Orbassano, Cuorgnè, Leinì, Ivrea e Ciriè). Molti cittadini in questi anni si sono espressi contro la moltiplicazione dei cantieri edilizi, anche ricorrendo al Tar. Lo scorso 9 luglio, nell’ambito dell’inchiesta della Commissione regionale, sono stati ascoltati il nuovo sindaco Ugo Dallolio e l’ingegnere comunale Matteo Tricarico. (e.f.)

Al centro della Chiesa c’è la regola dell’Amore

Nello scorso numero di «Testata d’Angolo» ho scritto della Chiesa missionaria e alcuni mi hanno avvicinato per dirmi quanto la Chiesa, secondo loro, sarebbe più vicina alla gente, e anche più appetibile, se fosse più «democratica», cioè assumesse le decisioni a maggioranza, perché questa è l’essenza della democrazia. Premesso che quando si perde il bene della democrazia accadono sempre cose piuttosto brutte (si pensi alle dittature di ogni tempo e luogo), siamo poi così sicuri che in democrazia governi davvero la maggioranza? Facciamo l’esempio degli Stati Uniti, la più importante democrazia del mondo. Alle elezioni presidenziali partecipa circa il 60% degli aventi diritto (che non sono la totalità dei cittadini maggiorenni); il Presidente viene eletto dalla maggioranza dei votanti e questo significa che viene eletto dal 20/25% degli aventi diritto. Si tratta di una minoranza abbastanza evidente.
Un partito che raggiunga il 30% dei consensi si gonfia il petto, dimenticando che gli è contrario il restante 70%. La competizione elettorale, poi, comporta soprattutto il confronto tra posizioni diverse. In politica questo si traduce con il coagularsi delle posizioni su diversi partiti che, per loro natura, difendono gli interessi di una «parte». Si può allora dire che la democrazia per sua natura contempli la divisione. La democrazia è certamente un valore nella società contemporanea, ma potremmo anche dire che in fondo è il male minore rispetto ad altre forme che non consentono alcun tipo di partecipazione. Abbiamo davvero bisogno di questo nella Chiesa? Facciamo l’esempio di un Consiglio pastorale parrocchiale che si muova con questa logica. Il parroco presenta una sua proposta e la mette ai voti. Intorno alla proposta si coagula il gruppo del parroco, ci mancherebbe altro, al quale si contrapporrebbe un altro gruppo più o meno esplicitamente contrario. Nella terra di mezzo i soliti che si barcamenano. Presa la decisione i contrari resterebbero tali e si sentirebbero legittimati a difendere le loro posizioni davanti alla comunità. Il risultato è una maggiore corresponsabilità o una maggiore e conclamata divisione? Si potrebbe obiettare che le cose non vanno certamente meglio se le decisioni sono prese dal parroco soltanto e sono indiscutibili. Vero, ed è sicuramente successo un’infinità di volte, ma la Chiesa è questo? La Chiesa nella sua essenza, a questo proposito, è segnata dalle correnti culturali del tempo o ha qualcosa che la distingue da ogni altra organizzazione umana, la pone per così dire fuori da questa logica e la rende unica? La Chiesa non è semplicemente una comunità; se così fosse sarebbe sì un popolo che fa riferimento a Dio, ma seguirebbe logiche soltanto umane. La Chiesa è una comunità che ha la presenza, reale e costante, di Cristo e questo la sottopone esclusivamente alla legge di Dio, che è sostanzialmente l’amore. La prima cosa da sottolineare è che Cristo vive nella sua Chiesa sotto la specie sacramentale, ma non soltanto, basti pensare a quel «dove due o più si riuniscono nel mio nome là io sono». Allora si tratta di capire come si deve vivere l’amore nella Chiesa. Si tratta, meglio, di capire che cosa Cristo propone alla società umana quando chiede di configurare la vita alle leggi dell’amore, che vuol dire, sostanzialmente, ai due insegnamenti fondamentali «Ama il prossimo tuo come te stesso» e «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». Senza entrare nello specifico di questi due insegnamenti, cerchiamo di capire che cosa comporta nella pratica amare nella Chiesa. Se Cristo è presente nella sua Chiesa, lo è sempre, non soltanto nella Messa, ma anche nelle riunioni. Ritorniamo allora al nostro Consiglio parrocchiale. Quando è riunito cominciamo a pensare a Gesù concretamente tra i presenti: il clima cambia. Chi ha il compito di proporre sa che, qualunque sia il tema, la sua proposta non può essere banale, meno che mai arrogante, ma semmai un dono (l’amore è sempre un dono). Chi accoglie la proposta lo fa con delicatezza, perché i doni non si sciupano. Questa è una delle prime cose che si insegnano a un bambino. E tutti contribuiscono alla discussione non con l’intenzione di prevalere, ma per donare a loro volta. Poi qualcuno dovrà tirare le fila, e sarà il parroco, ma in un clima di condivisione, che vedrà protagonisti alla pari anche chi ha donato cose diverse dalla decisione finale, che sarà comunque di tutti. Il frutto finale è l’unità costruita dalla presenza di Cristo. Alla Chiesa non serve più democrazia, ma più amore praticato. diacono Roberto PORRATI

