domenica 27 febbraio 2011

Inedito su Chiara Badano

Tra il 1989 e il 1990 Loredana Garruto iniziava una nuova attività lavorativa presso il Centro trapianti midollo osseo dell’Ospedale torinese Regina Margherita. Viveva una situazione nuova e di grande disagio. Non conosceva nulla di oncologia ed era colpita dalla frequenza delle morti dei piccoli: un continuo trasportare barelle chiuse all’obitorio. Provava ad alleviare quelle situazioni di disagio e sofferenza cercando di strappare un sorriso ai bambini e alle mamme man mano che da ausiliaria passava per le camere a svolgere il suo servizio, cercando di creare rapporti di amicizia, ma era spaventata e angosciata, tanto da vivere ancora oggi il disagio di allora. Quando si entra nei panni degli altri, nel dolore degli altri, se ne resta feriti, come se si vivesse il proprio dolore. C’era però una camera con una caratteristica particolare: ospitava una ragazza molto silenziosa, molto sofferente, ma che non si lamentava mai. Lì non si entrava per strappare un sorriso, perché l’atmosfera era particolare. La stanza era molto personalizzata con arredi e biancheria portati da casa; molto ordinata, molto discreta, molto silenziosa. Per la ragazzina di quella camera era il periodo più duro, perché l’equipe del dottor Brach del Prevert aveva accertato tutta la gravità del male e la famiglia in qualche modo cercava di farsene una ragione. La mamma era cordiale, ma molto riservata. Spesso si limitava al saluto. Quando non rispondeva era perché madre e figlia erano in preghiera. Era piuttosto usuale trovarle a pregare con il rosario in mano. Allora veniva naturale a Loredana uscire in silenzio per rispettarne il raccoglimento. Spesso rispondevano alle domande più con gli occhi che con le parole e lei restava colpita da questa riservatezza calma, dalla quale non traspariva mai disperazione. La ragazza pur nella sua riservatezza era espansiva, ma molto seria, e si sentiva a suo agio in quella camera così personalizzata. Amava molto lo studio, sempre circondata da libri. E scriveva molto. Entrare in quella camera era una esperienza molto particolare. Silenzi prolungati,studio,applicazionee preghiera profonda che non si interrompevano di fatto mai. Il papà è ricordato come un bell’uomo alto, con la barba, che spesso da Sassello portava i noti amaretti, anche per il personale. Era una persona aperta. Tutta la famiglia era unita come un pugno chiuso, apparentemente senza sbandamenti e cedimenti. A Loredana di quella ragazzina sono rimasti lo sguardo e il silenzio, che rimandava a qualcosa oltre. Da lei mai scenate, nonostante le notizie fossero più brutte che belle. Mai una reazione negativa. Non subiva la situazione, ma la accettava con una grande fede. Loredana si è fermata in quel reparto soltanto per un mese, poi venne trasferita. Ma quell’esperienza l’aveva segnata profondamente. Poi passano gli anni. Ora non è più in reparto, ma lavora negli uffici dell’ospedale, quando sente che nella parrocchia sanmaurese del Sacro Cuore si tiene un incontro in previsione della beatificazione di una giovane, Chiara Luce, alla quale la parrocchia ha dedicato l’oratorio. Partecipa all’incontro, sente la testimonianza del dottor Ferdinando Garetto e scopre che Chiara Luce altri non era che Chiara Badano, quella ragazzina silenziosa, raccolta, capace di pregare incessantemente in tutte le situazioni, che tanto l’aveva colpita al Regina Margherita e ci ha fatti partecipi della sua esperienza inedita, che noi volentieri consegniamo ai nostri lettori.
Roberto Porrati

