mercoledì 18 maggio 2011

La politica come «servizio»

La campagna elettorale che si sta svolgendo anche a San Mauro ci stimola a riflettere sugli insegnamenti del Vangelo a proposito di chi si prepara ad assumere incarichi di responsabilità.
Cominciamo con le celebri parole del «Magnificat». Qui Maria celebra l’umiltà («piccolezza» in greco). Ci invita a celebrare lo sguardo di Dio che si posa sulla sua piccolezza. La grandezza è di Dio, l’insignificanza è della creatura. E Dio abbassa i superbi e innalza gli umili.
Pensiamo ora alla parabola dell’invitato a nozze (Luca 14,7-14): ci dice che tutti sono invitati alle nozze, ma il posto ce lo dobbiamo lasciare assegnare da Dio. E bisogna imparare ad accettare il posto assegnato; di qui l’invito a scegliere il posto meno prestigioso e, se è necessario che sia diversamente, eventualmente interverrà Lui. Il Figlio di Dio, come dice
Foucolt, ha scelto l’ultimo posto, ma talmente l’ultimo che nessuno potrà mai levarglielo.
La parabola del fariseo e del pubblicano (Luca 18,9-14) è dedicata a coloro «che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri». Il fariseo è rimproverato non perché dice cose false, ma perché si vanta come uno che sta sulla scena e vuole l’applauso del pubblico, che in questo caso è Dio. Il pubblicano si affida a Dio, il fariseo si vanta delle sue azioni. In realtà il fariseo non sta pregando, non chiede nulla a Dio, non sente il bisogno della Grazia di Dio, suppone di salvarsi da solo. Il pubblicano è conscio del suo stato peccaminoso, ma nella sua fede sta alla presenza di Dio, credendo fermamente nella sua misericordia. Sta all’ultimo posto, ma è dentro il tempio e, pur essendo peccatore, si sente parte del tempio e invoca Dio: «O Dio, abbi pietà di me, il peccatore». L’itinerario della salvezza è un’implorazione a Dio salvatore. Paolo, poi, nella lettera ai Filippesi ci invita a considerare gli altri superiori a noi stessi; cioè a pensare agli altri, a prescindere dalla gerarchia. Subito dopo, con un inno molto bello, ci ricorda che Cristo Gesù si è svuotato, pur essendo nella condizione di Dio, prendendo la condizione di servo (con l’incarnazione e la croce). È l’esatto contrario di Adamo che aveva cercato di rapinare la natura divina.
Il linguaggio evangelico è allergico a tutte le gerarchie che piacciono tanto agli uomini. Le gerarchie sono provvisorie e non rispecchiano ciò che siamo agli occhi di Dio. San Francesco diceva che «ognuno di noi è ciò che
è agli occhi di Dio»: questa è la vera gerarchia. Vangelo di Luca 17,7-10: «Chi di voi, se ha un servo ad arare, quando torna dal campo gli dirà siediti o invece gli dirà servimi? Così quando avrete fatto tutto ciò che vi è stato comandato dite: abbiamo fatto ciò che dovevamo fare, siamo servi inutili». Il precetto del Signore è quello di non considerarci mai indispensabili. Ma questo non vuol dire che siamo giustificati a recedere dalle nostre responsabilità.
Infine Luca 16,10: «Chi è fedele in cose di poco conto è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?».
Su questo numero di Testata d’Angolo presentiamo i candidati a Sindaco di San Mauro. Penso quanto sarebbe stimolante per tutti se i programmi sapessero accogliere in qualche modo le parole del Vangelo; e quale alto profilo avrebbero se la coerenza etica, che non è mai superflua, li convincesse ad essere servi inutili chiamati a un lavoro necessario e impegnativo.
diacono Roberto PORRATI

Nessun commento:

Posta un commento