Estate ragazzi, coda a settembre

Estate ragazzi e Campi Estivi, due grandi esperienze vissute anche quest’anno dai giovani dell’unità Pastorale di san mauro come occasioni per cementare il gruppo e per consolidare insieme, divertirsi, maturare nella fede. Elisa ottaviani una delle responsabili dell’Estate ragazzi con Chiara Ventrella e Daniele Catalano traccia un bilancio del centro estivo 2012: «I bambini erano tanti, sempre circa 70 con 25 animatori a settimana. L’età dei ragazzi andava dalla prima elementare alla seconda media per le prime tre settimane; poi si è aggiunta anche la terza media. Gli animatori delle superiori si sono fatti in quattro rinunciando a un po’ di riposo estivo per dedicarsi ai ragazzi, ai giochi, all’organizzazione, a far divertire gli altri. sono state settimane molto piene, zeppe di attività, giochi, tornei, occasioni di riflessione e preghiera «Siamo stati aiutati per i pranzi da un’equipe molto disponibile e gentile – continua Elisa Ottaviani che ci ha sopportato in queste settimane; tanti i cuochi che hanno preparato per noi il cibo. Tanti sorrisi, poca musica (ma ogni giorno l’inno) seguendo il cammino suggerito dal sussidio estivo ‘Tutti per tutti’: noi possiamo essere un aiuto per gli altri, noi con gli altri, noi insieme agli altri, nessuno deve essere egoista o solo». Le attività di Estate Ragazzi (che si son svolte dal 18 al 29 giugno e dal 16 al 20 luglio al Sacro Cuore, dal 2 al 6 luglio a Sant’Anna, dal 9 al 13 a San Benedetto e ora dal 3 al 7 settembre a Santa Maria) seguivano uno schema collaudato di momenti di racconto, di riflessione, di preghiera, giochi e tornei, qualche compito, con una gita settimanale in piscina. Parallelamente all’Estate Ragazzi, si sono svolti i campi estivi di Unità Pastorale: II e III elementare a Pialpetta, IV e V elementare a Oulx e Pialpetta, I e II media a Oulx e Pialpetta, III media dal 1 all’8 luglio a Oulx, il biennio superiori al campo Acr di Claviere e il triennio al campo Acr a Mompellato dal 9 al 14 luglio. In totale sono stati coinvolti 176 ragazzi, 30 animatori, 6 assistenti spirituali e un’equipe di 18 cuoche. «Il campo estivo – commenta Stefano Carena, capocampo di IV-V elementare a Pialpetta – è un’esperienza autentica e seria di vita comunitaria, dove per sette giorni ragazzi, animatori, assistenti e cuoche condividono ogni aspetto della giornata, da quelli più giocosi a quelli più seri, proprio come avviene in una famiglia. Al termine della settimana ciascuno torna a casa arricchito dal tempo condiviso con gli altri e dall’incontro con il Signore che ci ama e ci ha chiamati a fare insieme il cammino verso di lui. Un’esperienza di vita apostolica». Tanti sono i momenti da ricordare in ogni campo, alcuni molto suggestivi: grandi giochi, preghiere intorno al falò, giochi notturni, escursioni, vita comunitaria... Il fatto di mettersi alla prova nella vita con gli altri rende l’esperienza significativa e memorabile. Quest’anno la figura che accompagnava i ragazzi nei vari campi è stata – quasi per tutti – quella di san Giovanni: un apostolo attento alla parola di Gesù; un modello che ha aiutato i bambini a riflettere sulle proprie esperienze di vita, anche nelle differenti età. Per quanto riguarda i giovanissimi delle scuole superiori, una delle novità dell’estate 2012 sono stati i campi di Azione Cattolica ai quali hanno partecipato, per la prima volta, ragazzi dell’Unità Pastorale, accompagnati da tre animatori. Uno dei partecipanti, Giovanni, ha partecipato al campo di Claviere: «All’inizio – racconta – ero un po’ diffidente a partecipare a questo campo con l’Ac... Invece è stato uno dei campi più belli e meglio organizzati che io ricordi; già dal secondo giorno è stato facile fare amicizia con tutti. Gli animatori per me sono stati perfetti e hanno fatto vivere un’esperienza fantastica». Foto e testimonianze di animatori, capicampo e ragazzi si possono trovare sul blog online di Testata d’Angolo testatadangolo.blogspot.it. Matteo DE DONÀ