venerdì 25 febbraio 2011

Duecento cartoline raccontano la collina

Un libro sulle cartoline d’epoca racconta, illustra e salvaguarda la collina sopra San Mauro Torinese. Partorito proprio nella «città delle fragole», s’intitola «Superga – cronache, luoghi ed identità in un secolo di cartoline»: riproduce oltre duecento immagini, tutte provenienti dalla collezione di cartoline che il sanmaurese Enrico Mottura, esperto di montagna, ha raccolto nel corso di un certosino lavoro di ricerca e che hanno come oggetto Superga, la sua Basilica, il suo paesaggio, le sue memorie. A curare insieme a Mottura le oltre duecento ricchissime pagine del libro, finito di stampare nell’ottobre 2010, è stato Fabrizio Bertolino, ricercatore e presidente del Parco Naturale della Collina Torinese nonché grande appassionato di storia locale. Una fatica che è stata ultimata in concomitanza con la ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ma che ha radici più lontane. Nella Collezione Superga rientrano tutte le immagini in cui compare la Basilica, la tranvia a dentiera, l’abitato di Superga, ma anche quei luoghi che per rapporti di stretta vicinanza geografica (borgata Sassi di Torino, borgata Sant’Anna di San Mauro...) o per rapporti funzionali (Madonna del Pilone come punto di partenza delle gite al colle) aggiungono elementi alla comprensione delle caratteristiche e della storia di questo luogo. Poi c’è un aspetto ambientalista che ben emerge ad esempio nel capitolo di Letizia Ruo Rui (uno dei numerosi contributi): racconta la storia delle aree protette e l’importanza naturalistica del verde collinare e del fiume «a due passi da Torino».
«Il libro, prendendo spunto dalle immagini, racconta la storia, le emergenze architettoniche e le trasformazioni nel tempo della collina di Superga, che dal 1991 è diventata Parco Naturale ai fini di tutelare e valorizzare un territorio di grande interesse paesaggistico e naturalistico – precisano Mottura e Bertolino –. La straordinaria sequenza di cartoline copre un arco temporale di oltre un secolo e consente un formidabile excursus (vissuto in modo diretto, grazie all’icastica immediatezza dello scatto fotografico) sulle trasformazioni che hanno caratterizzato Superga e il suo microcosmo di collina. Il lavoro si pone in forte continuità con l’opera di riscoperta e valorizzazione delle valenze paesaggistiche, naturalistiche, storiche ed architettoniche del territorio collinare».
In Piemonte tra il 1990 e il 2008 si sono persi circa 24 mila ettari di suolo fertile (terreni di prima classe), di cui 7.500 nel territorio della provincia di Torino. È un altro aspetto esaminato dal volume su Superga – edito dal Parco Naturale della Collina Torinese e fondazione Negri e Collina (218 pagine, 42 euro) – che si avvale anche dei contributi di Stefano Camanni, Massimo Condolo, Franco Correggia, Graziano Delmastro, Francesca Ellena, Lucetta Fontanella, Matteo Massara, Franco Ossola, Cinzia Rej, Letizia Ruo Rui, Simone Schiavi, Alberto Selvaggi. «Il libro contiene anche un avvertimento sui guasti dell’abbandono delle pratiche di cura e coltura del territorio, sulla ininterrotta invasione cementizia – concludono i curatori – Guardata in controluce, la successione di fotogrammi lascia intuire i contorni incerti e sfuggenti del ‘processo’ che ha scolpito e modellato questo luogo. E quasi per incanto riporta dissolvenze aurorali ed echi perduti che, riaffiorati dalle nebbie del tempo, sanno ancora raccontare storie lontane».
Emanuele FRANZOSO

mercoledì 23 febbraio 2011

In Bus, prenotando

Chi abita nella zona di Rivodora vive certamente in luoghi tranquilli, ma c’è il rovescio della medaglia: la lontananza dagli uffici, dalle scuole... L’isolamento è sentito soprattutto dalla popolazione molto giovane e da quella anziana, due categorie prive di mezzi di trasporto autonomi, che oggi guardano con apprensione alla prospettiva di veder soppressa l’ultima corsa di bus da San Mauro: quella che parte da via Mezzaluna alle 18.50 in direzione di Tetti None (Baldissero), con tragitto inverso alle 19 da Tetti None a San Mauro. L’Ufficio Trasporti della Provincia di Torino, da noi interpellato, cerca di rassicurare i cittadini: anche nelle fasce orarie in discussione potranno usufruire di mezzi pubblici, essendo imminente l’istituzione di un servizio di «Provibus» (servizio di trasporto a richiesta).
Ci viene spiegato che le corse del tardo pomeriggio molto spesso sono prive di passeggeri o trasportano due o tre persone: una spesa troppo onerosa.
Il «Provibus», già in servizio nelle zone di Castiglione, Gassino, Chivasso, potrebbe risultare un compromesso valido,
fra l’eccessiva spesa e la penalizzazione di chi ha scelto di osservare dalle proprie finestre il cambio delle stagioni oltre a quello della biancheria delle case prospicienti.
Luisa PILONE

