***
Giunti all’Aquila, domenica 25 luglio, ci accoglie un silenzio rumoroso, contornato da cantieri, crepe e detriti. Il nostro autobus segue il percorso del fi lobus incompiuto della città, frutto di un errore di calcolo, e giunge a piazzale Sant’Antonio. Qui, dietro una chiesa puntellata e chiusa da quel tragico 6 aprile 2009, spunta la tendopoli che ospita il campo Caritas di Pile. La città è tutta un cantiere. Banche e alberghi nuovi di zecca si alternano a palazzi distrutti e inagibili. Numerosissime sono le casette in legno e i container.
Giunti all’Aquila, domenica 25 luglio, ci accoglie un silenzio rumoroso, contornato da cantieri, crepe e detriti. Il nostro autobus segue il percorso del fi lobus incompiuto della città, frutto di un errore di calcolo, e giunge a piazzale Sant’Antonio. Qui, dietro una chiesa puntellata e chiusa da quel tragico 6 aprile 2009, spunta la tendopoli che ospita il campo Caritas di Pile. La città è tutta un cantiere. Banche e alberghi nuovi di zecca si alternano a palazzi distrutti e inagibili. Numerosissime sono le casette in legno e i container.
Cani randagi si aggirano per la città. A rompere il silenzio ci pensano gli automobilisti suonando il clacson per salutare i conoscenti che incrociano o per allontanare gli animali che tagliano la strada ai veicoli. Il campo in cui dormiamo è nella zona ovest della città. È gestito dalla Caritas dal 20 giugno 2009; oltre ai due responsabili, un religioso e un laico, ci vive e lavora un gruppo di circa dieci giovani. Prima fungeva da tendopoli per gli sfollati della città, ora è in grado di ospitare fi no a duecento volontari, portando aiuto a centinaia di persone. Vicino ai container e alle tipiche tende blu della Protezione civile ci sono segni di vita e vitalità. Come l’orto nato fra i sassi e la ghiaia o la chiesa ricavata dentro a un tendone bianco, vicino all’originario edifi cio sacro reso inagibile dalle scosse.
Due statue di santi in gesso troneggiano al fondo del luogo di culto: san Gabriele dell’Addolorata e sant’Antonio Abate che dà il nome alla piazza e alla chiesa. Anche se di domenica pomeriggio molte edicole sono già chiuse, passeggiando in città l’occhio cade sulle locandine che esprimono a chiare lettere la gravità della situazione che permane a oltre un anno dal terremoto. Di fi anco a questi titoli, frutto di letture diverse della medesima fase defi nita di «post emergenza », campeggiano a caratteri cubitali gli annunci dei giornali per chi cerca lavoro. Prima di cena facciamo in tempo a partecipare alla Messa. Anche nell’omelia il celebrante descrive L’Aquila come «una città che fatica a risorgere». La giornata seguente comincia presto. dopo le lodi mattutine e la colazione, ci riuniamo per scoprire quale mansione spetterà a ognuno. La mia prima destinazione è il monastero di San Basilio, complesso risalente al XVIII secolo, nel centro del capoluogo abruzzese.
Siamo in otto: due fanno il cemento, tre portano gli attrezzi da lavoro e i mattoni e altri tre scaricano piastrelle da un furgone. Nel chiostro occorre ricostruire i camminatoi che attraversano l’orto e il cortile. Di tanto in tanto spuntano le anziane monache celestiniane benettine, ospiti del santuario. Il secondo giorno di attività, martedì 27, si presenta più duro: servono uomini per smantellare a picconate la base in cemento di un ex campo sfollati, meglio conosciuto come «la cava». Alla sera trasciniamo le braccia come se non fossero più attaccate al corpo. Il giorno seguente sono destinato ai giri di «visita» con altri due volontari: di primo acchito gli aquilani appaiono duri e diffi denti, ma dopo pochi minuti i loro occhi si coprono di una patina lucida che fa partire il disco dei ricordi di una notte che non riusciranno mai a dimenticare.
Alfonso, e come lui tanti altri, ha una casa che dopo le perizie è stata giudicata agibile, ma da quel fatidico giorno di aprile dello scorso anno non ci vuole mettere più piede. Così l’interno della basilica di S. Maria di Collemaggio Giovedì 29 luglio faccio parte della decina di volontari che, a turno, si ferma a Pile per pulire le tende e i container, ordinare il magazzino e la dispensa, prendersi cura della cucina e preparare pranzo e cena. Dosi, tempi e attenzione alle intolleranze alimentari sono aspetti chiave per la vita di un campo di volontari così grande e stanno alla base di qualunque esperienza comunitaria. Venerdì vengo inviato a Coppito, paesino appena fuori dal capoluogo, dove la Caritas ha una sede operativa adibita a centro di ascolto. Di fronte c’è una parrocchia circondata da ponteggi e tutta puntellata per evitare ulteriori crolli. Nel giardino adiacente nascerà presto un parco giochi per i bambini grazie al lavoro dei volontari.
Gli abitanti ci sono molto grati per il lavoro che facciamo e ci offrono cibo e bevande per ristorarci. Sabato 31 Tonino, originario de L’Aquila, padre di famiglia e nonno di due bambine, ci guida nella città distrutta. È un uomo innamorato della sua terra e ha deciso di non abbandonarla nemmeno quando gli è stata offerta la possibilità di scappare dalle continue scosse telluriche. Insieme a lui vediamo la Casa dello studente, piazza d’Armi, piazza Duomo, Colle Maggio e partecipiamo alla Messa nella chiesa distrutta, ma ora ritornata agibile e aperta ai fedeli. Sono luoghi immersi in un silenzio e una desolazione che lasciano impietriti. Ma tra le crepe e le fessure, che lasciano intravedere il cielo, c’è lo spazio per la rifl essione interiore stimolata dal viaggio attraverso una terra affamata di speranza.
La giornata si conclude con una delle visite più toccanti: il monastero di Santa Chiara a Paganica. Qui la notte del sisma perse la vita la madre abbadessa Maria Gemma di Gesù Ostia, mentre si sono salvate, sebbene ferite, una decina di monache e novizie. Alcune ci hanno raccontato la loro tragica esperienza: parole forti e testimonianze che non si dimenticano e che anch’io, come gli altri volontari, riporto come me a Torino.
Emanuele FRANZOSO
(Da la Voce del Popolo di domenica 25 agosto 2010)
Emanuele FRANZOSO
(Da la Voce del Popolo di domenica 25 agosto 2010)
Nessun commento:
Posta un commento