Auguri, don Luigi!

Sessantacinque anni di sacerdozio celebrati nel giorno del Corpus Domini con un messaggio di speranza. Don Luigi Caramellino – parroco emerito di sant’anna – è stato festeggiato da tanti fedeli e amici, cui si è aggiunta una lettera di ringraziamento dell’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia. «Fra 10 anni forse troveremo don Luigi ancora in attività» ha commentato l’attuale parroco don Claudio Furnari durante la celebrazione del 10 giugno. Un bell’augurio al quale ci uniamo insieme a quello di buon compleanno (90 anni!) festeggiati il 2 settembre. (e.f.)

Ponte Vecchio racconta

Un’impresa resa possibile dalle offerte della popolazione – Tante memorie lungo le rive del Po, dove Cesare Pavese sostava in cerca di ispirazione
Cesare Pavese amava passeggiare a san mauro sulle rive del Po. La proprietaria del ristorante Frandin lo incontrò spesso, fino alla vigilia della sua tragica morte. Piccoli e grandi episodi come questo, legati alla storia del fiume e al Ponte Vecchio – che l’8 settembre compirà cento anni – affiorano nella memoria di protagonisti e testimoni locali, rintracciati da «Testata d’angolo» per celebrare il centenario del Ponte. Il Ponte parla di noi. Racconta la storia della fatica compiuta dai nostri avi per «collegare» san mauro alla pianura di Torino. Decisivo fu il contributo economico dei sanmauresi, 412 sottoscrizioni. Prima del Ponte c’erano solo le barche. Uno dei simboli di San Mauro è il ponte Vittorio Emanuele III (Ponte Vecchio) che in tutta la sua armonia fa bella mostra di sé e in queste settimane accende le sue prime cento candeline. Opportune manifestazioni celebreranno il centenario per far memoria di quest’opera imponente, inaugurata l’8 settembre 1912, in una stagione fervida di innovazioni, opere pubbliche, iniziative destinate a trasformare la vita della gente. A cavallo fra Otto e Novecento si respirava aria di progresso: in questo clima prese piede l’idea di costruire un ponte sul Po in sostituzione del vecchio servizio di barche che trasportavano persone, animali e merci da una sponda all’altra del fiume, dietro pagamento di un pedaggio. Leggiamo nel libro «Ël nòstr Pont ansima al Po’» di Renzo Masiero (vedi altro servizio in questa stessa pagina) che il porto per le barche sul Po aveva origini antichissime, risalenti a un’epoca nella quale il fiume si chiamava Eridano e San Mauro era Pulcherada (quindi prima del 1418, quando il nome di Pulcherada decadde). Chi scrive ricorda i racconti di sua nonna Carola Leonardo in Gili: narrava che suo padre Edoardo era stato uno dei promotori della costruzione del ponte e della raccolta di fondi fra la popolazione. Dal libro di Masiero apprendiamo che fu redatta una lista con 412 sottoscrizioni: raggiunse le 43.949,10 lire, pari al 9% del costo dell’opera finanziata per il resto con denaro pubblico. «Considerando che il comune contava poco più di 3000 abitanti – osserva Masiero – lo sforzo finanziario dei sanmauresi fu a dir poco commovente ed ammirevole». Primo