giovedì 20 dicembre 2012

Presepe è San Mauro

Anche quest’anno il 26 dicembre, giorno di Santo Stefano, nella suggestiva cornice del centro storico di San Mauro, che con le sue piccole e strette vie custodisce la millenaria abbazia, potremo assistere all’atmosfera del Presepe vivente. La manifestazione, organizzata dall’Associazione Orsarese (famiglie originarie di Orsara di Puglia), patrocinata dalla Città di San Mauro Torinese, con la collaborazione delle quattro parrocchie della città, delle associazioni culturali «San Mauro Domani» e dei «Giovaninrete» e dei commercianti, è giunta alla sua terza edizione e si prepara a battere il record dello scorso anno, nel quale vennero censiti quasi 3 mila visitatori; il tutto sotto la premurosa vigilanza dei volontari della sezione sanmaurese della Protezione Civile.
Il presepe cresce anno dopo anno, mantenendo la sua particolarità di non voler essere ambientato nella Betlemme dell’anno 0 ma di essere popolare: alle scene tradizionali del Natale raccontate nei Vangeli si accostano le scene degli antichi mestieri, della vita contadina, nel tentativo di ricreare le sensazioni che si provavano qualche secolo fa in un semplice paesino di campagna come San Mauro o come Orsara, piccolo centro del foggiano dal quale provengono molte famiglie sanmauresi.
Al termine del percorso del presepe, caratterizzato quest’anno da un totale di trenta scene (sette nuovissime con alcuni mestieri ormai scomparsi) sarà possibile assistere a visite guidate nella chiesa parrocchiale di Pulcherada: in particolare verrà illustrato il ciclo pittorico del 1100 d.C. recentemente rinvenuto e restaurato. L’apertura del presepe è prevista intorno alle 17.30 con la suggestiva musica degli zampognari e continuerà fino alle 22. Alle 21 verrà posto nella mangiatoia il Bambino Gesù, interpretato da un piccolissimo sanmaurese; avrà quindi inizio il Concerto delle quattro corali parrocchiali, cui farà seguito l’arrivo dei Re Magi. In caso di cattivo tempo la manifestazione verrà rinviata al 6 gennaio con gli stessi orari. Tutte le offerte raccolte verranno devolute in beneficenza alla parrocchia. Un caloroso grazie a tutti coloro che per mesi lavorano gratuitamente alla realizzazione dell’evento. Partecipate numerosi!

Claudio CERICOLA

articolo pubblicato su "Testata d'Angolo" del 25 XI 2012

martedì 18 dicembre 2012

Resistere alla crisi, questione di "etichetta".

Correva l’anno 1848. Mentre la grande storia accendeva i riflettori sulle riforme liberali del Re Carlo Alberto (Statuto albertino, libertà di culto ai valdesi), mentre grandi moti rivoluzionari infiammavano le città europee e quelle di un’Italia ancora in gestazione, a Torino un laboratorio artigianale di piazza Carlo Emanuele II (piazza «Carlina») otteneva la fornitura di ghette per l’esercito albertino. Decollava l’attività di una bottega artigianale che oggi ancora funziona come industria, non più a Torino ma nella nostra San Mauro: il Nastrificio Bonicatti di via Torino.

A metà Ottocento l’ingaggio dell’esercito fu il trampolino di lancio per il piccolo laboratorio, che su telai primitivi prese a produrre bordi e cinghie in gran quantità. Tutt’oggi produce etichette tessute, composizioni stampate, nastri Jacquard, cartellini stampati e paramenti sacri. Una realtà produttiva che resiste alla crisi economica. Per ripercorrere la sua storia dobbiamo partire dal 1840, quando Giovanni Bonicatti aprì il laboratorio in piazza Carlina: trent’anni dopo si rendeva già necessario il trasferimento presso locali più ampi in via Vanchiglia.

Vincenzo, nipote del fondatore, si trasferì in Francia, nella zona di Lione (a St. Etienne), rinomata per la coltura dei bachi da seta. Fu assunto in azienda tessile con la qualifica d’apprendista, ebbe modo di visionare le prime macchine da tessitura Jacquard, le più moderne di quell’epoca, e intuendone la validità, mandò i disegni a Torino. Il padre fece costruire un telaio italiano gemello di quello francese, e così a Torino s’iniziò la produzione di nastri «scritti» da inserire nelle cuciture delle gonne e dei pantaloni delle sartorie torinesi. Rientrato in Italia Vincenzo soggiornò temporaneamente a Pisa dove trovò i finanziamenti necessari per l’acquisto di una fornace torinese in disuso, in zona Borgata Rosa. La trasformò in stabilimento per la produzione di fornitura militare e ferroviaria, ma soprattutto la attrezzò per stampare le prime etichette su scala industriale.

Dopo la prima guerra mondiale Pietro, figlio di Vincenzo, trasferirà l’azienda a San Mauro, in Borgata Pescatori dove tutt’ora risiede. Figura chiave nella conduzione era la moglie di Pietro. L’attività si sviluppò acquisendo la fornitura d’etichette tessute, dei primi grandi marchi, come il Gruppo finanziario tessile, Maglificio Biella, Zegna, che nascevano in quegli anni; proseguiva anche la produzione di nastri per forniture ferroviarie e per la Fiat. La seconda guerra mondiale interruppe brevemente la produzione. Poi un altro Vincenzo, con la moglie Teresa ed il collaboratore Giuseppe Audello, ripresero il lavoro migliorando la qualità e produttività, anche grazie a telai più moderni, pensati all’interno dell’azienda stessa. La ditta venne ampliata. Negli anni Ottanta del Novecento la gestione è passata ai figli di Vincenzo, Pietro e Franca, che hanno acquisito la fornitura di grandi marchi quali Valentino Garavani, Giorgio Armani, Dolce & Gabbana Robe di Kappa, Jesus, Invicta, Henry Cotton’s, solo per citarne alcuni. La loro generazione ha visto l’abbinamento dei telai all’elettronica: un lavoro che prima veniva svolto da almeno 5 persone, si compie ormai con 3. Anche i paramenti sacri, un tempo pazientemente ricamati dalle suore di clausura, oggi possono essere programmati in uno di questi telai.
Oggi la battaglia industriale di Bonicatti si gioca tutta sulla qualità. La competizione del mercato internazionale è pressante. Mentre i grandi gruppi tessili e le grandi firme, acquirenti di etichette, tendono a trasferire la produzione all’estero, nei paesi emergenti, fa riflette una foto storica (anno 1900) affissa nello studio del nastrificio sanmaurese: decine di operai in posa con i loro bambini, che a quell’epoca – quando Bonicatti aveva 60 dipendenti – si avvicinavano al mestiere intorno ai 10 anni.

Di fronte alla sfida della globalizzazione Pietro e Franca stanno dando al prodotto una valenza sempre più artigianale, curando la qualità, privilegiando il contatto umano e sfruttando l’esperienza di ben sei generazioni. Dopo aver attraversato il XIX e XX secolo, ci auguriamo che questo settore lavorativo così particolare, presente nel nostro territorio, continui il suo cammino nel XXI secolo con la settima generazione.

Luisa PILONE

articolo pubblicato su "Testata d'Angolo - Voce del Popolo" del 25 XI 2012

domenica 16 dicembre 2012

Il Concilio è la "nostra" Chiesa

Il Concilio Vaticano II – del quale celebriamo quest’anno il 50° anniversario – anticipò in modo profetico quanto fosse necessario ricollocare la Chiesa nel contesto della contemporaneità, avvertendo che nuove culture e nuove istanze interrogavano la fede, quindi occorrevano occhi diversi, per vedere aspetti diversi della sempre uguale Rivelazione. La verità assoluta è trascendente e nella sua trascendenza dà spazio a interpretazioni diverse.

Il Concilio pose la Chiesa (perché è solo su questo aspetto che qui focalizzeremo la nostra riflessione) nell’orizzonte della cultura contemporanea, di allora, che ci guida alla riflessione anche oggi rispetto alla secolarizzazione e alla post modernità, parti di un fenomeno che è stato chiamato «fine della cristianità», dove per fine della cristianità si intende fine di una situazione storica dove il cristianesimo era la religione unica della nostra società. Un modo di incarnare il cristianesimo che oggi, di fatto, è superato.

Dobbiamo avere ben chiaro che «fine della cristianità» non significa fine del cristianesimo, che si può incarnare anche in forme nuove; si tratta di trovare modelli nuovi, non sperimentati. È anche difficile definire i contorni della cristianità; tuttavia non c’è dubbio che oggi c’è qualcosa di grandemente diverso nel modo di esistere della Chiesa nella società occidentale. Nella società c’è qualcosa di culturale in atto che va capito: intanto non è più scontata l’appartenenza alla Chiesa, la partecipazione alla vita liturgica è calata, c’è una diffusa ignoranza sul cristianesimo e sui suoi contenuti. Sembra in atto più una diffusa indifferenza che una aperta opposizione. Su alcuni aspetti, soprattutto di tipo morale, si pensa di poter decidere in proprio. Un certo modo di pensarsi presente nel mondo da parte della Chiesa, che in passato ha permesso la trasmissione della fede, può essere più un peso che una risorsa. Ad esempio: la parrocchia sempre presente dovunque nella società civile in cui il perno è sempre il prete (parrocchia deriva dal greco e dice proprio la presenza della chiesa dove ci sono le case).

Un certo modello di presenza ecclesiale ormai è un peso, più che altro. Lo stesso magistero invita a una nuova evangelizzazione dell’Europa, perché si pensa che l’occidente non è più evangelizzato.
La crisi del modello della cristianità è da legarsi con l’affermarsi della modernità e con il modello della modernità avanzata, che è la secolarizzazione, che va presa in seria considerazione. Di solito è interpretata secondo i codici della scristianizzazione, dell’ateismo e dell’indifferenza religiosa. Ma questo non ci dice in che cosa consiste. Gli stessi studiosi ne danno interpretazioni diverse, anche divergenti. La secolarizzazione è da leggersi innanzi tutto come effetto del fatto che la religione non può più rappresentare «l’unico» fattore di integrazione sociale. Il fattore religioso si trova a vivere in una società differenziata.

Se in passato ci si chiedeva che cosa rende «società etica» un insieme di persone si diceva che è il fenomeno religioso. Oggi non è più così, perché la religione abita una società segnata da diversi sottosistemi: rappresenta soltanto uno di questi sottosistemi. I fondamentali sottosistemi sono: quello economico, che si organizza in base al codice simbolico del denaro; quello politico, che ha il suo codice nel potere; il sistema giuridico, che ha il suo codice nel diritto; il sistema famiglia il cui codice è l’amore; il sistema educativo che ha come codice la valutazione soggettiva; il sistema arte con il codice del bello; il sistema morale con codice bene; il sistema religioso con il codice fede e salvezza. La società si organizza in questi sotto sistemi. Ogni sottosistema funziona in se stesso con i propri criteri e codici. La fine del macro fenomeno della cristianità si spiega con questa frantumazione. Il sistema religioso si deve integrare in questa complessità.

Non abbiamo lo spazio sufficiente per approfondire queste problematiche (non si potrebbe continuare a farlo nel blog di Testata d’Angolo?) e allora molto sinteticamente proviamo a delineare quale modello è possibile per la Chiesa in questa società complessa, perché per noi significa non tanto impostare uno studio teorico, ma cercare di capire che cosa fare domani mattina. Vorrei farmi aiutare dalla recente Lettera pastorale del nostro Arcivescovo «Devi nascere di nuovo», là dove riflette sulla Chiesa «madre e maestra». In questa lettera chi cerca una risposta «organizzativa» resta deluso, perché all’Arcivescovo Cesare Nosiglia interessa soprattutto «non lasciarsi prendere dalle cose da fare e dalla funzionalità di una pastorale». Le parrocchie devono essere soprattutto «comunità di credenti, meno preoccupate di far funzionare bene la pastorale, i servizi e le strutture e più aperte all’accoglienza del mistero di Cristo quale fonte prima della salvezza, ricordando che il Vangelo è credibile e affascinante, se chi lo propone è credibile e affascinante».

