A metà Ottocento l’ingaggio dell’esercito fu il trampolino di lancio per il piccolo laboratorio, che su telai primitivi prese a produrre bordi e cinghie in gran quantità. Tutt’oggi produce etichette tessute, composizioni stampate, nastri Jacquard, cartellini stampati e paramenti sacri. Una realtà produttiva che resiste alla crisi economica. Per ripercorrere la sua storia dobbiamo partire dal 1840, quando Giovanni Bonicatti aprì il laboratorio in piazza Carlina: trent’anni dopo si rendeva già necessario il trasferimento presso locali più ampi in via Vanchiglia.
Vincenzo, nipote del fondatore, si trasferì in Francia, nella zona di Lione (a St. Etienne), rinomata per la coltura dei bachi da seta. Fu assunto in azienda tessile con la qualifica d’apprendista, ebbe modo di visionare le prime macchine da tessitura Jacquard, le più moderne di quell’epoca, e intuendone la validità, mandò i disegni a Torino. Il padre fece costruire un telaio italiano gemello di quello francese, e così a Torino s’iniziò la produzione di nastri «scritti» da inserire nelle cuciture delle gonne e dei pantaloni delle sartorie torinesi. Rientrato in Italia Vincenzo soggiornò temporaneamente a Pisa dove trovò i finanziamenti necessari per l’acquisto di una fornace torinese in disuso, in zona Borgata Rosa. La trasformò in stabilimento per la produzione di fornitura militare e ferroviaria, ma soprattutto la attrezzò per stampare le prime etichette su scala industriale.
Dopo la prima guerra mondiale Pietro, figlio di Vincenzo, trasferirà l’azienda a San Mauro, in Borgata Pescatori dove tutt’ora risiede. Figura chiave nella conduzione era la moglie di Pietro. L’attività si sviluppò acquisendo la fornitura d’etichette tessute, dei primi grandi marchi, come il Gruppo finanziario tessile, Maglificio Biella, Zegna, che nascevano in quegli anni; proseguiva anche la produzione di nastri per forniture ferroviarie e per la Fiat. La seconda guerra mondiale interruppe brevemente la produzione. Poi un altro Vincenzo, con la moglie Teresa ed il collaboratore Giuseppe Audello, ripresero il lavoro migliorando la qualità e produttività, anche grazie a telai più moderni, pensati all’interno dell’azienda stessa. La ditta venne ampliata. Negli anni Ottanta del Novecento la gestione è passata ai figli di Vincenzo, Pietro e Franca, che hanno acquisito la fornitura di grandi marchi quali Valentino Garavani, Giorgio Armani, Dolce & Gabbana Robe di Kappa, Jesus, Invicta, Henry Cotton’s, solo per citarne alcuni. La loro generazione ha visto l’abbinamento dei telai all’elettronica: un lavoro che prima veniva svolto da almeno 5 persone, si compie ormai con 3. Anche i paramenti sacri, un tempo pazientemente ricamati dalle suore di clausura, oggi possono essere programmati in uno di questi telai. Oggi la battaglia industriale di Bonicatti si gioca tutta sulla qualità. La competizione del mercato internazionale è pressante. Mentre i grandi gruppi tessili e le grandi firme, acquirenti di etichette, tendono a trasferire la produzione all’estero, nei paesi emergenti, fa riflette una foto storica (anno 1900) affissa nello studio del nastrificio sanmaurese: decine di operai in posa con i loro bambini, che a quell’epoca – quando Bonicatti aveva 60 dipendenti – si avvicinavano al mestiere intorno ai 10 anni.
Di fronte alla sfida della globalizzazione Pietro e Franca stanno dando al prodotto una valenza sempre più artigianale, curando la qualità, privilegiando il contatto umano e sfruttando l’esperienza di ben sei generazioni. Dopo aver attraversato il XIX e XX secolo, ci auguriamo che questo settore lavorativo così particolare, presente nel nostro territorio, continui il suo cammino nel XXI secolo con la settima generazione.
Luisa PILONE
articolo pubblicato su "Testata d'Angolo - Voce del Popolo" del 25 XI 2012
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