lunedì 21 febbraio 2011

I colori del Sacro Cuore

La chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù a Sambuy è una costruzione recente con mattoni a vista, linee moderne, ma anche un’anima che favorisce il raccoglimento.
Le dimensioni non eccessive la rendono accogliente, il soffitto alto quanto basta, alquanto aguzzo, le da respiro senza provocare dispersione; le fiancate, intervallate da finestre, piuttosto da migliorare esteticamente, la rendono luminosa, e l’acustica è ottima. Ha una caratteristica che l’accosta alle chiese antiche, dove il sacerdote e i fedeli durante la preghiera guardavano in alto, verso il catino absidale: parliamo della decorazione dell’abside stessa. Nelle chiese del passato la scelta di ornarlo con immagini di Cristo tra gli apostoli e i martiri non era semplicemente decorativa, ma un’epifania divina per la comunità che pregava. La comunità, con le mani e gli occhi rivolti in alto, guardava concretamente a Cristo nella raffigurazione absidale e parlava con lui, lo pregava. Pregare e guardare, per i cristiani tardoantichi, era un tutt’uno: il Cielo si apriva per loro e Cristo si mostrava. Servivano a questo i pregevoli affreschi absidali che stanno emergendo nella chiesa di Santa Maria di Pulcherada (per maggiori informazioni clicca qui) . Nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù la medesima funzione è svolta dalla grande croce alle spalle dell’altare, in alto, luminosa: una vetrata in una posizione analoga a quella dell’antica abside. Qualche tempo fa, constatata la scarsa qualità della vetrata, su proposta del parroco don Ilario Corazza il Consiglio pastorale ha deciso di riqualificarla. Ha scelto tra diverse proposte di botteghe specializzate. Il progetto risultato vincitore prevede la costruzione di una vetrata istoriata composta dalla figura di Cristo centrale (bozzetto a fine pagina), realizzato dalla ditta Gibo con una tecnica classica a grisaglia, su vetro soffiato e cotta a gran fuoco, e dallo sfondo realizzato con vetri soffiati di prima qualità. L’artista autore dell’opera, Federico Castellani, la descrive così: «La figura centrale si staglia contro uno sfondo realizzato dalla composizione di tre colori che hanno una forte valenza simbolica: il blu, che rappresenta la natura sacra e celeste di Cristo, il rosso che invece ne rappresenta la natura umana e il bianco che rappresenta la luce nell’azione salvifica dello Spirito Santo. Questi tre colori si possono anche considerare trinitari (Padre blu, Figlio rosso e Spirito Santo bianco) così come da tradizione iconografica cristiana. La figura centrale, dipinta, viene così a stagliarsi su un fondo che ne esalta i contorni e ne mette in luce la profonda umanità nella postura di Colui che accetta sopra di sé i peccati dell’umanità». Attendiamo la messa in opera della vetrata nella speranza che con questa bella realizzazione i parrocchiani siano aiutati a meglio pregare, provando anche godimento estetico alla vista di questo bel manufatto. Al momento i parrocchiani hanno sostenuto la realizzazione generosamente e ulteriori offerte dimostreranno il loro attaccamento alla parrocchia.
diacono Roberto PORRATI