Le comunità sono chiamate ad accompagnare rispettosamente ogni vicenda umana, evitando che l’istituzione giudichi e esiga un prezzo prima di donarti qualcosa. Come per Gesù, ogni persona deve essere unica, un tesoro prezioso da riconoscere e valorizzare. Ogni incontro, anche il più banale, come la consegna di un certificato, deve essere nel segno dell’amore e non semplicemente della funzionalità. Al dottore della Legge che gli chiede qual è il primo comandamento Gesù risponde «Il primo è amerai il Signore tuo Dio... e il secondo è ama il prossimo tuo come te stesso». Dio è la fonte dell’amore, ma non possiamo dare per scontato che dalla fonte poi scorra l’acqua, se costruiamo dighe per fermarne il corso. E per farla scorrere dobbiamo mettere in pratica anche il secondo comandamento «Ama il prossimo tuo come te stesso». Fratello mio, per comunicarti qualcosa, per farti toccare con mano il mio amore non posso far altro che cercarti, poi cercare di capirti, poi, anche se non riesco a capirti, donarti comunque attraverso me (quale impegno immane) l’amore di Dio e poi, cosa ancora più difficile, non chiederti mai un contraccambio. Lasciare che sia lui a desiderare di risalire alla fonte. Dobbiamo amare per primi, come Dio ci ha amati per primo, anche quando non eravamo per nulla «amabili». E amarli ciascuno, uno alla volta, ciascuno con il proprio nome e non una massa indistinta di fratelli.

L’amore è contagioso. Quando ami una persona, poi ne ami un’altra e un’altra ancora. Se la società contemporanea è caratterizzata da sottosistemi sempre più complessi, che hanno poi come esito la frammentazione sociale e l’esaltazione del singolo (non della persona) e il soddisfacimento dei suoi esclusivi desideri, questo modo di amare costruisce una Chiesa che esalta la persona (unica e irripetibile) in un contesto comunitario in cui ognuno è chiamato a costruire il bene comune. Questo mi sembra il fine a cui tendere.

diacono
Roberto PORRATI

articolo pubblicato su "Testata d'Angolo" del 25 XI 2012

giovedì 13 dicembre 2012

A chi serve il Registro?

A cosa serve il nuovo registro delle unioni civili o unioni di fatto del Comune di San Mauro? sul piano dei servizi alla popolazione è prevedibile che serva poco o niente. attivando questo albo per la registrazione delle coppie conviventi, non sposate, venerdì 26 ottobre il Consiglio comunale non ha riconosciuto diritti nuovi, non ne aveva la facoltà. Ha compiuto un gesto simbolico: un appello al Parlamento, travestito da delibera, perché equipari le coppie sposate e quelle conviventi, anche omosessuali.


Il Comune non possiede alcun potere di «equiparazione» fra coppie sposate e coppie di fatto, materia su cui ha competenza solo il Parlamento nazionale: anche per questo l’iniziativa di San Mauro pare inutile e inopportuna. Piccole concessioni il Comune potrebbe accordare in settori specifici (per esempio la sepoltura dei conviventi nello stesso cimitero, o agevolazioni tariffarie sui mezzi di trasporto) ma sul fronte dei servizi fondamentali come casa, assistenza, salute, il registro promosso dai consiglieri del Partito Democratico, Italia dei Valori e Cinque stelle (non direttamente dalla Giunta Dallolio, il sindaco si è astenuto dal voto) opererà solo «compatibilmente con la normativa vigente». non produrrà nulla che non sia già consentito dalla legge e dalla Costituzione repubblicana, la quale assegna una posizione specifica e molto chiara alla famiglia «fondata sul matrimonio» (art. 29).

A Torino il registro delle unioni civili esiste da due anni e non è mai decollato. «Fra l’estate 2010 e 2012 – riferisce il presidente del Consiglio comunale subalpino Giovanni Maria Ferraris – ha raccolto l’autocertificazione di 144 coppie su una popolazione di oltre 900 mila abitanti. Gli interessati hanno capito che si tratta di uno strumento simbolico, senza effetti».

A differenza di altri concreti interventi dell’amministrazione sanmaurese nel campo delle politiche sociali (per esempio recenti provvedimenti a sostegno all’abitazione delle famiglie povere) l’istituzione del registro lascia un retrogusto di propaganda. a noi sembra che il vero compito del Comune – al di là degli appelli – resti oggi quello di affrontare l’emergenza economica, garantire i servizi possibili, senza troppo distrarsi e senza illudere.

Alberto RICCADONNA

Articolo apparso su "Testata d'Angolo" del 25 XI 2012

mercoledì 12 dicembre 2012

Quando il Bucintoro passò a San Mauro

Tra l’1 e il 2 settembre 1731 la «Peota di gala» (il piccolo Bucintoro dei Savoia, realizzato sulla struttura di una robusta imbarcazione lagunare a fondo piatto di ben 16 metri di lunghezza, quasi 3 metri di larghezza e del peso di oltre 5 tonnellate) che Carlo Emanuele III di Savoia, Re di Sardegna, aveva ordinato ad uno «scuero», tipico cantiere navale veneziano, transitò sul Po di fronte a San Mauro durante il trasferimento da Venezia a Torino. Data la notevole distanza tra Crescentino, da dove la Peota era salpata l’1 settembre, e Torino (una quarantina di chilometri da percorrere controcorrente al traino di buoi e con la necessità di superare i numerosi traghetti e molini natanti presenti sul grande fiume) non è da escludere che la preziosa imbarcazione abbia compiuto una breve sosta presso la millenaria abbazia benedettina di Pulcherada, considerato anche che a bordo, quale delegato ad accompagnare la consegna, e ad incassare le 14 mila Lire piemontesi pattuite, era presente anche un religioso, frate Antonio Brunello (agostiniano), forse interessato a una breve visita all’abbazia e alla chiesa, ampiamente rimaneggiata nel 1665 dall’Abate Commendatario Petrino Aghemio. Secondo informazioni raccolte da Luigi Griva, archeologo subacqueo, specializzato sul fiume Po, il 28 agosto 1731 attraccò a Frassineto, porto fluviale di Casale, un convoglio di quattro barche: due battelli da carico, una gondola e la Peota reale, gioiello nautico ricco di intagli, figure dorate e divinità fluviali.

Il convoglio, partito dalla laguna veneziana il 2 agosto, superato il delta e affrontata la corrente contraria del Po, aveva costeggiato le rive dei numerosi stati rivieraschi: Repubblica di Venezia, Ducato di Mantova, Ducato di Milano, la Romagna pontificia, i Ducati di Modena e di Parma e Piacenza. Dopo una sosta al Ponte di Pavia, il viaggio riprese il 15 agosto, giorno dell’Assunta, e il 28 giunse appunto a Frassineto così che Giovanni Antonio Coppo (funzionario delle dogane di Casale) potè inviare un messaggio al Generale di Saint Laurent a Torino: «È giunta a questa rippa sta mane circa le hore quindeci il consegnato bastimento felicemente». Partito da Crescentino il giorno 1, il convoglio venne preso in consegna il 2 settembre dal governatore del palazzo del Valentino, Giovanni Battista Lanfranchi. Il viaggio sul fiume era durato in tutto 31 giorni. Storicamente, dopo l’arrivo a Torino, la Peota fu protagonista del primo viaggio compiuto dal Re in Italia via fiume nel 1734; della celebrazione del matrimonio tra Carlo Emanuele IV e Maria Clotilde di Borbone nel 1775; dei matrimoni di Vittorio Emanuele II con Maria Adelaide nel 1842 e di Amedeo d’Aosta con Maria dal Pozzo della Cisterna nel 1867.

La Peota è stata gelosamente conservata per 280 anni (il coevo Bucintoro dogale del 1729 fu distrutto per recuperare preziose lamine d’oro). Riportata all’antico splendore grazie anche al finanziamento da parte della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, dallo scorso 16 novembre fa bella mostra di sé alla Reggia della Venaria dove resterà inserita nel percorso museale, probabilmente in una sezione dedicata alla cultura fluviale piemontese.

Piero NEBBIA articolo apparso su "Testata d'Angolo" del 25 XI 2012

martedì 11 dicembre 2012

Autoporto Pescarito, tre Comuni per il rilancio

Molte attività produttive di San Mauro Torinese sono concentrate nel suo cuore industriale: l’autoporto Pescarito che ultimamente però ha smesso di pulsare come un tempo. Le conseguenze della crisi economica, ma anche della globalizzazione e delle strategie di trasferimento all’estero, hanno svuotato i parcheggi delle fabbriche. molti capannoni sono rimasti spogli, sembrano senza futuro industriale. ma esistono e resistono anche realtà virtuose. È il caso del nastrificio bonicatti, del quale raccontiamo in questa pagina la lunga storia.

È il caso dell’industria Ferrino, in cui anche l’arcivescovo Nosiglia si è recato durante la visita Pastorale a San Mauro nel gennaio scorso.
Partita nel 1870 da un piccolo negozio di via Nizza, l’azienda specializzata in attrezzature sportive vanta oggi un fatturato che si aggira intorno ai 20 milioni di euro l’anno. La storia di Ferrino ha legami anche con la Fiat: nel secolo scorso il senatore Giovanni agnelli ordinò personalmente le «capote» per le auto. e oggi, a poche centinaia di metri dal sito Ferrino, sorgono gli stabilimenti Fiat industrial che stanno vivendo un periodo di riorganizzazione interna. Sul territorio sanmaurese c’è la Case New Holland (cnh) dove si producono macchine agricole e a movimento terra, commesse e riorganizzazioni permettendo (in questo periodo i dipendenti sono in cassa integrazione).

In quelle stesse vie convivono i corrieri – Tnt e Bartolini, per citare i principali – mentre le tipografie, rilegatorie e le cartiere hanno avuto meno fortuna (edilibro boccato, cartiere burgo). «Poi ci sono eccellenze come Lavazza e Andorno – afferma Lucrezia colurcio, vice sindaco sanmaurese – L’aspetto positivo in questo particolare momento storico è che le tre amministrazioni comunali in cui è racchiuso Pescarito (Settimo, San Mauro e Torino) sono sedute intorno a un tavolo per rendere ancora competitiva quest’area strategica». L’area si presterebbe infatti a diventare una zona di interscambio con Torino, data la sua posizione e le sue vie di accesso alle autostrade. molto dipenderà anche dal futuro sviluppo della metropolitana e nel frattempo le amministrazioni comunali hanno messo in atto una serie di iniziative e sinergie per trovare nuove proposte per Pescarito e non solo.

a San Mauro poi non mancano le imprese edili, piccole e medie imprese produttive, quelle artigianali e negli ultimi anni, sono proliferati i supermercati, se ne contano molti, tre a poca distanza sono stati aperti recentemente a Sant’anna.

Emanuele FRANZOSO

articolo apparso su "Testata d'Angolo - Voce del Popolo" il 25 XI 2012

lunedì 10 dicembre 2012

Punto d’ascolto per il lavoro

Nascerà un Punto d’ascolto per le persone senza lavoro. Sarà gestito dalle parrocchie di San Mauro, che in questi mesi stanno formando un’equipe di volontari. Il nuovo servizio – fortemente voluto dall’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia – sarà attivo a partire dalla prossima primavera, in sede e orari ancora da definire. L’obiettivo: ascoltare, affiancare chi sta attraversando momenti difficili, condividere la fatica di cercare soluzioni. La formazione dei volontari è curata dalla Diocesi di Torino, in collaborazione con l’ufficio di pastorale sociale e del lavoro.