firmatario era il sindaco Giovanni Mochino con la cifra di 100 lire. L’offerta più cospicua, 1000 lire, venne da Fedele Paletto per la «Società operaia», nella sua qualità di presidente. Altre 600 lire furono sottoscritte dalla contessa Caterina Balbis di Sambuy e dal parroco Felice Melica. Un elenco piuttosto lungo riguarda i donatori di 500 lire, fra cui Lorenzo Luchino, Vincenzo Mochino, Angelo Pilone, Raimondo Gilardi. Gli eredi Balbis di Sambuy contribuirono per 400 lire, mentre Edoardo Leonardo e Giovanni Pilone versarono 300 lire. Altre offerte oscillavano fra le 20 e le 100 lire, e sono encomiabili poiché dimostrano l’impegno di chi aveva meno disponibilità. Testimonianze indirette di quello che avvenne ci sono pervenute dall’architetto Tommaso Richetti e da Angelo Vergnano. La famiglia Richetti, una delle più antiche di San Mauro, ricorda che il bisnonno Carlo versò un’offerta di 500 lire; il nonno Tommaso partecipò all’inaugurazione del ponte con un gruppo di militari, indossando la divisa della guerra di Libia; la zia Margherita Mazzucchetti partecipò con altri bambini alla posa di monete murate nel nuovo ponte, come si usava allora. Felicita Rosa, classe 1902, ha tramandato i suoi ricordi al figlio Angelo Vergnano. Quando fu inaugurato il ponte aveva ottenuto un buon rendimento scolastico e ottenne come premio di poter eseguire una canzoncina che decenni dopo ancora ripeteva al figlio: «Viva il ponte di San Mauro, bel paese in riva al Po. Siamo vispi, fieri e baldi, siamo i figli ed San Mò». Con il nuovo ponte si chiuse un’epoca – quella delle imbarcazioni – che noi oggi immaginiamo romantica, ma all’epoca conosceva le sue scomodità. L’attraversamento del fiume era legato a orari precisi. L’ultimo responsabile del porto di San Mauro centro fu Domenico Prina, detto Mena, padre di Ritin, icona di San Mauro per la sua simpatia innata. Nell’oltre Po era responsabile del servizio suo cugino Risot. In un’intervista concessaci nel 2009, Ritin ci portò con la memoria in un paesaggio che non esiste più. Era nata nella trattoria «Pesci vivi», dove oggi c’è il teatro Gobetti, nel 1917. «Il Po per me era il mare – raccontò – le mie estati erano lungo le sue rive insieme a tanti amici. All’epoca tutti facevamo il bagno, le acque del fiume lo permettevano ed i pesci erano buoni e sani». Le rive del fiume a San Mauro furono frequentate anche da Cesare Pavese, che sovente veniva a pranzare al ristorante Frandin, cercando di non farsi riconoscere. Dopo pranzo andava lungo via Goito verso il Po, si fermava sotto ad una pianta, apriva la sua seggiolina pieghevole, forse cercava ispirazione per le sue opere. Un giorno Anna Frandin, detta Neta, proprietaria del ristorante insieme alle sorelle Mariuccia ed Augusta (Gusta), vedendolo pensieroso con il viso fra le mani gli chiese «Cesare, cosa it l’has?». Lui le rispose che il giorno dopo avrebbe avuto la risposta dai giornali Neta pensò all’annuncio di una nuova opera di Pavese; il giorno dopo apprese invece della sua tragica morte. Luisa PILONE