sabato 19 febbraio 2011

San Benedetto fa cinquanta

Da pochi giorni San Mauro annovera tra le sue «cinquantenni» una new entry... la parrocchia di San Benedetto, giunta al cinquentesimo anno di vita. Fu fondata nel 1961 dal parroco don Cesare Pattine, cui recentemente è stato dedicato il salone parrocchiale, quello che nei primi tempi veniva utilizzato per le celebrazioni liturgiche. Molta strada è stata compiuta da allora: la comunità si è allargata sia dal punto di vista delle strutture (che ora comprendono un teatro, un grande campo da calcio, un asilo e diversi locali) sia e soprattutto dal punto di vista delle persone che la rendono viva: ragazzi, adulti, bambini che sono cresciuti e animano San Benedetto. Questa è l’unica comunità sanmaurese con un coro di giovani. Una comunità che da cinque anni, sotto la guida dei nuovi parroci di San Mauro, ha accolto l’invito a integrarsi progressivamente con le altre parrocchie della città (Unità Pastorale).
Parrocchia viva, capace di accoglienza, sempre pronta mettersi in gioco. Tra i consueti incontri di formazione, catechismo, oratorio, settimane comunitarie alle porte, non mancherà di festeggiare il «mezzo secolo» come si deve, secondo il calendario di incontri che sta prendendo forma. Primo appuntamento domenica 27 febbraio alle 10.30: dopo la Messa festiva è previsto un pranzo cui è invitata la comunità ma non solo; vi parteciperanno tutti i sacerdoti, i religiosi e le religiose che hanno operato in parrocchia in questi cinquant’anni. Per venerare il Santo patrono, l’oratorio propone un pellegrinaggio ad Assisi e Norcia, città natale di san Benedetto, dal 2 al 5 di giugno. Ma l’evento più importante è atteso per il 18 settembre: la festa dei Corpi Santi con l’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia. Così il parroco don Ilario Corazza: «I 50 anni di comunità sono una festa per ricordare coloro che ci hanno preceduto, fare memoria del cammino fatto, sia personalmente che comunitariamente, e provare a proiettarci nel futuro testimoniando la fede presente».
San Benedetto chiede la partecipazione dei suoi parrocchiani per realizzare una mostra fotografica che ripercorra le varie esperienze vissute in questi cinquant’anni. Chiunque desideri portare la propria testimonianza attraverso vecchie immagini può consegnarle a don Ilario.
È d’obbligo, in conclusione, augurare alla parrocchia e alla comunità: cento di questi giorni, e anche di più!
Daniele CATALANO

venerdì 18 febbraio 2011

Prossimi appuntamenti per i Giovani

Ecco i prossimi appuntamenti dedicati ai giovani della nostra Unità pastorale.
Prosegue il corso di formazione sui Giovani invisibili: martedì 22 marzo, e giovedì 3 aprile alle 21 a San Benedetto. Ecco le altre occasioni danon perdere:

- Settimana Comunitaria SUPERIORI femminile: da domenica 20 a sabato 26 febbraio 2011
- Settimana Comunitaria SUPERIORI maschile: da domenica 27 febbraio a sabato 5 marzo 2011
- Festa in piazza per CARNEVALE: domenica 6 marzo
- Ritiro Quaresima GIOVANI >18: sabato 12 - domenica 13 marzo 2011 (in monastero)
- Settimana Comunitaria GIOVANI >18: da marzo 26 a sabato 30 aprile 2011

Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? (MT 5,13)