Avviare un percorso strutturato e specifico sull’accompagnamento al lavoro è stata la proposta lanciata dall’arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia durante la Visita pastorale a San Mauro nel gennaio scorso. Oggi questa proposta viene raccolta da un gruppo di volontari e dai parroci sanmauresi che nella primavera 2013 – in linea con il «Servizio per il lavoro» dell’Ufficio diocesano Lavoro – attiveranno un servizio locale sia per chi cerca lavoro, sia per chi l’ha perso.

«Una comunità che si interroga» è il primo dei titoli, e anche lo spirito, delle serate di preparazione dei volontari, tenute a partire da ottobre da don Daniele Bortolussi, direttore della Pastorale del Lavoro, e da Chiara Labasin in collaborazione con Engim Piemonte e fondazione Casa di Carità. «Le comunità cristiane dovrebbero sempre sentire la dimensione del lavoro come parte integrante dell’azione di evangelizzazione, a livello giovanile e adulto – spiega don Bortolussi – Il lavoro non può essere considerato solo quando manca e l’azione di accompagnamento nella sua ricerca si rivela una carità autentica quando è volta a far emergere le potenzialità delle persone, porta a conoscenza delle diverse opportunità formative e lavorative, talvolta sconosciute, offrendo strumenti per aumentare la propria occupabilità».
Per avviare il servizio a San Mauro è in corso la formazione di volontari in grado di stimolare, riflettere e anche pregare per il lavoro. «Particolare attenzione va prestata al mondo dei giovani che le statistiche ci dicono essere la categoria più provata nell’inserimento nel mondo del lavoro» aggiunge Bortolussi.

Gesti concreti, quindi, per trovare un po’ di luce nel buio che è cominciato a calare dal 2008 in Italia e non solo. «Talvolta l’abbandono della ricerca del lavoro risiede nella fatica di vivere quest’azione in piena solitudine» spiegano gli organizzatori. Il Servizio per il lavoro può agire anche nell’ambito dell’orientamento rivolto ai più giovani, in difficoltà nella fase di discernimento dei percorsi di studio sia per la scuola superiore sia per l’università. Anche questo è realizzato «in rete» con gli enti che già stanno operando in questo settore. «Il Servizio in una Unità Pastorale come San Mauro non si sostituisce alle persone nella ricerca del lavoro e nell’orientamento – precisa Chiara Labasin – ma le accompagna nel modo più professionale e fraterno possibile, manifestando anche in questo modo l’amore di Dio che si fa presenza concreta attraverso i cristiani».

Cosa sta emergendo in questa fase preparatoria? È ancora presto per dirlo ma le fondamenta per attivare uno Sportello specifico – in un momento storico in cui molti giovani non riescono ad orientarsi e sono senza lavoro e i loro genitori lo hanno perso o rischiano di perderlo prima della pensione – ci sono. Per riuscirci non si può prescindere da una maggiore conoscenza del territorio in cui si vive. Partendo dall’esempio del Vangelo, calato nell’attualità, San Mauro ha un’opportunità: arricchire e potenziare le occasioni di ascolto su un tema attuale e spesso affrontato solo nel momento della necessità. Il corso durerà fino alla primavera del 2013 con alcuni workshop suddivisi in giornate intere e rivolte ai futuri addetti all’apertura dello Sportello.

Emanuele FRANZOSO

articolo apparso su "Testata d'Angolo" del 25 XI 2012

sabato 8 dicembre 2012

Gesti concreti, perché sia Natale

L’avvento è il tempo dell’attesa della venuta del Signore Gesù. Nella liturgia ripeteremo molte volte «Vieni signore Gesù» e lo invocheremo non solo nel ricordo della sua venuta 2000 anni fa circa, di cui faremo memoria nel giorno di natale, non solo ricordando la presenza viva del risorto nella nostra vita, ma soprattutto chiedendo il suo ritorno vittorioso, la venuta del suo regno che è un regno di pace e di bontà, di giustizia e di libertà.
Invocare nella liturgia il ritorno del signore ci deve anche spronare a far sì che questo regno di pace e di bontà, di giustizia e libertà sia vissuto nella concretezza della nostra vita e nella concretezza delle nostre comunità.

Per questo le nostre comunità parrocchiali, in questo periodo di crisi economica (e non solo economica!) continuano ad essere impegnate in azioni di carità e di solidarietà e in azioni educative per vivere la comunione. In questi giorni, dopo le settimane comunitarie dei ragazzi e delle ragazze delle superiori (in cui i ragazzi e le ragazze, in due settimane separate, vivendo insieme alla casa dell’Immacolata hanno messo la preghiera e la vita di comunione al centro della vita ordinaria), dopo le sei settimane comunitarie vissute da quattro giovani ragazze dai 19 in su (che per sei settimane hanno vissuto insieme nella casa parrocchiale del sacro Cuore di Gesù a sambuy, condividendo tutta la loro vita ordinaria, la gestione economica della vita comunitaria e la vita di preghiera seguendo il Vangelo di marco nei capitoli della Passione e risurrezione di Gesù), dopo l’inizio degli incontri di formazione dei gruppi dei giovani, delle famiglie e degli anziani (che aderiscono al percorso formativo dell’azione Cattolica Italiana), ci incontreremo nei ritiri di avvento per far spazio nella nostra vita a Dio e al suo regno.


Continuano anche i gesti concreti di attenzione verso i più poveri della nostra città: grazie alla generosità di tanti sanmauresi (che si è espressa ultimamente nella raccolta fondi di euro 3.525 svolta fuori dal cimitero e la raccolta cibo fatta davanti al Famila e al Carrefour di sant’anna) la san Vincenzo di unità Pastorale è arrivata a seguire 100 famiglie che fanno fatica; le nostre parrocchie, in collaborazione con il Comune di San Mauro, accompagnano alcune famiglie che hanno ricevuto lo sfratto esecutivo o garantendo per l’affitto o ospitandole temporaneamente nella casa parrocchiale di Sambuy e nella stanza con bagno che c’è a Sant’Anna.

Gesti per far spazio nella nostra città e nella nostra vita alla venuta del Signore Gesù, gesti che ricordano la sua venuta 2000 anni fa, gesti che dicono il desiderio che il Regno del Cristo Risorto sia presente qui e ora in mezzo a noi... Vieni Signore Gesù.

don Claudio e don Ilario

articolo apparso su "Testata d'Angolo" del 25 XI 2012

domenica 25 novembre 2012

Alberto e Danilo, diaconi novelli

Fra i 12 diaconi ordinati domenica 18 novembre nella Cattedrale di Torino dall’Arcivescovo mons. Nosiglia ci sono Danilo Piras e Alberto Nigra, due giovani che durante gli anni di seminario hanno prestato servizio nelle parrocchie di San Mauro. abbiamo chiesto a Danilo quale tipo di diacono, e poi di prete, vorrebbe essere. «Prendo spunto – risponde Danilo– da un discorso di don Tonino Bello che invitava ad avere sia la stola che il grembiule. Ecco, vorrei essere un prete capace di vedere l’altare e il fratello non come realtà separate. Servire il mondo con la stessa dedizione con cui si serve il fratello. Vorrei portare entrambi con la stessa dedizione e naturalezza». Ad Alberto chiediamo in quale tipo di Chiesa vorrebbe operare. «Vorrei una Chiesa che è sacrestia e piazza, cioè una Chiesa che sta con Dio e per questo capace di stare tra la gente e i suoi problemi». Domenica 18 è stato ordinato anche Jaeanclaude Bizindavyi che presentò il progetto sostenuto dalla nostra Unità Pastorale nella Quaresima di fraternità. R.P.

giovedì 13 settembre 2012

Pulcherada, prove di turismo

Turismo a San Mauro: domenica 26 maggio si è tenuta una visita guidata gratuita all’antico borgo di Pulcherada. Ginevra Debrevi (architetto) e Claudio Cericola (restauratore del legno) hanno accompagnato con efficacia 150 persone, non solo di San Mauro, in un viaggio alla scoperta delle origini della nostra cittadina, fin dove i documenti storici ci consentono di risalire. I partecipanti hanno scoperto innanzi tutto che anticamente, per accedere al borgo, esisteva una porta, corrispondente all’attuale arco tra la chiesa e la casa parrocchiale. Intorno c’era molto spazio libero: la strada era collocata più in basso, quella attuale risale al periodo napoleonico. C’era un palazzo abbaziale, poi divenuto municipio, e c’era una foresteria che si trasformò in casa parrocchiale. Nel borgo governato da un abate commendatario vivevano nel XVI 450 persone. Le giovani guide turistiche hanno accompagnato il pubblico nell’antica e nella nuova sacrestia con la galleria espositiva degli ex voto. Hanno mostrato la chiesetta della Madonnina, anche detta «Madonna del Manto», nell’attuale cortile dell’oratorio, costruita nel 1745 sulle fondamenta di una chiesa precedente. Nei suoi tre vani vennero trovate sepolture umane, fra cui quella di una bambina neonata, ancora collocata nella sua culla, che mons Davide Corino fece traslare al cimitero con processione solenne. A mons Corino vanno molti meriti, uno dei quali è l’aver scoperto l’affresco del «Battesimo di Gesù» collocato accanto all’ingresso della parrocchia, l’avere reso più preziosi gli interni della stessa e l’aver tradotto dal latino l’atto d’investitura, risalente al 4 ottobre 1430, fra l’abate Giovanni e lo scudiero Balbo Bertone di Chieri, riguardante il feudo di Sambuy, mantenuto fino ai nostri giorni. Alla giornata di visita guidata ha partecipato Luigi Forchini, restauratore del legno e fondatore dell’Accademia di San Grato insieme ad Orazio Geraci. Dal momento che l’esperienza ha raccolto molto favore, si spera che possa ripetersi Luisa PILONE Tappe storiche Anno 991 Un documento attesta la presenza dell’abbazia nel territorio del Monferrato. Essendo in condizione di degrado, il marchese del Monferrato ne decise il restauro, per conquistarsi «meriti in Cielo» in vista dell’anno 1000. Anno 1418 Decade il nome di Pulcherada e compare quello di San Mauro.
Anno 1665 Nell’abbazia viene eliminato il tetto a cassettoni e si passa da tre ad una sola navata. Anno 1803 Santa Maria di Pulcherada diviene parrocchia.