Corpi Santi, programma

Questo il programma dell’edizione 2012 della Festa dei Corpi santi:
• Lunedì 10 settembre alle 21 concerto di arpa del maestro Enzo Vacca nella parrocchia del sacro Cuore di Gesù. • Martedì 11 alle 21 conferenza di don Ferruccio Ceragioli su «Tutto quello che è vostro: spirito, anima, corpo (1 Tes. 5) – Il dono di sé, la testimonianza della Resurrezione» nella parrocchia di san Benedetto. • Mercoledì 12 alle 21 conferenza del teologo Paolo Mirabella su «Donare la vita, difendere la vita» nella parrocchia di sant’Anna. • Giovedì 13 dalle 21 alle 2 Adorazione Eucaristica nella parrocchia di santa maria di Pulcherada. • Domenica 16 alle 10 messa solenne nella chiesa di santa maria di Pulcherada, seguita da pranzo comunitario. • Lunedì 17 alle 21 processione dei Corpi santi a partire dalla chiesa santa maria di Pulcherada.

Nell’Anno della Fede

Per le parrocchie di San Mauro la festa patronale dei Corpi Santi offre una prima occasione di meditazione e preghiera
La fede nel 2012 è ancora necessaria? a cosa serve e, soprattutto, mi aiuta a stare meglio? sono domande mai scontate in nessuna epoca storica, per nessun individuo ma diventano particolarmente importanti quando parliamo dell’adesione a Gesù Cristo, un’adesione da compiere in libertà e consapevolezza. avremo modo per rispondere a queste e a tante altre domande nell’anno che inizia, che ha come tema proprio la Fede. Dall’11 ottobre 2012 al 24 novembre 2013 – su indicazione del Papa siamo chiamati a riflettere sui contenuti del Credo e a verificarne la coerenza con la nostra vita quotidiana. La Festa patronale dei Corpi santi, nelle prossime settimane, sarà una prima occasione per iniziare questo percorso. Per rispondere alle domande sulla fede bisogna mettere in conto un po’ di fatica e di tempo. La vita a volte ci regala l’illusione di poter essere soddisfatti senza alcun bisogno di Dio e tanto meno di una comunità di cui sentirsi parte. Così alle domande sulla fede sbrigativamente: non è necessaria, esistono tanti altri modi per stare bene... Occorre un serio esercizio di verifica interiore per ammettere e scoprire che non ci basta stare meglio, ma desideriamo dare un senso alla nostra vita, un senso vero e riconoscibile per noi e per le persone che amiamo e che ci hanno amato. Allora la domanda che affiora è diversa: è necessaria la fede per salvare ciò che abbiamo di prezioso nella nostra vita? E in definitiva: c’è possibilità di salvezza per ciascuno di noi? Il Vangelo ci insegna che la salvezza viene dall’infinita misericordia di Dio. La fede è la risposta al desiderio di Dio di abbracciare tutta l’umanità. Senza la fede ci precludiamo la gioia di assaporare la dolcezza di Dio anche se Lui continuerà sempre a cercarci.
Nell’Anno della Fede aiutiamoci gli uni gli altri ad aumentare la nostra fede a partire dagli appuntamenti che ci attendono a settembre (vedi box a pagina I). Primo tra tutti la Festa patronale dei Corpi Santi con diverse occasioni per approfondire temi che riguardano la nostra fede e poi soprattutto con la celebrazione dell’eucarestia di domenica 16 settembre e la processione di lunedì 17 settembre. In questo Anno della Fede sfruttiamo più degli altri anni le occasioni di formazione per gli adulti: il cammino di catechesi, i gruppi famiglie o i ritiri spirituali aperti a tutti. La lectio divina del mercoledì sera ci accompagnerà nell’anno per conoscere meglio la sacra scrittura e pregare insieme con la Parola di Dio. don Ilario e don Claudio