giovedì 17 febbraio 2011

Affresco millenario nella chiesa di Pulcherada



Il ritrovamento di un affresco databile attorno all’XI-XII secolo nella chiesa di Pulcherada è giunto a sorpresa, pochi mesi fa, durante i restauri del monumentale edificio di San Mauro. Dietro a uno strato di intonaco è comparsa l’immagine nitida e intatta di un Cristo Pantocratore. Si tratta di una scoperta straordinaria, che le Soprintendenze si preparano a fare esaminare da specialisti dell’Università e del Politecnico di Torino.
Il sindaco Coggiola ha espresso grande soddisfazione per il ritrovamento. A fine marzo si terrà un convegno per illustrarlo, ma anche per aggiornare la popolazione sull’andamento dei lavori di restauro della chiesa: un cantiere che ha bisogno di ulteriori finanziamenti. «Una scoperta di eccezionale valore storico e artistico». Così il sindaco di San Mauro Giacomo Coggiola commenta il recente rinvenimento di un affresco del Cristo Pantocratore nella chiesa di Santa Maria di Pulcherada. Durante i restauri che stanno interessando l’edificio (proprietà comunale) è affiorata una superficie affrescata di circa trenta metri quadrati, posizionata nell’abside e risalente all’XI-XII secolo. Venne coperta da uno strato di intonaco nel 1667.
I restauri della chiesa sono in corso da tempo ma solo nell’estate del 2010 è venuta alla luce la mano del Cristo: un indizio che faceva presagire un affresco di proporzioni molto più grandi. Soddisfatte, dopo il recupero complessivo del dipinto, si dichiarano le Sopraintendenze che guidano i lavori di Pulcherada. «Sono rimaste entusiaste della scoperta – riferisce il sindaco – L’affresco risale intorno al 1.100: potrebbe essere l’unico del genere in Italia». Toccherà al Politecnico e all’Università di Torino analizzare l’affresco insieme al Consorzio San Luca, che ha portato fin qui avanti i lavori, e insieme al Consiglio Nazionale delle Ricerche che si occuperà anche di stabilire quali materiali compongono la pittura.
Il termine «Pantocratore» viene dal greco «pantocrator» e significa «sovrano di tutte le cose»: indica generalmente una raffigurazione di Cristo in atteggiamento maestoso e austero, con le tre dita della mano destra impegnate in un atto di benedizione.
I restauri di Pulcherada non sono intanto finiti. Il Comune ha reperito finanziamenti per 283 mila euro, la Compagnia di San Paolo e la Fondazione Crt sono intervenute rispettivamente con 70 mila e 25 mila euro, «ma stiamo cercando nuovi fondi – spiega Coggiola – perchè il lavoro da compiere è ancora tanto». Nel corso degli interventi sono stati individuati altri possibili siti di affreschi, di cui uno annerito dalla presenza di una caldaia. È stata individuata anche una cripta sotto l’abside, oltre ad alcune tombe con sepolture maschili al loro interno.
A proposito del Cristo Pantocratore l’Amministrazione comunale ha programmato per il 31 marzo un convegno che illustrerà la scoperta e aggiornerà i cittadini sull’andamento dei lavori di restauro. «Anche in quell’occasione – conclude Coggiola – proveremo a cercare finanziatori che ci aiutino a riportare la chiesa di Santa Maria di Pulcherada al suo antico splendore».
Massimo PALMISCIANO

martedì 15 febbraio 2011

Una regola per tutti, lavoro e preghiera

Scrivo queste righe dal monastero «Dominus Tecum» di Pra’d Mill, sulle montagne sopra Bagnolo Piemonte, circondato da una natura quasi incontaminata e accompagnato nella preghiera da una comunità di monaci cistercensi. Qui è più facile percepire come la preghiera sia necessaria agli uomini quanto il lavoro. Sì, perché la famosa regola di san Benedetto dice «Ora et labora»: due termini necessari e complementari. È la regola dei monaci, ma potrebbe diventare un punto di riferimento anche per noi.
Oggi si discute poco dell’importanza del lavoro: prevalgono logiche economiche o finanziarie. Eppure la Costituzione italiana parla chiaro: fa del lavoro il pilastro su cui si basa la Repubblica (art. 1). Si parla anche poco della preghiera, la si vive con difficoltà, pur sapendo che è un punto fermo della nostra fede. L’importanza del lavoro e della preghiera si conosce, ma è difficile viverli. Propongo allora due suggerimenti praticabili anche da chi si lamenta di «non avere tempo» per cambiare le cose. Se vogliamo cambiare le cose rispetto al lavoro possiamo iniziare con il dire le cose belle che facciamo nella nostra professione. Ad esempio il muratore dirà «oggi ho costruito una bella casa», il medico dirà «oggi ho trovato la cura giusta per un malato», il vigile dirà «oggi ho aiutato i bambini ad attraversare la strada», l’operaio dirà «oggi ho assemblato motori ecologici» ... Dire queste cose ci farà scoprire semplicemente il motivo per cui lavoriamo: rendere più bello e più armonioso il mondo che ci circonda. Inoltre con semplicità faremo venire voglia alle giovani generazioni di lavorare, perché anche loro desidereranno fare cose belle e magari ancora più belle. Se nasce in tutti noi questa convinzione anche la fatica e il sacrificio del lavoro diventano un po’ più sopportabili, fanno meno paura.
Passando alla preghiera il nostro disagio proviene spesso dal fatto che, se preghiamo per gli altri, le cose non si realizzano e se preghiamo per noi stessi ci sembra di essere egoisti. Se poi ci mettiamo in ascolto del Signore dovremmo avere il coraggio di dire che spesso non sentiamo un bel niente, né nel nostro cuore né da Dio. Qui il suggerimento pratico è quello di considerare la preghiera come un albero da frutto, che durante la vita dobbiamo curare, concimare, bagnare e potare. Non sappiamo quando esattamente porterà frutto, forse più volte o forse una volta sola alla fine. Una cosa però la sappiamo: questo albero ci è stato regalato dal Signore ed è per questo che facciamo tutto il possibile perché cresca, perché non si secchi, perché resista a tutte le intemperie. Quando sarà il momento giusto porterà frutti così belli, grandi e gustosi che non ci sarà più bisogno di farsi domande. Tutto sarà chiaro ed evidente.
Concludo queste semplici parole con un augurio che, insieme a don Claudio, facciamo a tutte le parrocchie di San Mauro e in particolare alla parrocchia di San Benedetto che quest’anno vive i suoi 50 anni di comunità: seguendo l’esempio di san Benedetto e san Mauro, suo discepolo, sappiano vivere la regola di fede «Ora et labora» per seguire sempre meglio il Signore.
don Ilario