Casa San Giuseppe, Cottolengo conferma

Il Cottolengo ha concesso per altri vent’anni al Comune di San Mauro la gestione della Casa di riposo San Giuseppe (via IV Novembre). È una notizia importante, cui si è aggiunto recentemente un altro annuncio: l’istituto fondato da mons Davide Corino nel 1916, storica espressione dell’impegno delle parrocchie, sarà presto ampliato. Lo dichiara Antonio Russo, direttore del Consorzio per i servizi socio-assistenziali Cisa. «Attualmente ospitiamo 29 persone anziane – spiega Russo – Prevediamo un ampliamento di 10 posti letto: un progetto già presentato e concordato con la proprietà». Il Cottolengo ha concesso l’edificio in comodato d’uso in convenzione tra Comune di San Mauro e il Consorzio dei servizi socio-assistenziali Cisa. Quest’ultimo ne ha affidato la gestione, attraverso una gara d’appalto, alla cooperativa accreditata «Il Margine». Si tratta del secondo mandato di gestione per la San Giuseppe, dopo quello che l’ha impegnata dal 2006 ad oggi.
«Ritorna alla comunità ciò che è nato dalla comunità – commenta Stefano Armellino, ex amministratore delegato della cooperativa San Giuseppe che per anni ha gestito la struttura – La speranza è che la popolazione s’impegni, attraverso la pubblica amministrazione, a mantenere attiva questa casa di riposo, una vera risorsa per tutti», dove ogni sabato pomeriggio i padri somaschi celebrano Messa alle 16.30. Per alcuni anni a partire dalla sua fondazione, le suore del Cottolengo vi aprirono anche una sezione scolastica distaccata con le classi quarta e quinta elementare, gratuite per la popolazione, quando a San Mauro le scuole pubbliche coprivano soltanto i primi tre anni. A metà degli anni Settanta sopraggiunsero difficoltà e il Cottolengo informò più volte il Comune sull’impossibilità di proseguire nella gestione della Casa per la quale si avvaleva di personale religioso. «Fu così che nel 1975 per ristrutturare la Casa e permetterne la migliore utilizzazione fu costituito un comitato spontaneo, promosso dai parroci don Nicolino Rocchietti e don Luigi Caramellino, con l’interessamento del dottor Giuseppe Scippa – ricorda il geometra Armellino Furono anni difficili ma di grandi soddisfazioni e i lavori furono completati con l’intervento finale del Cottolengo. Determinante fu l’assunzione di impegni finanziari del geometra Leonardo Ferreri e della signora Franca Rudà Tonjolo nonché, a seguito, di tutta la popolazione». Ottenere finanziamenti in quegli anni non era un grosso problema, ma la gestione della casa di riposo non è stata sempre facile: «ci attivammo – ricorda Armellino anche per chiedere un aiuto a Specchio dei Tempi e lo ottenemmo». Durante l’ultima Visita pastorale a San Mauro, nel mese di gennaio 2012, l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia è stato ospite della struttura di via IV Novembre dove ha trascorso alcune ore in compagnia degli ospiti e del personale della Casa tra ricordi e canti. Emanuele FRANZOSO

Funziona il Comando unificato?

È tempo di primi bilanci per il Comando unificato di tutte le Polizie municipali dei Comuni che sono entrati a far parte, con le rispettive amministrazioni, all’Unione dei Comuni, organismo sovracomunale, con tanto di consiglio, cui ha scelto di aderire anche il Comune di San Mauro. A partire dallo scorso mese di marzo, con una decisone di carattere e di portata «storica», gli enti che hanno aderito all’Unione dei Comuni, per razionalizzare ma anche gestire al meglio le risorse legate alle varie polizie municipali, hanno dato vita al Comando unificato della Polizia Municipale di Net, con sede a Settimo sotto la direzione di Sergio Zaccaria, ex maresciallo dei Carabinieri di Caselle e comandante della Protezione civile del Comune di Torino. Settimo, Caselle, Borgaro, San Mauro, Volpiano e San Benigno: questi i Comuni che hanno scelto di unificare i rispettivi organismi di polizia municipale che, da allora, rispondono ad un unico numero di pronto intervento. «Nei primi 100 giorni la nuova centrale operativa ha ricevuto circa 10 mila chiamate – comunicano i vertici della polizia di Net – gli interventi sul territorio sono stati invece circa 1.300. L’unificazione delle Polizie municipali dei singoli Comuni ha portato ad avere un comando dell’Unione che conta un organico complessivo di più di cento agenti ed oltre una quarantina di mezzi». È stato possibile realizzare sul territorio dell’Unione il servizio serale e notturno, grazie alla presenza di pattuglie miste. «Ovviamente si è ancora in una fase di rodaggio – spiegano dal comando unificato – Nei prossimi mesi bisognerà lavorare ulteriormente nella direzione di migliorare sempre più il servizio. Intanto nei primi centro giorni di servizio si sono fatte molte cose». Prima le Polizie municipali dei sei Comuni non usavano lo stesso sistema radio, ora anche questo problema è stato risolto. Nel prossimo futuro c’è l’idea di far nascere il primo servizio specialistico della Polizia dell’Unione. Un’unità dedicata appositamente all’infortunistica statale, attraverso un team di agenti formato per questo tipo di interventi, grazie anche all’acquisto di una unità mobile idonea. Ma non tutto è commentato positivamente dalla popolazione. In alcuni comuni si levano proteste di cittadini e forze politiche secondo cui l’unificazione delle varie polizie non ha portato vantaggi, anzi forse svantaggi. Le lamentele più pressanti si levano a San Mauro. Proteste tradotte in una petizione cittadina per mantenere l’ufficio dei Vigili urbani a San Mauro (dal 1° luglio quelli locali sono chiusi). Qualche lamentela in tal senso si è levata anche dal Consiglio comunale di Caselle, per un analogo problema: con la chiusura degli uffici aperti al pubblico, le multe dovranno essere pagate o via posta, come già accade, o direttamente presso la nuova struttura del comando unificato con sede a Settimo. Il sindaco di San Mauro Ugo Dallolio ha cercato di placare gli animi, ricordando che lo sportello informativo è stato mantenuto e consente sempre ai cittadini di comunicare con i vigili. Per tutto il resto bisognerà in effetti fare capo al Comando di Settimo. La petizione popolare non ha scalfito i progetti legati al Comando unificato. «Qualche malumore per i cambiamenti era inevitabile – concludono dal Comando settimese – ma i piccoli Comuni devono riflettere: non hanno personale sufficiente ad operare autonomamente, non potrebbero permettersi pattuglie serali e notturne. Ora le pattuglie ci sono, su tutto il territorio dell’Unione dei Comuni, e non ci sembra poco in termini di sicurezza dei cittadini». Davide AIMONETTO

Una lezione molto attuale

La storia del ponte vecchio di san mauro è stata raccolta, in occasione del centenario, nel libretto agiografico «Ël nòstr Pont ansima al Po’» a cura di Renzo Masiero (ed. Presadiretta, Torino 2012, 100 pagine, 15 euro). delle situazioni e dei personaggi dei quali parla questo volumetto alcuni mi hanno particolarmente colpito, anche per la loro attualità. intanto la figura di colui che lo volle con tanta determinazione, il sindaco Giovanni Mochino. Dell’uomo si sa molto poco se non che, par di capire, alternasse la sua attività di contadino a quella di sindaco. Persona semplice, capace di visioni grandiose, ma con i piedi piantati per terra, abile ad attirare consensi molto ampi e deciso nel perseguire un obiettivo che avrebbe cambiato l’economia di san mauro. È un modello di politica che può essere capito dalla gente non solo di allora: non contro qualcuno o qualcosa, ma aggregante attorno agli interessi pratici di intere comunità e per lui parlano i consensi raccolti e la realizzazione dell’opera. il secondo elemento è la comunità della san mauro di allora. aveva la convinzione che non tutto fosse dovuto. il ponte lo sentiva davvero suo e il consenso si traduceva nel mettere mano al portafoglio. dalle famiglie più ricche, che evidentemente potevano trarre un profitto economico più immediato, alle persone più modeste, passando anche per il parroco don Felice melica. i soggetti finanziatori furono dunque lo stato, il comune di san mauro e i cittadini in proprio, che si impegnarono anche davanti al notaio, sapendo mantenere gli impegni presi. non sarebbe un gran male se ci sentissimo eredi di tanto senso di responsabilità. Roberto PORRATI

Giovanissimi orticoltori

All’imbocco (lato Oltrepo) del centenario Ponte Vecchio è visibile dallo scorso 5 giugno un orto di erbe aromatiche che gli alunni della scuola elementare Giorgio Catti coltivano nell’ambito dell’ormai noto progetto di Slow Food «Orti in condotta». Già centinaia i bambini e le bambine coinvolte nell’allestimento di orti scolastici nella nostra città. Quello presso il Ponte è coordinato da cinque nonni volontari: Sergio Gilardi, Maria Rossetto, Antonio Di Giorgio, Luigi Antonetto e Luigi Avataneo. (e.f.)

Inchiesta su edilizia

Le Commissioni speciali d’inchiesta sull’Urbanistica, istituite dal Consiglio regionale del Piemonte, proseguiranno fino a dicembre 2012. I lavori, che avrebbero dovuto terminare a metà giugno, si concentrano su San Mauro e altri 9 comuni scelti a campione (Moncalieri, Nichelino, Chivasso, Rivarolo Canavese, Orbassano, Cuorgnè, Leinì, Ivrea e Ciriè). Molti cittadini in questi anni si sono espressi contro la moltiplicazione dei cantieri edilizi, anche ricorrendo al Tar. Lo scorso 9 luglio, nell’ambito dell’inchiesta della Commissione regionale, sono stati ascoltati il nuovo sindaco Ugo Dallolio e l’ingegnere comunale Matteo Tricarico. (e.f.)

Al centro della Chiesa c’è la regola dell’Amore

Nello scorso numero di «Testata d’Angolo» ho scritto della Chiesa missionaria e alcuni mi hanno avvicinato per dirmi quanto la Chiesa, secondo loro, sarebbe più vicina alla gente, e anche più appetibile, se fosse più «democratica», cioè assumesse le decisioni a maggioranza, perché questa è l’essenza della democrazia. Premesso che quando si perde il bene della democrazia accadono sempre cose piuttosto brutte (si pensi alle dittature di ogni tempo e luogo), siamo poi così sicuri che in democrazia governi davvero la maggioranza? Facciamo l’esempio degli Stati Uniti, la più importante democrazia del mondo. Alle elezioni presidenziali partecipa circa il 60% degli aventi diritto (che non sono la totalità dei cittadini maggiorenni); il Presidente viene eletto dalla maggioranza dei votanti e questo significa che viene eletto dal 20/25% degli aventi diritto. Si tratta di una minoranza abbastanza evidente.
Un partito che raggiunga il 30% dei consensi si gonfia il petto, dimenticando che gli è contrario il restante 70%. La competizione elettorale, poi, comporta soprattutto il confronto tra posizioni diverse. In politica questo si traduce con il coagularsi delle posizioni su diversi partiti che, per loro natura, difendono gli interessi di una «parte». Si può allora dire che la democrazia per sua natura contempli la divisione. La democrazia è certamente un valore nella società contemporanea, ma potremmo anche dire che in fondo è il male minore rispetto ad altre forme che non consentono alcun tipo di partecipazione. Abbiamo davvero bisogno di questo nella Chiesa? Facciamo l’esempio di un Consiglio pastorale parrocchiale che si muova con questa logica. Il parroco presenta una sua proposta e la mette ai voti. Intorno alla proposta si coagula il gruppo del parroco, ci mancherebbe altro, al quale si contrapporrebbe un altro gruppo più o meno esplicitamente contrario. Nella terra di mezzo i soliti che si barcamenano. Presa la decisione i contrari resterebbero tali e si sentirebbero legittimati a difendere le loro posizioni davanti alla comunità. Il risultato è una maggiore corresponsabilità o una maggiore e conclamata divisione? Si potrebbe obiettare che le cose non vanno certamente meglio se le decisioni sono prese dal parroco soltanto e sono indiscutibili. Vero, ed è sicuramente successo un’infinità di volte, ma la Chiesa è questo? La Chiesa nella sua essenza, a questo proposito, è segnata dalle correnti culturali del tempo o ha qualcosa che la distingue da ogni altra organizzazione umana, la pone per così dire fuori da questa logica e la rende unica? La Chiesa non è semplicemente una comunità; se così fosse sarebbe sì un popolo che fa riferimento a Dio, ma seguirebbe logiche soltanto umane. La Chiesa è una comunità che ha la presenza, reale e costante, di Cristo e questo la sottopone esclusivamente alla legge di Dio, che è sostanzialmente l’amore. La prima cosa da sottolineare è che Cristo vive nella sua Chiesa sotto la specie sacramentale, ma non soltanto, basti pensare a quel «dove due o più si riuniscono nel mio nome là io sono». Allora si tratta di capire come si deve vivere l’amore nella Chiesa. Si tratta, meglio, di capire che cosa Cristo propone alla società umana quando chiede di configurare la vita alle leggi dell’amore, che vuol dire, sostanzialmente, ai due insegnamenti fondamentali «Ama il prossimo tuo come te stesso» e «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». Senza entrare nello specifico di questi due insegnamenti, cerchiamo di capire che cosa comporta nella pratica amare nella Chiesa. Se Cristo è presente nella sua Chiesa, lo è sempre, non soltanto nella Messa, ma anche nelle riunioni. Ritorniamo allora al nostro Consiglio parrocchiale. Quando è riunito cominciamo a pensare a Gesù concretamente tra i presenti: il clima cambia. Chi ha il compito di proporre sa che, qualunque sia il tema, la sua proposta non può essere banale, meno che mai arrogante, ma semmai un dono (l’amore è sempre un dono). Chi accoglie la proposta lo fa con delicatezza, perché i doni non si sciupano. Questa è una delle prime cose che si insegnano a un bambino. E tutti contribuiscono alla discussione non con l’intenzione di prevalere, ma per donare a loro volta. Poi qualcuno dovrà tirare le fila, e sarà il parroco, ma in un clima di condivisione, che vedrà protagonisti alla pari anche chi ha donato cose diverse dalla decisione finale, che sarà comunque di tutti. Il frutto finale è l’unità costruita dalla presenza di Cristo. Alla Chiesa non serve più democrazia, ma più amore praticato. diacono Roberto PORRATI