lunedì 14 febbraio 2011

Sabato sul TG3


Sabato 19 febbraio farà tappa a San Mauro Torinese la nota rubrica del Tg3 «Percorsi di fede»: è stato intervistato don Claudio Furnari davanti alla chiesa di Pulcherada (nella foto). Il servizio andrà in onda su Rai 3 durante il telegiornale regionale delle 14. (e.f.)

domenica 13 febbraio 2011

Con i giovani di San Mauro

«Ce saremo». Con questo slogan scherzoso – ma affettuoso - i giovani di San Mauro hanno aderito numerosi al loro primo incontro con il nuovo arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, che lunedì 10 gennaio ha visitato i territori di Gassino, Castiglione, San Mauro per conoscere i sacerdoti e appunto i giovani. L’appuntamento rivolto ai giovani delle Unità pastorali 29 e 30 ha visto la partecipazione di circa duecento persone, di cui molti sanmauresi (nella foto), quasi tutti fra i 18 e i 30anni.
La lettura e l’analisi di un passo del Vangelo, sulla chiamata dei primi apostoli, ha permesso di entrare nel clima della serata. Poi, per circa un’ora, il vescovo Cesare ha parlato di fede, di vocazione e di giovani con chiarezza e simpatia, rispondendo alle domande rivoltegli dai presenti e narrando le esperienze belle e impegnative vissute durante la propria giovinezza e durante i suoi 42 anni di apostolato, di cui 13 vissuti accanto a papa Giovanni Paolo II. Significativo un aneddoto accaduto nel 2000, durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Roma: «Ricordo che al termine della veglia del Sabato, il Papa era pensieroso. Chiese a me e agli altri organizzatori come facessero tutti quei giovani, in quel luogo sconfinato, a sentire le sue parole dall’altare, che era così lontano e quasi invisibile dalle ultime posizioni. ‘Beh, abbiamo montato dei megaschermi e abbiamo fornito delle radioline con la traduzione simultanea!’ rispondemmo noi con un certo orgoglio. ‘Ma come? Questi ragazzi vengono dall’altra parte del mondo per essere vicini al Papa, e lo vedono solo in un televisore e lo sentono parlare alla radio?’. Insomma, il giorno dopo, con grande preoccupazione del servizio d’ordine, volle presentarsi alcune ore prima della Messa e andò a trovare di persona quei giovani che si erano accampati al fondo della spianata».
Fare attenzione al prossimo, ascoltarlo, instaurare relazioni. Mons. Nosiglia ne ha parlato ai giovani, ricordando che il Papa nel 2000 li definì «sentinelle del mattino». Fu una felice descrizione di quella che deve essere la vocazione di ogni spirito giovane: sentinella è colei che vigilia, sa dare la sveglia all’accampamento, questo il suo compito irrinunciabile. I giovani possono dare la carica a questa società, e a questa Chiesa.
Matteo DE DONA'

sabato 12 febbraio 2011

Un nuovo numero di Testata d'Angolo!

Le copie di Testata d'Angolo sono state consegnate nelle parrocchie. Invitiamo tutti a contribuire alla distribuzione a San Mauro. In questo numero: l'incontro con il nuovo arcivescovo di Torino, l'affresco nella chiesa di Pulcherada, San Benedetto fa cinquanta e molto altro ancora!