Estate ragazzi, coda a settembre

Estate ragazzi e Campi Estivi, due grandi esperienze vissute anche quest’anno dai giovani dell’unità Pastorale di san mauro come occasioni per cementare il gruppo e per consolidare insieme, divertirsi, maturare nella fede. Elisa ottaviani una delle responsabili dell’Estate ragazzi con Chiara Ventrella e Daniele Catalano traccia un bilancio del centro estivo 2012: «I bambini erano tanti, sempre circa 70 con 25 animatori a settimana. L’età dei ragazzi andava dalla prima elementare alla seconda media per le prime tre settimane; poi si è aggiunta anche la terza media. Gli animatori delle superiori si sono fatti in quattro rinunciando a un po’ di riposo estivo per dedicarsi ai ragazzi, ai giochi, all’organizzazione, a far divertire gli altri. sono state settimane molto piene, zeppe di attività, giochi, tornei, occasioni di riflessione e preghiera «Siamo stati aiutati per i pranzi da un’equipe molto disponibile e gentile – continua Elisa Ottaviani che ci ha sopportato in queste settimane; tanti i cuochi che hanno preparato per noi il cibo. Tanti sorrisi, poca musica (ma ogni giorno l’inno) seguendo il cammino suggerito dal sussidio estivo ‘Tutti per tutti’: noi possiamo essere un aiuto per gli altri, noi con gli altri, noi insieme agli altri, nessuno deve essere egoista o solo». Le attività di Estate Ragazzi (che si son svolte dal 18 al 29 giugno e dal 16 al 20 luglio al Sacro Cuore, dal 2 al 6 luglio a Sant’Anna, dal 9 al 13 a San Benedetto e ora dal 3 al 7 settembre a Santa Maria) seguivano uno schema collaudato di momenti di racconto, di riflessione, di preghiera, giochi e tornei, qualche compito, con una gita settimanale in piscina. Parallelamente all’Estate Ragazzi, si sono svolti i campi estivi di Unità Pastorale: II e III elementare a Pialpetta, IV e V elementare a Oulx e Pialpetta, I e II media a Oulx e Pialpetta, III media dal 1 all’8 luglio a Oulx, il biennio superiori al campo Acr di Claviere e il triennio al campo Acr a Mompellato dal 9 al 14 luglio. In totale sono stati coinvolti 176 ragazzi, 30 animatori, 6 assistenti spirituali e un’equipe di 18 cuoche. «Il campo estivo – commenta Stefano Carena, capocampo di IV-V elementare a Pialpetta – è un’esperienza autentica e seria di vita comunitaria, dove per sette giorni ragazzi, animatori, assistenti e cuoche condividono ogni aspetto della giornata, da quelli più giocosi a quelli più seri, proprio come avviene in una famiglia. Al termine della settimana ciascuno torna a casa arricchito dal tempo condiviso con gli altri e dall’incontro con il Signore che ci ama e ci ha chiamati a fare insieme il cammino verso di lui. Un’esperienza di vita apostolica». Tanti sono i momenti da ricordare in ogni campo, alcuni molto suggestivi: grandi giochi, preghiere intorno al falò, giochi notturni, escursioni, vita comunitaria... Il fatto di mettersi alla prova nella vita con gli altri rende l’esperienza significativa e memorabile. Quest’anno la figura che accompagnava i ragazzi nei vari campi è stata – quasi per tutti – quella di san Giovanni: un apostolo attento alla parola di Gesù; un modello che ha aiutato i bambini a riflettere sulle proprie esperienze di vita, anche nelle differenti età. Per quanto riguarda i giovanissimi delle scuole superiori, una delle novità dell’estate 2012 sono stati i campi di Azione Cattolica ai quali hanno partecipato, per la prima volta, ragazzi dell’Unità Pastorale, accompagnati da tre animatori. Uno dei partecipanti, Giovanni, ha partecipato al campo di Claviere: «All’inizio – racconta – ero un po’ diffidente a partecipare a questo campo con l’Ac... Invece è stato uno dei campi più belli e meglio organizzati che io ricordi; già dal secondo giorno è stato facile fare amicizia con tutti. Gli animatori per me sono stati perfetti e hanno fatto vivere un’esperienza fantastica». Foto e testimonianze di animatori, capicampo e ragazzi si possono trovare sul blog online di Testata d’Angolo testatadangolo.blogspot.it. Matteo DE DONÀ

Auguri, don Luigi!

Sessantacinque anni di sacerdozio celebrati nel giorno del Corpus Domini con un messaggio di speranza. Don Luigi Caramellino – parroco emerito di sant’anna – è stato festeggiato da tanti fedeli e amici, cui si è aggiunta una lettera di ringraziamento dell’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia. «Fra 10 anni forse troveremo don Luigi ancora in attività» ha commentato l’attuale parroco don Claudio Furnari durante la celebrazione del 10 giugno. Un bell’augurio al quale ci uniamo insieme a quello di buon compleanno (90 anni!) festeggiati il 2 settembre. (e.f.)

Ponte Vecchio racconta

Un’impresa resa possibile dalle offerte della popolazione – Tante memorie lungo le rive del Po, dove Cesare Pavese sostava in cerca di ispirazione
Cesare Pavese amava passeggiare a san mauro sulle rive del Po. La proprietaria del ristorante Frandin lo incontrò spesso, fino alla vigilia della sua tragica morte. Piccoli e grandi episodi come questo, legati alla storia del fiume e al Ponte Vecchio – che l’8 settembre compirà cento anni – affiorano nella memoria di protagonisti e testimoni locali, rintracciati da «Testata d’angolo» per celebrare il centenario del Ponte. Il Ponte parla di noi. Racconta la storia della fatica compiuta dai nostri avi per «collegare» san mauro alla pianura di Torino. Decisivo fu il contributo economico dei sanmauresi, 412 sottoscrizioni. Prima del Ponte c’erano solo le barche. Uno dei simboli di San Mauro è il ponte Vittorio Emanuele III (Ponte Vecchio) che in tutta la sua armonia fa bella mostra di sé e in queste settimane accende le sue prime cento candeline. Opportune manifestazioni celebreranno il centenario per far memoria di quest’opera imponente, inaugurata l’8 settembre 1912, in una stagione fervida di innovazioni, opere pubbliche, iniziative destinate a trasformare la vita della gente. A cavallo fra Otto e Novecento si respirava aria di progresso: in questo clima prese piede l’idea di costruire un ponte sul Po in sostituzione del vecchio servizio di barche che trasportavano persone, animali e merci da una sponda all’altra del fiume, dietro pagamento di un pedaggio. Leggiamo nel libro «Ël nòstr Pont ansima al Po’» di Renzo Masiero (vedi altro servizio in questa stessa pagina) che il porto per le barche sul Po aveva origini antichissime, risalenti a un’epoca nella quale il fiume si chiamava Eridano e San Mauro era Pulcherada (quindi prima del 1418, quando il nome di Pulcherada decadde). Chi scrive ricorda i racconti di sua nonna Carola Leonardo in Gili: narrava che suo padre Edoardo era stato uno dei promotori della costruzione del ponte e della raccolta di fondi fra la popolazione. Dal libro di Masiero apprendiamo che fu redatta una lista con 412 sottoscrizioni: raggiunse le 43.949,10 lire, pari al 9% del costo dell’opera finanziata per il resto con denaro pubblico. «Considerando che il comune contava poco più di 3000 abitanti – osserva Masiero – lo sforzo finanziario dei sanmauresi fu a dir poco commovente ed ammirevole». Primo firmatario era il sindaco Giovanni Mochino con la cifra di 100 lire. L’offerta più cospicua, 1000 lire, venne da Fedele Paletto per la «Società operaia», nella sua qualità di presidente. Altre 600 lire furono sottoscritte dalla contessa Caterina Balbis di Sambuy e dal parroco Felice Melica. Un elenco piuttosto lungo riguarda i donatori di 500 lire, fra cui Lorenzo Luchino, Vincenzo Mochino, Angelo Pilone, Raimondo Gilardi. Gli eredi Balbis di Sambuy contribuirono per 400 lire, mentre Edoardo Leonardo e Giovanni Pilone versarono 300 lire. Altre offerte oscillavano fra le 20 e le 100 lire, e sono encomiabili poiché dimostrano l’impegno di chi aveva meno disponibilità. Testimonianze indirette di quello che avvenne ci sono pervenute dall’architetto Tommaso Richetti e da Angelo Vergnano. La famiglia Richetti, una delle più antiche di San Mauro, ricorda che il bisnonno Carlo versò un’offerta di 500 lire; il nonno Tommaso partecipò all’inaugurazione del ponte con un gruppo di militari, indossando la divisa della guerra di Libia; la zia Margherita Mazzucchetti partecipò con altri bambini alla posa di monete murate nel nuovo ponte, come si usava allora. Felicita Rosa, classe 1902, ha tramandato i suoi ricordi al figlio Angelo Vergnano. Quando fu inaugurato il ponte aveva ottenuto un buon rendimento scolastico e ottenne come premio di poter eseguire una canzoncina che decenni dopo ancora ripeteva al figlio: «Viva il ponte di San Mauro, bel paese in riva al Po. Siamo vispi, fieri e baldi, siamo i figli ed San Mò». Con il nuovo ponte si chiuse un’epoca – quella delle imbarcazioni – che noi oggi immaginiamo romantica, ma all’epoca conosceva le sue scomodità. L’attraversamento del fiume era legato a orari precisi. L’ultimo responsabile del porto di San Mauro centro fu Domenico Prina, detto Mena, padre di Ritin, icona di San Mauro per la sua simpatia innata. Nell’oltre Po era responsabile del servizio suo cugino Risot. In un’intervista concessaci nel 2009, Ritin ci portò con la memoria in un paesaggio che non esiste più. Era nata nella trattoria «Pesci vivi», dove oggi c’è il teatro Gobetti, nel 1917. «Il Po per me era il mare – raccontò – le mie estati erano lungo le sue rive insieme a tanti amici. All’epoca tutti facevamo il bagno, le acque del fiume lo permettevano ed i pesci erano buoni e sani». Le rive del fiume a San Mauro furono frequentate anche da Cesare Pavese, che sovente veniva a pranzare al ristorante Frandin, cercando di non farsi riconoscere. Dopo pranzo andava lungo via Goito verso il Po, si fermava sotto ad una pianta, apriva la sua seggiolina pieghevole, forse cercava ispirazione per le sue opere. Un giorno Anna Frandin, detta Neta, proprietaria del ristorante insieme alle sorelle Mariuccia ed Augusta (Gusta), vedendolo pensieroso con il viso fra le mani gli chiese «Cesare, cosa it l’has?». Lui le rispose che il giorno dopo avrebbe avuto la risposta dai giornali Neta pensò all’annuncio di una nuova opera di Pavese; il giorno dopo apprese invece della sua tragica morte. Luisa PILONE

Corpi Santi, programma

Questo il programma dell’edizione 2012 della Festa dei Corpi santi:
• Lunedì 10 settembre alle 21 concerto di arpa del maestro Enzo Vacca nella parrocchia del sacro Cuore di Gesù. • Martedì 11 alle 21 conferenza di don Ferruccio Ceragioli su «Tutto quello che è vostro: spirito, anima, corpo (1 Tes. 5) – Il dono di sé, la testimonianza della Resurrezione» nella parrocchia di san Benedetto. • Mercoledì 12 alle 21 conferenza del teologo Paolo Mirabella su «Donare la vita, difendere la vita» nella parrocchia di sant’Anna. • Giovedì 13 dalle 21 alle 2 Adorazione Eucaristica nella parrocchia di santa maria di Pulcherada. • Domenica 16 alle 10 messa solenne nella chiesa di santa maria di Pulcherada, seguita da pranzo comunitario. • Lunedì 17 alle 21 processione dei Corpi santi a partire dalla chiesa santa maria di Pulcherada.

Nell’Anno della Fede

Per le parrocchie di San Mauro la festa patronale dei Corpi Santi offre una prima occasione di meditazione e preghiera
La fede nel 2012 è ancora necessaria? a cosa serve e, soprattutto, mi aiuta a stare meglio? sono domande mai scontate in nessuna epoca storica, per nessun individuo ma diventano particolarmente importanti quando parliamo dell’adesione a Gesù Cristo, un’adesione da compiere in libertà e consapevolezza. avremo modo per rispondere a queste e a tante altre domande nell’anno che inizia, che ha come tema proprio la Fede. Dall’11 ottobre 2012 al 24 novembre 2013 – su indicazione del Papa siamo chiamati a riflettere sui contenuti del Credo e a verificarne la coerenza con la nostra vita quotidiana. La Festa patronale dei Corpi santi, nelle prossime settimane, sarà una prima occasione per iniziare questo percorso. Per rispondere alle domande sulla fede bisogna mettere in conto un po’ di fatica e di tempo. La vita a volte ci regala l’illusione di poter essere soddisfatti senza alcun bisogno di Dio e tanto meno di una comunità di cui sentirsi parte. Così alle domande sulla fede sbrigativamente: non è necessaria, esistono tanti altri modi per stare bene... Occorre un serio esercizio di verifica interiore per ammettere e scoprire che non ci basta stare meglio, ma desideriamo dare un senso alla nostra vita, un senso vero e riconoscibile per noi e per le persone che amiamo e che ci hanno amato. Allora la domanda che affiora è diversa: è necessaria la fede per salvare ciò che abbiamo di prezioso nella nostra vita? E in definitiva: c’è possibilità di salvezza per ciascuno di noi? Il Vangelo ci insegna che la salvezza viene dall’infinita misericordia di Dio. La fede è la risposta al desiderio di Dio di abbracciare tutta l’umanità. Senza la fede ci precludiamo la gioia di assaporare la dolcezza di Dio anche se Lui continuerà sempre a cercarci.
Nell’Anno della Fede aiutiamoci gli uni gli altri ad aumentare la nostra fede a partire dagli appuntamenti che ci attendono a settembre (vedi box a pagina I). Primo tra tutti la Festa patronale dei Corpi Santi con diverse occasioni per approfondire temi che riguardano la nostra fede e poi soprattutto con la celebrazione dell’eucarestia di domenica 16 settembre e la processione di lunedì 17 settembre. In questo Anno della Fede sfruttiamo più degli altri anni le occasioni di formazione per gli adulti: il cammino di catechesi, i gruppi famiglie o i ritiri spirituali aperti a tutti. La lectio divina del mercoledì sera ci accompagnerà nell’anno per conoscere meglio la sacra scrittura e pregare insieme con la Parola di Dio. don Ilario e don Claudio

lunedì 12 marzo 2012

San Mauro in cammino dopo la visita pastorale


-Tre impegni prioritari: la formazione cristiana, l’unità nella Chiesa e la missione
La formazione cristiana, l’unità nella Chiesa, la missione. sono tre grandi priorità indicate nella recente Lettera pastorale dall’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia, che lo scorso mese di gennaio è tornato a parlarne a San Mauro durante la Visita alle parrocchie dell’unità pastorale 29. Pochi giorni dopo la conclusione della Visita, il 2 febbraio, ha scritto al clero e ai fedeli sanmauresi per ringraziarli delle giornate d’incontro e per orientare il cammino della Chiesa locale nei prossimi anni.
Gratitudine.
«Risuona forte nel mio cuore – scrive l’Arcivescovo – un senso di viva riconoscenza al Signore e a tutti voi per la Visita pastorale che ho compiuto nella vostra unità pastorale. I segni di speranza e di fede che ho visto emergere dai numerosi incontri liturgici, personali o di gruppo che ho avuto con le vostre comunità li porterò sempre con me come un tesoro prezioso, che mi ha arricchito di grazia e di comunione. Come potrei dimenticare la gioia e l’accoglienza ricevute dai malati e dagli anziani nelle loro case, dai bambini delle scuole (ringrazio molto il Dirigente scolastico e i docenti), dai fanciulli e ragazzi del catechismo, dai giovani e famiglie ma anche l’amicizia sperimentata negli incontri con tanti operatori, collaboratori e volontari, che offrono il loro prezioso servizio nelle parrocchie negli ambiti liturgico, catechistico, caritativo, ministeriale e nei consigli pastorali e per gli affari economici e nell’Équipe di Unità pastorale?».
«Momento commovente e ricco di fede e di speranza per tutti – prosegue mons. Nosiglia – è stata la benedizione del restauro del Cristo Pantocrator della parrocchia di Santa Maria di Pulcherada (...). Agli amministratori e al Consiglio comunale rivolgo il mio vivo ricordo per l’incontro avuto insieme, nel quale abbiamo avviato un utile e fecondo scambio di idee sui principali problemi ed esigenze della popolazione. Anche il confronto con i genitori e le famiglie, gli operatori economici e sociali e la visita a diverse strutture di accoglienza, la conoscenza e l’esperienza d’incontro con le comunità religiose, mi hanno confermato nella valutazione positiva e ricca di speranza per il futuro di ciò che si sta attuando nella vostra Unità pastorale e sul territorio».
Parrocchie insieme.
Da alcuni anni le quattro parrocchie di San Mauro stanno intensificando la collaborazione e i servizi comuni nell’ambito dell’Unità pastorale 29. Come osserva l’Arcivescovo sono parrocchie con « una storia ed una realtà anche sociale, oltre che religiosa, distinta da tradizioni ed esigenze proprie della popolazione che le abitano (...). Credo che l’identità debba essere conservata e tutelata nei suoi elementi fondamentali, vale a dire nelle sue specificità, ma nel contempo è necessario far crescere una comunione sempre più ampia verso le altre parrocchie. La via di unificare i servizi pastorali e la formazione è certamente valida, ma non è l’obiettivo finale, che resta la comunione sempre più piena e convinta delle quattro parrocchie attorno ad un unico progetto-Chiesa e dunque una visione di comunità sempre meglio amalgamata e convergente nel suo cammino unitario di popolo di Dio, che vive sul territorio. La scelta dei sacerdoti di vivere insieme è molto positiva ed incoraggia il cammino dell’Unità pastorale».
Formazione.
Fra le priorità da perseguire nei prossimi anni mons. Nosiglia indica la necessità di «promuovere e qualificare la formazione del diventare cristiani a partire da una nuova impostazione di tutta la pastorale parrocchiale strutturata sugli itinerari catecumenali rivolti ai piccoli e ai giovani, ma soprattutto agli adulti e genitori. Si tratta di itinerari differenziati, ricchi di contenuto di fede, di preghiera e di esperienza comunitaria, impostati sulla Parola di Dio, che va costantemente messa al centro della formazione attraverso la lectio biblica, la catechesi nei gruppi, l’evangelizzazione delle famiglie in particolare. La dimensione vocazionale sia posta in forte risalto e promossa come base portante e obiettivo privilegiato di tutta l’azione educativa e formativa. Solo un cristiano formato alla scuola della Parola potrà farsi ministro e servo del Signore e dei fratelli e potrà testimoniare coraggiosamente il Vangelo nel suo ambiente di vita e di lavoro».
L’Arcivescovo chiede di porre particolare cura nella pastorale dei battesimi (e dei post-battesimi: «Occorre non perdere i contatti con le famiglie giovani attraverso semplici, ma significativi segni ed iniziative di dialogo e incontro»). Esorta a sviluppare la catechesi attorno agli itinerari indicati dai Vescovi italiani («superando metodi privati e carenti sul piano dei contenuti della fede»). Chiede di coordinare la catechesi con le famiglie, «cardine fondamentale della pastorale in una parrocchia», da accompagnare in ogni fase della vita: le coppie che si formano e si sposano, i figli che nascono, crescono. A San Mauro, sul piano della formazione e della pastorale famigliare, mons. Nosiglia ha rilevato con interesse «il servizio offerto dalle scuole materne paritarie (da mantenere e qualificare sempre meglio con l’apporto anche di risorse da parte di tutte le quattro parrocchie e del Comune, come già avviene); l’impegno prezioso all’accoglienza e alla carità capillare del Centro Caritas, dei Gruppi dell’opera di San Vincenzo de’ Paoli e delle altre associazioni o realtà impegnate nell’aiuto ai poveri di cui è particolarmente ricca la vostra Unità pastorale e città».
Unità pastorale.
L’unità della Chiesa «si fonda sull’amore vicendevole, che trova il suo momento concreto e forte nella celebrazione del Giorno del Signore. È a partire dall’Eucaristia che è possibile consolidare il cammino dell’unità nelle singole parrocchie e tra loro». L’Arcivescovo ha notato con gioia che a San Mauro «le celebrazioni domenicali sono curate bene e ricche di partecipazione attiva e coinvolgente da parte della gente e di tanti ministri (cori, ministranti, lettori)». La cura della liturgia e la partecipazione delle nuove generazioni alle Messa domenicale sono esigenze centrali per la vita della comunità cristiana, insieme alla celebrazione del sacramento della Riconciliazione. Dall’Eucaristia nascono i diversi ministeri nella Chiesa: quello dei sacerdoti, del diacono, dei religiosi, dei numerosi laici.
Missione.
«La prima via missionaria – scrive mons. Nosiglia – è senza dubbio la carità, nei confronti della quale ho constatato con gioia il vostro forte e capillare impegno sul territorio e verso le missioni nel mondo(...). Continuate così, affrontando insieme le sempre nuove sfide che si presentano in riferimento ai poveri, agli immigrati, alle nuove forme di emarginazione presenti sul territorio e ai nostri missionari nel mondo». I giovani. Le lettera dell’Arcivescovo si chiude con un invito agli «adolescenti e giovani che ho visto attenti ed interessati all’impegno educativo dell’oratorio e delle varie iniziative formative e di aggregazione. Puntate molto sulla formazione, (...), siate giovani di speranza nelle vostre famiglie e comunità, impegnandovi sia nel servizio generoso verso gli altri, sia nella testimonianza della fede e dell’amore. Avete tante forze e risorse positive nel cuore: tiratele fuori con gioia e mettetele a disposizione del progetto di Unità pastorale che si sta promuovendo. La Chiesa, che vive a San Mauro, ha bisogno del vostro entusiasmo, della vostra partecipazione al suo cammino di unità, del vostro impegno verso i coetanei che vivono fuori di essa. E voi avete bisogno della vostra Comunità in cui potete incontrare Cristo e vivere in amicizia tra voi l’avventura più stupenda della vita, quella della fede nel Signore, che riempie il cuore di gioia vera e duratura».

Costruire meno


-Sospese le vecchie «varianti» al Piano Regolatore, progetti sotto la lente della Regione Piemonte
Entro fine marzo – dopo alcuni mesi di cassa integrazione nell’impresa edile rosso – riprenderà la costruzione di tre nuovi condomini da 60 appartamenti in via Torino 38, area del Castelletto sul Po. È una buona notizia sul fronte dell’occupazione, ma anche un’occasione per ragionare sui piani edilizi a San Mauro Torinese. Da tempo con il sindaco Ugo Dallolio sono state sospese alcune discusse varianti al Piano Regolatore. Nelle prossime settimane si potrà tirare le fila delle consultazioni effettuate nei mesi invernali attraverso appositi «focus group». I piani urbanistici del comune di san mauro sono anche al vaglio di due commissioni in Consiglio regionale. Il futuro di San Mauro – nuove case, trasformazioni urbanistiche – si deciderà entro il prossimo mese di giugno anche attraverso «focus group», inchieste e indagini. Alcune discusse varianti al Piano regolatore sono state provvisoriamente congelate sotto il nuovo sindaco Ugo Dallolio, mentre i piani di trasformazione urbanistica, soprattutto in collina, sono finiti sotto la lente d’ingrandimento della Regione Piemonte.
Due commissioni.
Il 12 dicembre 2011 il Consiglio regionale ha istituito due Commissioni speciali: una d’inchiesta sull’urbanistica e una d’indagine sugli appalti relativi a dieci comuni scelti a campione, fra i quali rientra San Mauro. La prima commissione è presieduta da Andrea Buquicchio (Idv), il promotore, e ha come vicepresidenti Daniele Cantore (Pdl) e Gianna Pentenero (Pd). La seconda è guidata da Alberto Goffi (Udc), vicepresidenti Stefano Lepri (Pd) e Roberto De Magistris (Lega Nord). I lavori delle commissioni dureranno sei mesi, salvo proroghe, e passeranno al setaccio gli atti dell’urbanistica e gli appalti dal 1° gennaio 2008 a oggi relativi ai Comuni di Moncalieri, Nichelino, Chivasso, Rivarolo Canavese, Orbassano, Cuorgnè, Leinì, Ivrea, Ciriè e San Mauro.
Per conoscere i risultati di tutto l’iter si dovrà attendere l’estate. La Commissione è stata convocata per riferirne il 12 giugno 2012.
Focus group.
Per discutere sul futuro di San Mauro sono stati avviati il 31 ottobre 2011 appositi «focus group». Sono momenti di confronto tecnico sulle strategie urbanistiche tracciate dal Documento di programmazione urbanistica (Dpu), dal Protocollo d’intesa sul quadrante Nord-Est e dal Patto dei sindaci. Il primo dei tre incontri già svoltisi risale a novembre. Vengono riuniti rappresentanti di tutte le forze politiche di minoranza (Pdl, Udc, Lista Civica e Movimento 5 Stelle), il Comitato cittadino «No Variante 11», le quattro associazioni di commercianti della città (Fuori Centro, Sant’Anna-Pescatori Le due Burgà, San Mauro Oltre Po e San Mauro Centro), due associazioni degli agricoltori (Unione agricoltori Provincia di Torino e Confederazione italiana agricoltori), il Consorzio Pescarito e quindi la Commissione Edilizia e quella per il paesaggio del Comune. I lavori del focus group termineranno a fine marzo. «L’obiettivo – spiega il sindaco Dallolio – è ragionare sul nostro futuro in una prospettiva nuova, diversa, che non si limiti alla costruzione di case». Seguirà poi una comunicazione pubblica dei risultati, in attesa della quale il primo cittadino fa il punto sugli attuali scenari dello sviluppo urbanistico a San Mauro.
«Per prima cosa – spiega Dallolio – va detto che i piani di trasformazione di via Asti e via Musinet sono momentaneamente congelati. L’unico capitolo attualmente in via di sviluppo riguarda via Valle Quiete dove stiamo valutando una soluzione concordata fra Comune e Comitato dei residenti. Per il resto alienazioni non ce ne sono e non soltanto per volontà politica ma perché è richiesto dalla Corte dei Conti».
«Partendo dal dato dei 19.300 abitanti attuali, San Mauro, sostanzialmente, può crescere ancora un po’ ma congruentemente con la sua conformazione morfologica. Non dimentichiamo che si tratta di una città divisa dal fiume, con tutte le conseguenze del caso nei trasporti e nelle comunicazioni; di questo aspetto si deve tenere conto».
Priorità, quindi, alla riqualificazione delle abitazioni e degli edifici esistenti – come il progetto della Posta nell’area ex Desalles&Borzino – nella tutela delle aree ancora non edificate. Su questo tema, nelle ultime settimane, molte famiglie del Comitato No Varianti hanno ribadito la loro preoccupazione per le recenti frane collinari.
Per lo sviluppo.
«Tra le priorità c’è sempre la valorizzazione del complesso monumentale di Pulcherada e di tutte le altre occasioni di promozione turistica – conclude il sindaco, nell’anno del centenario del ponte Vecchio di San Mauro – A Pescarito, ad esempio, valorizzeremo l’edificio della Burgo progettato dall’architetto Oscar Niemeyer, azienda con la quale abbiamo inoltre avviato un dialogo finalizzato a salvaguardare le richieste dei lavoratori come è stato fatto con la Icap Sira dove abbiamo salvato una ventina di posti di lavoro. Valorizzare Pescarito faciliterà nel tempo la volontà di portare servizi: nuove attività industriali, poli di ricerca, snodi veicolari e anche la metropolitana».
«Infine prosegue la collaborazione tra i comuni del quadrante Nord Est. Dal 15 marzo il servizio dei vigili urbani avrà un’unica gestione amministrativa; i vigili rimangono regolarmente sul nostro territorio, con vantaggi nuovi sul piano della sinergia: in casi di manifestazioni importanti o di emergenza, ad esempio, potranno collaborare molte più unità (dal 15 marzo il comando di Polizia Locale Unione Nord Est Torino risponderà 24 ore su 24 ad un unico numero telefonico: 011.8165000, informazioni su: unionenet.it ndr) e arriveremo ad una copertura notturna globale grazie ad una ripartizione di zone e orari concordata con i sindacati».
Emanuele FRANZOSO

Il futuro dei giovani, l'etica del lavoro

Mi sembra utile riproporre alcune riflessioni fatte a San Mauro dal nostro Arcivescovo sui problemi dell’economia rispondendo a giovani, imprenditori e commercianti nel corso della sua recente Visita pastorale, che ha toccato i temi caldi del lavoro e del rispetto della persona.
Il mondo cattolico ha da sempre considerato fondamentale il lavoro, tanto che don Bosco per recuperare i giovani e dare loro una prospettiva di vita cominciava con il cercare un lavoro; e lo fece anche con una tale competenza che proprio a lui si deve la definizione del primo contratto di apprendistato. È normale perciò che le parrocchie si aprano alle tematiche del mondo del lavoro, anche perché la crisi sarà lunga e davanti abbiamo un anno pesante. Immediato il collegamento tra lavoro e dignità della persona. L’enciclica di Benedetto XVI «Caritas in veritate» fa da sfondo alle riflessioni dell’Arcivescovo. Ricordiamo che già nel suo esordio l’enciclica dice che «La carità (amore, grazia) è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa. Ogni responsabilità e impegno delineati da tale dottrina sono attinti alla carità che, secondo l’insegnamento di Gesù, è la sintesi di tutta la Legge... è il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici». In questo quadro si collocano le riflessioni in ordine alla salvaguardia dei posti di lavoro e del profitto, che è positivo se crea ricchezza per tutti, senza mai andare a scapito della persona del lavoratore, della solidarietà intesa in senso ampio e della giustizia. A queste condizioni dal profitto si ha un vantaggio sociale. Ma se il profitto è l’unico riferimento, il lavoratore è valutato solo per quello che produce. Al centro non c’è più la persona, l’ambiente in cui si colloca l’attività produttiva, la città, e l’impresa sfugge alle sue responsabilità sociali.
Per superare questo momento difficile occorre cooperazione tra datori di lavoro e lavoratori, superando tradizionali contrapposizioni. Si può pensare a contratti di solidarietà, lavorare meno per lavorare tutti; questa è una scelta solidale. È stato fatto uno sforzo importante per salvare le banche ed evitare il collasso dell’economia, ma ora le banche devono finanziare l’economia.
La crisi che stiamo vivendo nasce dalla finanza. È partita dall’America, dove l’idea che i soldi si facciano «con i soldi» è stata per decenni una linea guida. Non è una linea compatibile con il pensiero dei cattolici e sacrifica i lavoratori: i soldi si devono fare «con il lavoro», non con i soldi. La radice della crisi è etica e spirituale. La «Caritas in veritate» ricorda che «senza verità, senza fiducia e amore per il vero, non c’è coscienza e responsabilità sociale, e l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società, tanto più in una società in via di globalizzazione, in momenti difficili come quelli attuali». L’etica non può mai mancare, il mercato non è un valore assoluto.
Bisogna ritornare a mettere al centro l’uomo, la famiglia e l’ambiente. Ma anche la sobrietà. Avere il senso del sacrificio è positivo. Rispondendo ai giovani che gli hanno presentato la precarietà del loro futuro l’Arcivescovo ha risposto che nella provvisorietà la dignità della persona viene sottostimata e coartata.
Mettere al centro la persona: non è un principio astratto, ma un programma decisivo. Si deve favorire l’intraprendenza giovanile per aiutare a cogliere le opportunità. Il micro credito è importante per l’imprenditoria giovanile. Bisogna attivare centri che aiutino i giovani nella ricerca, per sostenerli e orientarli. Bisogna fare rete. Il precariato è instabilità.Il mondo cattolico non si sottrae a questi problemi e nella diocesi di Torino pone a disposizione strumenti come la Fondazione Operti, ricercata anche dagli enti pubblici per realizzare il welfare: restituisce dignità e autonomia attraverso interventi di micro credito, ricerca di contratti di lavoro... Non sussidi, ma lavoro.
diacono Roberto PORRATI

Noi alla marcia della pace


L’appuntamento diocesano che tradizionalmente conclude il cammino del «mese della Pace» dell’azione Cattolica è una marcia della Pace: quest’anno si è tenuta domenica 5 febbraio nel quartiere torinese Barriera di Milano. Abbiamo chiesto un resoconto alla sanmaurese Elisa Bordin (20 anni), che vi ha preso parte.
«La marcia – spiega Elisa – era organizzata dall’azione Cattolica in collaborazione con altre associazioni quali Gioc, Acli, Cisv, Cvx, Libera, Meic, Focolari, Agesci. Fra le iniziative che l’hanno preceduta spicca un appuntamento particolarmente significativo, tenutosi il 3 febbraio: una conferenza su Giustizia e Lavoro, Giustizia e Disuguaglianza, Giustizia e Consumi e risorse, cui ha partecipato Giancarlo Caselli. La marcia si è svolta domenica 5 a Barriera di Milano, base operativa e punto di partenza la parrocchia di Maria Speranza Nostra. Nel pomeriggio siamo giunti fino in piazza Crispi».
Quante persone hanno partecipato? Come si è svolta la giornata?
Circa 300 persone, fra cui tantissimi bambini. Nel corso della mattinata si sono tenuti momenti di gioco, bans, animazione. Alle ore 12.30 la messa alla «SXA» con don Marco Ghiazza che ha tenuto un’omelia sui temi della pace. Dopo la messa il pranzo e la marcia pomeridiana. La giornata si è conclusa alle 16.30 in piazza Crispi con testimonianze sui vari temi, momenti di ballo, bans e infine la merenda.
Qual era il tuo ruolo? Come hanno partecipato i sanmauresi?
Ogni anno la marcia segna il culmine di un mese dedicato nelle parrocchie a riflettere sui temi della giustizia e della pace. Il Mese della Pace, appunto. A San Mauro si è parlato di pace e giustizia nei vari incontri del catechismo e dei gruppi con i ragazzi interessati (nello specifico i ragazzi delle medie). Nel giorno della marcia io ho svolto il ruolo di «Portapace»: aiutavo nei giochi a stand del mattino, assistevo i piccoli nel pranzo, animavo la marcia con giochi, cori e balli.
Matteo DE DONA

San Mauro scopre e torna ad apprezzare il proprio patrimonio culturale











-Un anno fa il ritrovamento dell’affresco di Pulcherada
Non tutti sanno che nel 1850 San Mauro fu scelta dal re Vittorio Emanuele II per una grande esercitazione militare. Il sovrano sorvegliava le operazioni dalla torre del Castello di Sambuy storico monumento insieme al millenario complesso di Pulcherada. Dopo il ritrovamento, nell’abside di Santa Maria di Pulcherada, dell’affresco di Cristo Pantocrator, attribuito al XII secolo, si è recentemente aperto a San Mauro un interessante dibattito sulla valorizzazione del territorio non solo dal punto di vista paesaggistico, ma anche architettonico e culturale. In tale ambito è importante prendere in considerazione il castello di Sambuy, abitato dai conti Balbo Bertone da più di 500 anni. È considerato una fra le dimore di maggior interesse storico artistico nell’area torinese. Della sua lunga storia vogliamo trasmettere ai lettori i momenti più salienti.
Il territorio al confine con Castiglione, originariamente appartenuto all’abbazia di San Mauro, fu anticamente conteso dai marchesi del Monferrato e dai Savoia del ramo degli Acaya. Intorno all’anno Mille era sotto la giurisdizione del marchese del Monferrato ma successivamente, in seguito alla politica espansionistica degli Acaya, i confini si spostarono presso Castiglione, nella zona ancor oggi detta «Pedaggio».
Il feudo venne ad assumere una notevole importanza strategica. Per le continue guerre tra i marchesi del Monferrato e i Savoia fu conteso fino al 1430, data molto importante nella storia del feudo. Verso il 1300 il nobile Nicolino da Rivalta divenne primo feudatario di Sambuy, avendolo ricevuto dall’abbazia di San Mauro con piena giurisdizione. Con atto ufficiale del 4 ottobre 1430 Balbo Bertone acquisì il feudo che i suoi eredi hanno mantenuto fino ai nostri giorni. Una copia autenticata di tale atto, conservata presso l’Archivio di Stato di Torino, fu redatta nel 1772 ed il parroco di San Mauro, monsignor Davide Corino, al quale è anche stata intitolata una via in San Mauro centro, ne fece una traduzione dal latino. Sempre nel 1772 la signoria di Sambuy fu eretta a contea dal re di Sardegna Carlo Emanuele III e da allora i membri della nobile famiglia assunsero il titolo di «Conti di Sambuy». L’ultima investitura data dall’abate risale al 1782, dopo di che nel 1803 l’abbazia fu soppressa, così come i diritti feudali: i proprietari dei terreni o case da quel momento non dovettero più pagare annualmente il conte feudatario, che conservò il diritto di pesca sul Po (allora si poteva pescare), i pascoli sul gerbido e la presa d’acqua per il mulino già esistente. Dall’infeudazione avvenuta nel 1430 fino alla rivoluzione francese, coloro che lavoravano in queste terre non pagarono tributi all’abbazia: possiamo affermare che il territorio su cui oggi si estende la frazione di Sambuy ebbe una sua storia autonoma rispetto alle altre zone di San Mauro. Venendo ad epoche storiche più recenti ed immaginandoci turisti di questi luoghi vediamo nell’Ottocento un castello fiancheggiato dalle abitazioni che formavano l’antico borgo. Dopo il 1820 il conte Camillo Balbo Bertone acquistò progressivamente tutte le case formanti il borgo. Una gran parte di esse furono abbattute al fine di realizzare l’attuale parco, la scuderia e l’orangerie. Le abitazioni vennero trasferite lungo la strada nazionale. Il conte Camillo fece restaurare la cappella, risalente probabilmente al XIV secolo e dedicata all’Immacolata Concezione, inoltre fece costruire il muro di cinta lungo la strada nazionale, la cancellata in ferro, fece coprire il cortile interno al castello, che divenne una sala da biliardo, e fece edificare un nuovo porticato. L’architetto Pelagio Pelagi, una delle figure più significative del 1800, progettò e realizzò la limonaia, il cancello grande, la fascia esterna della cascina, decidendo di lasciare dal borgo la piccola torre e decorandola con elementi neoclassici Un avvenimento molto importante, da ricordare, risale all’ottobre del 1850, quando i terreni che circondavano il castello furono scelti dal re Vittorio Emanuele II per la simulazione di una manovra di guerra. Il Re rimase ad osservare le manovre militari dalla torre e fu in quella occasione che venne caldeggiata la nomina di Camillo Benso conte di Cavour. Altra figura ottocentesca di notevole rilevanza storica è il conte Ernesto Balbo Bertone, soprintendente ai lavori pubblici di Torino, poi assessore ai lavori pubblici, in seguito sindaco di Torino e nel 1883 senatore del Regno. Progettò il parco del Valentino, i giardini Margherita di Bologna, ed è a lui che si deve la struttura attualmente visibile del parco di Sambuy, Oggi possiamo ammirare imponenti platani, maestosi tigli, scultorei faggi, rose antiche e rarità botaniche come per esempio il Pinus pungeana, proveniente dal giardino imperiale di Pechino. La famiglia Balbo Bertone merita un plauso per la cura nel mantenere il parco secondo la struttura originaria, e per la cura degli esemplari esistenti. Si osservano nel parco numerose scritte risalenti a periodi storici differenti. Una di queste, in lingua francese, afferma: «Pianta un albero e se non conoscerai chi potrà godere della sua ombra, pensa che i tuoi antenati l’hanno piantato per te senza conoscerti».
Luisa PILONE

Il dottorato? Forse a New York


NEW YORK – È difficile descrivere la sensazione che si prova vivendo un’esperienza lunga trenta ore scarse, attesa per tanto tempo. Mesi di stress causato da una burocrazia tanto rigida da apparire ridicola, esami di inglese, lettere di raccomandazione, certificati e ancora certificati, una storia infinita che si riduce a due momenti fondamentali: il primo, quando a poche ore da Capodanno sei al cinema a vedere Sherlock Holmes 2, e durante la pausa tra il primo e il secondo tempo ricevi l’e-mail che ti invita a sostenere un’interview, presso il Sackler Institute del New York University Medical Center, dove hai mandato la domanda per svolgere il dottorato solo un paio di settimane prima. Il secondo, due mesi dopo, è il momento in cui ci siamo, è ora di partire. Un viaggio intercontinentale quasi completamente sponsorizzato da una delle principali università newyorkesi, inclusa la permanenza presso un hotel a quattro stelle su Madison Avenue.
A New York ogni potenziale futuro studente riceve una cartellina zeppa di documentazione, compresa una dettagliata descrizione – o meglio, schedule – di quello che lo attende nel prossimo giorno e mezzo. Si inizia con un paio di seminari volti a dare l’idea di quanto interdisciplinare sia il lavoro svolto presso il Medical Center. A cena, la fame nervosa ti porta a divorare con una foga da record un’insalata che non hai
neanche bene idea cosa contenga, mentre ti accorgi, con un certo sgomento, di essere forse l’unica persona non di madrelingua inglese. Per distrarci dall’ansia per ciò che ci aspetta, la serata è all’insegna di un tipo di cultura un po’ meno scientifica: la prima di «Jesus Christ Superstar» a Broadway, con tanto di coda chilometrica ad aspettarvi all’entrata del Neil Simon Theatre.
Il Grande Giorno inizia con un meeting con il Preside, che consegna ad ognuno una pallina antistress per affrontare al meglio le interviste imminenti. Mettendo da parte i problemi logistici per trovare, in mezzo a quel marasma, le varie aule, non è poi così male. Dal professore più pignolo, interessato a vita, morte e miracoli della tua ricerca, a quello che vuole solo parlarti di ciò che si fa nel suo laboratorio. Dopo l’ultima tra le quattro piccole grandi imprese, c’è un sospiro di sollievo tanto profondo da scavare un altro Grand Canyon. Seguono i saluti finali, un happy hour con prof e studenti, il giro dei residence e la cena a base di sushi e karaoke, durante i quali sei talmente stanco che ti sembra di essere in piedi da almeno tre giorni.
L’esito, tra una decina di giorni. Le impressioni, troppe per poterle raccogliere in un’unica parola. La certezza è che in ogni caso, qualunque sarà la conclusione di questa storia, è stata un’Esperienza di quelle con la E maiuscola.

Cristina Parola

Rugby San Mauro, 350 tesserati

Da qualche anno sta vivendo un periodo di grande interesse uno sport affascinante e spettacolare, definito dalle tv «il più nobile del mondo»: il rugby. Nonostante i non brillantissimi risultati della Nazionale, sono molte le persone che si sono avvicinate a questo sport: anche se gli ultimi dati Istat mostrano che a fronte di un piccolo aumento delle società rugbystiche in Italia c’è stato negli ultimi anni un lieve calo degli atleti tesserati, sono aumentati in maniera evidente gli spettatori che seguono le partite, tant’è che dal 2012 le partite interne del Torneo 6 Nazioni saranno giocate allo stadio Olimpico di Roma, assai più capiente del Flaminio che ha ospitato la competizione dal 2000.
Non è però necessario spostarsi fin nella capitale per lasciarsi incuriosire dalla palla ovale. Forse non tutti sanno che a San Mauro esiste ed opera una società rugbystica fra le più importanti del Piemonte: il Rugby San Mauro. A livello agonistico la prima squadra milita in serie C1, ed è dunque la sesta squadra della regione dopo Biella, Cus Torino, Biella, VII Rugby, Alessandria e Asti. Può contare su circa 350 affiliati fra giocatori, tecnici, dirigenti e scuole.
La società è molto cresciuta dal settembre 1985 quando un gruppo di appassionati fondò il club: da allora il sodalizio gialloblu ha vissuto in riva al Po momenti altalenanti, ma può contare adesso su un numero di squadre nutrito che comprende due seniores (San Mauro in C1 e San Mò in C3), squadre giovanili di Under 20, under 16 e under 14, oltre ad un folto settore propaganda di Under 8, under 10 e under 12. Anche se in apparenza il rugby sembra una pratica più pericolosa di altre, è adatto ad ogni età (finché il fisico regge...), ad ogni corporatura e ad ogni carattere, se adeguatamente allenati. L’attività di propaganda è rivolta a trasmettere anche ai bambini la passione per questo sport, passione che si rivolge anche al territorio cittadino con una partecipazione continuativa al tavolo della solidarietà. I resoconti delle attività e i calendari delle iniziative sono consultabili sul sito www.rugbysanmauro. it dove si possono trovare anche le date delle partite.
Essendoci così tante squadre è facile, passando dal parco Einaudi durante i prossimi weekend primaverili, assistere a qualche match. Il pubblico sanmaurese segue sempre con grande affetto i propri beniamini, assiepandosi in maniera calorosa ai bordi del campo «Tonino D’Altorio», intitolato a uno dei fondatori e storico presidente. Anche nel caso siate totalmente digiuni di rugby avrete sicuramente la possibilità di divertirvi e di avere qualcuno che vi possa spiegare le regole e le azioni, magari davanti ad una birra nel terzo tempo dopo la partita.
Matteo DE DONÀ